Assorologi, la tutela del marchio ai tempi di Internet

Durante un convegno organizzato dall’associazione, sono stati presentati innovativi metodi di brand intelligence e il Siac, un nuovo progetto anti-contraffazione della Guardia di Finanza attivo da gennaio 2013 anche attraverso il coinvolgimento attivo da parte delle imprese

Nell’ambito dei nuovi scenari aperti dalla Rete, ha visto una preoccupante espansione anche il “mercato grigio”, ovvero il flusso di beni tramite canali di vendita paralleli, e differenti, da quelli autorizzati o comunque pensati dal produttore o fabbricante. Per contrastare il fenomeno, però, esistono delle innovative metodologie e tecnologie di Internet brand intelligence in grado di verificare se una rete commerciale si adegua alle Web policy ufficiali di un’azienda e di eseguire un monitoraggio continuativo e approfondito delle attività online di tutti i soggetti non autorizzati che operano nel cosiddetto grey market.Alcuni di questi mezzi sono stati presentati da Giuseppe Provera e Michele Provera di Convey Intelligence & Knowledge di Torino, nel corso del convegno Strumenti a tutela del brand: fidelizzazione e controllo dei canali distributivi selettivi organizzato a Milano da Assorologi, l’associazione imprenditoriale dell’orologeria aderente a Confcommercio. Attraverso gli avvocati Simona Cazzaniga, Gianluca Gilardi e Livia Oglio dello studio Sutti nel capoluogo lombardo, sono stati invece affrontati, sotto il profilo giuridico, i principali nodi critici che i titolari dei brand devono affrontare quotidianamente. In contrapposizione a falsi e importazioni parallele, è stato ribadito dai legali «il valore del marchio, che deve essere considerato sempre più come asset strategico degno di tutela».

UN MERCATO (ILLEGALE) DA 7 MILIARDI. Secondo i più recenti dati diffusi dal Censis, in Italia il mercato della contraffazione vale circa 7 miliardi di euro, a cui corrisponde una evasione fiscale di 1,7 miliardi di euro. In base a stime, la produzione complessiva degli stessi beni in canali ufficiali assorbirebbe circa 110 mila unità di lavoro a tempo pieno. E se gli articoli falsi fossero venduti sul mercato lecito, si avrebbero 13,7 miliardi di euro di produzione aggiuntiva, con 5,5 miliardi di euro di valore aggiunto. Di più. Tale produzione aggiuntiva genererebbe acquisti di materie prime, semilavorati e servizi dall’estero per un valore delle importazioni pari a 4,2 miliardi di euro. Nel corso dell’evento, la testimonianza di Susanna Antonielli, legal manager di Swatch Group Italia, ha messo in evidenza l’Internet policy dell’azienda che si affida a sistemi di ricerca e controlli altamente professionali, accanto all’impiego di personale interno focalizzato in modo mirato sul settore. Sono state inoltre illustrate le possibili azioni di contrasto a cui il brand ricorre contro canali di vendita paralleli e non autorizzati, da inviti (formali o non formali) a messe in mora.

UN PROGETTO ANTI CONTRAFFAZIONE. Infine, il maggiore Antonio Sassi della sezione mercato, beni e servizi – Ufficio tutela uscite e mercati – Comando generale Guardia di Finanza di Roma ha presentato il progetto Siac (Sistema informativo anti-contraffazione), concepito e realizzato grazie ai finanziamenti comunitari del programma operativo nazionale Sicurezza, gestiti dal ministero dell’Interno. Si tratta di un nuovo sistema telematico che sarà avviato a partire da gennaio 2013. Uno strumento per agevolare le forze di Polizia nella lotta al falso, anche attraverso il coinvolgimento attivo da parte delle imprese, secondo una logica virtuosa di scambio informativo. «L’obiettivo è quello di creare un polo di raccordo nazionale e internazionale per imprese, organi di contrasto, associazione di categoria e cittadini», ha sottolineato il maggiore Sassi. La centrale operativa anti-contraffazione, attualmente in fase di sviluppo, sarà dislocata a Bari. «Siamo convinti che occorra lavorare sul piano della sensibilizzazione culturale e sociale, ma anche dell’affinamento degli strumenti di tutela effettiva ed efficace dei diritti in gioco». Così ha concluso Mario Peserico, presidente di Assorologi.

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