Abbigliamento per giocare a golf, una sfilata sul green

Tra i più amati dall’aristocrazia di primo ‘900, il golf si è sempre contraddistinto anche per l’eleganza dei suoi giocatori. E ancora oggi, benché lo stile sia molto cambiato, predilige un abbigliamento impeccabile

Il ‘900 è stato teatro di innovazioni, scoperte scientifiche, evoluzioni culturali che, ancora oggi, sono capaci di influenzare i gusti e le scelte delle persone. Grande protagonista del secolo, specchio dei cambiamenti culturali attraverso i decenni, è stata – ed è – la moda. Non s’intende solo l’abbigliamento femminile, ma anche quello maschile. Non solo l’alta moda e il formale, ma anche i capi sportivi. Una delle discipline più amate dagli uomini più facoltosi degli inizi del XX secolo, nobiltà inclusa, era il golf. Uno sport lontano dal corpo a corpo, dalla violenza, dalla performance esplosiva: dietro la perfezione dello swing c’è tanta concentrazione quanta eleganza. Questo binomio lo rende uno degli sport più sofisticati della storia.Così come il gioco stesso, lo stile sul campo è stato protagonista di un’evoluzione non indifferente. Agli albori era prediletto un look formale che, col tempo, ha lasciato il passo a scelte più casual, adatte alla vita sportiva. Se si osservano le fotografie d’epoca che ritraggono i golfisti, si nota che il loro stile per giocare era molto simile a quello adottato nella vita quotidiana: quasi nessuna distinzione o dettaglio diverso dal normale, eccetto le mazze, è chiaro. L’abbigliamento tradizionale scozzese fu uno dei primi riferimenti estetici, tanto che gli uomini sceglievano di emularlo indossando le brache – molto simili a quelle portate dai nobili dell’800 – una spessa giacca di tweed e, perché no, anche un gilet. Il tweed era prediletto dai golfisti per via della sua capacità di proteggere dalle intemperie e dal freddo pungente. Il tessuto, caratterizzato da un peso non indifferente, era sì adatto a limitare le aggressioni esterne, ma non in grado di rendere fluenti i movimenti: in uno sport in cui la flessuosità del corpo gioca un ruolo di primo piano in gran parte della partita questa peculiarità non era l’ideale. A ciò si aggiungevano camicie perfettamente inamidate e dal colletto bianco, oltre a un accessorio immancabile: il cappello, spesso e volentieri una coppola. A partire dagli anni ‘20, gli appassionati golfisti iniziarono a rivedere la loro mise inserendo i pantaloni alla zuava, scarpe bicolori e cravatta, oltre a rimanere fedeli alla camicia e al tweed. Ma, nelle giornate più fredde, nemmeno lo spesso strato di tessuto bastava. Ecco che, allora, correvano a coprirsi con un morbido cardigan di cashmere e una giacca Norfolk, un capo amato anche dagli appassionati di caccia.

IL VESTIARIO TRADIZIONALE SCOZZESE È STATO UNO DEI PRIMI RIFERIMENTI ESTETICI

Verso un look più casualCon l’inizio degli anni ‘30, gli uomini iniziarono a presentarsi sul campo indossando pantaloni in flanella, dal taglio classico e lineare. Ciò era dovuto al fatto che, così come accade oggi, molti si dedicavano alla’attività sportiva dopo l’orario di lavoro e, in alcuni casi, non si cambiavano d’abito. Contemporaneamente si verificò un alleggerimento del look: cravatta addio, benvenuto all’informale. Durante il decennio successivo, la moda sui campi da golf iniziò poi a somigliare a quella che conosciamo oggi: è datato in questo periodo l’ingresso delle scarpe dalla suola chiodata e della camicia a maniche corte. La performance sul green, a differenza degli anni ‘20, divenne la priorità, pur mantenendo un occhio di riguardo per l’aspetto estetico. Tra gli anni ’50 e ‘60, invece, fece capolino il colore: non più solo le nuance terrigne tanto care al tweed, ma anche sfumature più accese e, fino ad allora, insolite. Ma la direzione verso lo sportswear, così come lo conosciamo oggi, cominciò a essere presa durante gli anni ‘80. In questo periodo, infatti, gli uomini sceglievano un abbigliamento caratterizzato da tessuti stretch e idrorepellenti, oltre che da capi firmati. La popolarità del golf, da questo momento in poi, crebbe a dismisura e con essa anche la quantità di sponsorizzazioni legate ai grandi giocatori: su abiti e attrezzature fece capolino un’innumerevole quantità di loghi. Oggi, la moda sul campo da golf è decisamente più improntata a favorire la buona riuscita della performance sportiva: gli appassionati prediligono pantaloncini o bermuda, oltre a camicie ariose e, al posto della classica chiodata, scelgono spesso le sneaker.

