Panico da Coronavirus: ci va di mezzo anche la birra

C’è chi pensa che fra i due ci sia una possibile relazione. E così vendite e ricavi della multinazionale che produce la Corona sono calati a picco

Può bastare un nome “sbagliato” per mandare in crisi un’azienda? Sì, e gli esperti di marketing lo sanno benissimo. A maggior ragione in un momento di isteria collettiva, come quello che stiamo vivendo. E così ai tempi del Coronavirus, è sufficiente chiamarsi come – o in modo molto simile – al virus attualmente più temuto per scatenare il panico e un “fuggi fuggi” generale. È la situazione che sta sperimentando da qualche settimana la birra Corona: lo storico marchio messicano sta lottando contro un calo netto delle vendite, soprattutto in Cina, proprio a causa dell’assonanza fra il proprio brand e il nemico numero uno del mondo. Negli ultimi tempi, infatti, in Rete sono comparsi decine e decine di meme che hanno associato il Coronavirus alla birra Corona: ma quello che era un gioco si sta trasformando in una minaccia pericolosa per l’azienda. Secondo quanto riportato dai media americani, la multinazionale nei primi due mesi del 2020 ha subito una perdita di ricavi nell’ordine di circa 285 milioni di dollari proprio a causa del virus. Non solo: negli ultimi tre giorni, il colosso Ab InBev – quotato ad Amsterdam – ha perso il 18,49% in Borsa, contro l’8,31% di Heineken o il 6,11% di Carlsberg. Del resto, stando a un recente sondaggio, oggi il 38% degli americani non acquisterebbe Corona “in nessun caso” per colpa dell’epidemia e un altro 14% non ordinerebbe una birra Corona in pubblico. Ma un’indagine di YouGov rivela che, in realtà, la crisi del gigante delle birre Anheuser-Busch InBe è iniziata già due anni fa.

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