Agromafie, un “affare” da 16 miliardi di euro

A rischio la libera concorrenza e la qualità degli stessi prodotti alimentari. Tra i settori più colpiti: ristorazione, carne, pane e la pasta

Sedici miliardi di euro: tanto vale il business delle agromafie in Italia. A rilevarlo è il “Rapporto sui crimini agroalimentari” elaborato da Eurispes, Coldiretti e dall’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Stando al report, l’attività illegale coinvolgerebbe parimenti camorra, ‘ndrangheta e cosa nostra, declinandosi in un’ampia rosa di reati: tra questi, contraffazione di marchi, illecita concorrenza con minaccia o violenza e trasferimento fraudolento di valori, truffa, estorsione, porto illegale di armi da fuoco, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. A farne le spese è prima di tutto il mercato: a causa delle agromafie, la libera concorrenza risulta gravemente compromessa e, di riflesso, anche la qualità dei prodotti made in Italy.

L’IMPENNATA DEI PREZZI. Sempre secondo l’indagine, la criminalità organizzata imporrebbe la vendita di determinate marche e prodotti agli esercizi commerciali, usando gli strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione. La crisi economica farebbe poi il resto: pressati dalla recessione e dalle minacce, gli esercizi commerciali finiscono per arrendersi ed essere rilevati direttamente dalla criminalità. Da qui, peraltro, anche l’impennata dei prezzi che possono arrivare a essere quattro volte superiori. «La capacità di attrazione dei capitali legali da parte della malavita è ben evidenziata dall’attività della Guardia di Finanza che fa notare come le mafie non limitano la loro attività solo all’accaparramento dei terreni agricoli, ma spaziano in tutto l’indotto, arrivando a operare direttamente nelle attività di trasporto e di stoccaggio della merce, nell’intermediazione commerciale e nella determinazione dei prezzi», si legge nel rapporto. In particolare, la camorra sarebbe soprattutto interessata alla ristorazione, utile per reimpiegare i proventi illeciti, mentre cosa nostra spazierebbe anche nella gestione di attività agricole e nella relativa commercializzazione dei prodotti derivanti. Infine, l‘ndrangheta: per lei il business sarebbe l’acquisizione di vasti appezzamenti di terreno ma anche l’ottenimento (per vie illecite) dei contributi comunitari in materia di politica agricola.

I SETTORI. E dire che in Italia i controlli non solo non mancano, ma sono anche particolarmente elevati: solo nel 2015, sono stati effettuati oltre centomila controlli dalle forze dell’ordine, per circa mille strutture chiuse dai Nas. Tra i settori più colpiti: la ristorazione, la carne, il pane e la pasta. «Sulle agromafie c’è un’attenzione che dobbiamo mantenere sempre molto alta, rivendico però il lavoro che il Paese ha fatto su questo fronte: 240 mila controlli in due anni ed è stata messa in campo un’attività complessa, per capire come si muove questo fenomeno», ha commentato il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina.

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