Il giusto mixNonostante lo stile contemporaneo voglia che i golfisti siano sempre più sportivi, è bene ricordare quanto i tessuti e il fascino del classico abbigliamento inglese siano un fiore all’occhiello per arricchire il look di ogni giocatore. La chiave è mixare elementi performanti, come dei guanti da golf tecnici, a dettagli più ricercati. Partiamo dalle scarpe, che devono essere comode, adatte alla vita all’aria aperta, ma anche eleganti. Berluti propone il modello New Ultima in camoscio color indaco: la stringata è caratterizzata dalla suola chiodata, particolarità tanto cara ai golfisti dagli anni ‘40 a seguire. Un paio di calze a fantasia, magari dalle nuance terrigne, sono un accessorio ideale per emulare lo stile dei giocatori della seconda metà del secolo scorso: è di Borghi Uomo la calza lunga a quadri in cotone. Il principe di Galles poi, così come il nome suggerisce, è un tessuto che ha fatto la storia della moda del Regno Unito e che ha reso celebre nel mondo lo stile di questa nazione. Campeggia divinamente sui bermuda in seta e cotone firmati Socapri.In generale, la soluzione migliore per pensare a come vestirsi sul campo da golf è comunque l’abbigliamento a strati: le condizioni metereologiche sono spesso imprevedibili ed è bene essere sempre pronti a ogni evenienza. In primo luogo, è bene scegliere una polo a maniche corte, come quella di Robe di Kappa in piqué leggero e al 100% in cotone, resa particolare dai dettagli in contrasto in tessuto chambray. Dopodiché è necessario portare con sé un maglione, sempre in nuance che siano in accordo con la campagna circostante, come quello in lana di Energie. Da non dimenticare è la giacca: quella di Massimo Dutti, classica e senza tempo, è caratterizzata dal collo alla coreana e presenta toppe, dettagli a contrasto e tre tasche frontali. Come si accennava in precedenza, è importante anche avere un occhio puntato sulla performance sportiva indossando accessori tecnici. Nike propone Nike Dura Feel VII, un guanto da golf in pelle caprina di prima qualità, che garantisce una presa sicura e testurizzata per tutte le 18 buche. Il tessuto elasticizzato, invece, conferisce buona flessibilità, giusta ventilazione ed è strategicamente posizionato sulle dita e sul dorso della mano. La chiusura, con linguetta angolata regolabile, assicura una vestibilità ergonomica e il massimo sostegno. La ciliegina sulla torta è, da golfista doc, il cappello giusto. Tru Trussardi, per questo autunno-inverno, presenta un cappellino spinato, realizzato in lana e suede (in vendita su trussardi.com): un accessorio dall’appeal giovane e fresco che ben si adatta alle nuove generazioni di amanti di questa disciplina. Mentre, per chi avesse a cuore di mantenere uno stile classico, è perfetta la coppola di Panizza: in lana con un inserto in cachemire, scalda il capo nelle giornate più fredde.

Ispirazioni BritishAnche se non si presenta un chiaro riferimento ai codici stilistici del golf, sulle passerelle di tutto il mondo, per l’autunno-inverno 2015/16, campeggiano diverse reinterpretazioni dello stile british. Il tartan e il principe di galles, tessuti tanto cari alla tradizione britannica, sono presenti in molte collezioni. A partire da quella di Au Jour Le Jour Garçon, in cui la tipica stampa scozzese arricchisce una giacca dal taglio classico. Vivienne Westwood, invece, rivede il tartan in chiave contemporanea rendendolo da un lato minimal e dall’altro eccentrico, accostandolo ad altre tipologie di stampe. Infine John Varvatos, nonostante non proponga le stampe british, rende protagonista della propria collezione i colori dei boschi e delle campagne nelle stagioni autunnali.

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