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Lifestyle

Largo ai giovani

Il 2011 è stato un vero vivaio per una disciplina che in breve tempo per una disciplina che in breve tempo è riuscita a cambiare radicalmente la propria immagine. Grazie all’affermazione di nuove leve e, perché no, di qualche scandalo…Costantino Rocca e Silvio Grappasonni commentano il nuovo che avanza nel golf italiano

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Mai come nel 2011 abbiamo assistito a una stagione caratterizzata da così tanti vincitori giovani. Non ci sono state solo buone performance e piazzamenti, è piuttosto emersa la capacità di tenere duro fino in fondo in tornei di valore mondiale. Uno su tutti Rory McIlroy (22 anni), che dopo il Masters (crollo nella 4° giornata e vittoria di Schwartzel, 27 anni) che poteva aprire una crisi di sicurezza, ha saputo strabiliare allo US Open, dimostrando di essere un campione anche di testa. Per qualcuno è stato lo stop di Tiger Woods (che negli ultimi 15 anni ha conquistato tornei e ribalta) ad aver consentito l’emergere di nuovi vincitori. Ma la Tigre non ha favorito solo la competizione per il vertice – nel 2011 appannaggio degli Europei con Luke Donald tre volte primo nella money list Usa, Europa e nel World Ranking – solo con la sua assenza: è cambiato lo spirito del tempo, visto che il suo esempio, la sua preparazione fisica, la determinazione e la feroce volontà di vincere hanno cambiato per sempre il modo di vivere il green, prima di lui calpestato quasi esclusivamente da gentiluomini dall’aplomb tipicamente british. «Certamente Tiger con la sua fisicità, il carisma, l’eccezionale tecnica (meno la sensibilità) ha trasformato il profilo e le abitudini del professionista», commenta Costantino Rocca, probabilmente il più grande nome del golf italiano (cinque vittorie all’European tour, primo italiano ad accedere alla Ryder Cup, alla quale ha partecipato tre volte). «La sua attitudine agonistica, la sua immagine giovane e potente hanno determinato un’impronta fantastica, trascinando in modo unico i ragazzi verso il golf, diventato sport interessante anche per chi prima ne era a digiuno». Anche per Silvio Grappasonni (voce di Sky per le più importanti competizioni golfistiche, ha militato per molti anni nel Tour Europeo rappresentando l’Italia nella World Cup, vincendo due volte il National Omnium e il Campionato Italiano PGA), l’esempio di Tiger Woods è stato determinante per accendere un interesse tutto nuovo verso questo sport. «Non c’è alcun dubbio che abbia cambiato in misura e in modi incredibili il golf moderno. Determinazione e carattere vincente, ricerca continua dell’eccellenza tecnica, capacità di giocare i colpi decisivi: sono queste le caratteristiche che distinguono Tiger». Peccato che quell’immagine sia stata poi compromessa dagli scandali sessuali che hanno creato derive del tutto imprevedibili per Woods. Prima tra tutte la violenta battuta d’arresto alla sua straordinaria carriera (solo a quella: gli introiti da sponsorship e ingaggi, come raccontato nel servizio precedente, non hanno subito variazioni di rilievo). Eppure non è solo una questione di esempio, di immagine, se il golf conquista stagione dopo stagione sempre più giovani. In questi anni è stato fondamentale anche il miglioramento della condizione atletica e psichica delle nuove leve, come fa notare Grappasonni: «Se una volta il talento era il 70% di un campione, oggi, pur essenziale, può valere un 35%. Il resto è agonismo, motivazione, capacità di giocare i colpi nei momenti cruciali. Sempre più fondamentale è l’aspetto fisico/atletico anche per sostenere lo stress e gli spostamenti che portano i migliori a compiere il giro del mondo ben più di una volta l’anno». E Rocca rilancia: «Rispetto a 15 anni fa, quando i top player erano una quarantina, il livello si è alzato di parecchio. Conta la preparazione fisica più curata, ma ha inciso anche il sempre più diffuso supporto da parte di psicologi per allenare l’attitudine mentale».

GLI ITALIANI NEL TOUR Proviamo adesso a focalizzarci sulla situazione del golf tricolore: per una volta gli splendidi fratelli Molinari hanno lasciato i riflettori ai più giovani e così gli acuti sono arrivati da Matteo Manassero, 1° ad aprile nel Malaysian Open, e da Lorenzo Gagli che a metà stagione con una serie di piazzamenti si è garantito la finale di Dubai dello European Tour. Grande determinazione ed eccellenti doti tecniche che hanno distinto anche altri due Azzurri in forte ascesa, Andrea Pavan e Federico Colombo. Rocca e Grappasonni ne sono entusiasti. «Do 10 a questi ragazzi!», dice il primo. «Il 2010 era stata una stagione strepitosa, ma irripetibile almeno nell’anno seguente. In generale, con i risultati di Manassero, Gagli, Pavan, Colombo e Tadini anche il 2011 è andato molto bene. Bravi tutti, soprattutto se penso che ce ne sono altri, giovanissimi, che stanno crescendo…». Lodi anche da parte di Grappasonni. «Per Manassero un calo era normale dopo due anni clamorosi! Matteo, per sua stessa ammissione, si è posto (anche inconsapevolmente) obiettivi fin troppo ambiziosi. Ma non si deve dimenticare che chiude il 2011 a poco più di 18 anni con una vittoria, qualificato per la finale a Dubai, nell’élite mondiale e in una posizione migliore di quella a fine 2010», precisa Grappasonni. E continua: «Vi sono poi Gagli, tecnicamente fortissimo, che è andato alla grande nonostante una pria parte di stagione molto pesante a causa della sua categoria che lo ha portato in tornei ai quattro angoli del mondo e, per finire, Pavan e Colombo, che si sono guadagnati la carta per il Tour principale insieme con Alessandro Tadini (38 anni), grandissimo per la tenacia e la qualità messe in campo».

ESSERE CAMPIONI NON È SOLO VINCERE Del resto nel nostro Paese, negli ultimi dieci anni, è in corso un cambio generazionale con un raddoppio degli junior tesserati (11.970 nel 2010) e molti “teen” che cominciano a frequentare i circoli. E i risultati dei nostri Pro evidentemente non sono un caso. Ma attenzione: crescere e vincere in questo mondo non è assolutamente semplice. «Quello che soprattutto i giovani devono costruire è il carattere, senza il quale c’è il rischio di perdersi, nei momenti di difficoltà o dopo i primi successi», suggerisce Rocca. «Da professionista il golf diventa un lavoro che, pur splendido, prevede situazioni con cui bisogna imparare a convivere: il continuo viaggiare, brevi tempi di recupero, alimentazione e clima sempre diversi». Passione, motivazione, carattere, una forte base tecnica, saper giocare i colpi sotto pressione: questo serve per emergere per Grappasonni. «Se è complicato rompere il ghiaccio con la prima vittoria, è ancora più difficile confermarsi quando tutte le aspettative personali, di pubblico e sponsor fanno pesare il bastone come mai prima!», conferma Grappasonni. «E per scovare e formare un campione sono enormi gli sforzi e l’attività necessari e i risultati degli italiani sono la conferma che il lavoro paga. Se ci fossimo fermati ai Molinari e Manassero la componente fortuna avrebbe avuto un ruolo più evidente. Ma Gagli, Pavan, Colombo e gli altri che stanno arrivando sono frutto dell’ottimo programma dei tecnici federali Scarpa, Binaghi e del loro gruppo di lavoro (senza dimenticare i bravi maestri dei circoli che operano sui ragazzini nei loro primi passi) e della Fig che da diversi anni li sta lasciando lavorare e li supporta».