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Lavoro

Meno ferie e permessi in cambio di flessibilità sul lavoro

È quanto sarebbe disposto a rinunciare oltre 30% dei lavoratori italiani. Mandare in pensione la politica della giornata lavorativa 9-18, da svolgere esclusivamente alla propria scrivania, è un imperativo per le aziende. Ma nella Penisola non mancano gli imprenditori scettici

La flessibilità degli spazi di lavoro? È ormai elemento cruciale della contrattazione lavorativa. Le aziende prive di una specifica politica in materia rischiano di uscire perdenti dalla guerra per attrarre e trattenere i migliori talenti. È quanto emerge dalla Global Workspace Survey di Iwg, società specializzata nella fornitura degli spazi di lavoro flessibile. L’86% dei rispondenti italiani al sondaggio privilegerebbe un’offerta di lavoro che contempli una maggior work-life balance rispetto a un’altra simile. Il 75% degli italiani (70% nel mondo) pensa che la scelta dell’ambiente di lavoro sia un fattore chiave nella valutazione di nuove opportunità di carriera e addirittura, per un terzo degli italiani poter scegliere il luogo da cui lavorare è più importante della disponibilità di un maggior quantitativo di ferie e permessi.

Non stupisce, allora, che per sette rispondenti italiani su 10 (75% la corrispondente media globale, su 15 mila intervistati di 80 diversi Paesi) il lavoro flessibile sia ormai la normalità. La metà dei rispondenti nel mondo e ben il 54% degli italiani afferma di lavorare in location diverse dalla sede aziendale per almeno metà della settimana lavorativa se non di più. Secondo i risultati della ricerca, inoltre, le aziende dell’86% dei rispondenti italiani hanno adottato specifiche politiche di flessibilità degli spazi di lavoro negli ultimi 10 anni o ne stanno attualmente pianificando l’adozione.

Lavoro flessibile: scettici gli imprenditori italiani

Il 73% degli intervistati italiani (+13% in più rispetto alla media globale) dichiara che cambiare la cultura organizzativa dell’impresa rimane il più grande ostacolo all’implementazione di politiche per la flessibilità degli spazi di lavoro. Quasi la metà dei rispondenti (43%) pensa che la più grande barriera sia la paura di come il lavoro flessibile impatterebbe sulla cultura aziendale nel complesso. Le aziende italiane, rispetto alla media globale, sono però meno fiduciose nell’impatto potenziale del lavoro flessibile sulla qualità forza lavoro. Solo il 56% dei rispondenti italiani (contro il 71% della media globale) pensa che offrire modalità flessibili di lavoro sia utile per ampliare il bacino di potenziali talenti. D’altra parte, solo un quarto dei lavoratori italiani (contro un terzo a livello globale) rinuncerebbe a un posto di lavoro che offrisse un ruolo di maggior prestigio per un altro che includa la flessibilità. Anche per i lavoratori italiani, comunque, la conciliazione tra vita privata e vita professionale è un aspetto importante di un posto di lavoro che sia davvero moderno: per 7 su 10, il lavoro flessibile migliora questo aspetto dell’esistenza. La flessibilità non rende solo i dipendenti più sani e felici, ma rende la forza lavoro anche più produttiva: lo certifica l’85% delle aziende intervistate (il 76% in Italia).

Flessibilità: vantaggi anche per le aziende

I vantaggi derivanti da una politica di flessibilità in materia di spazi di lavoro, comunque, non sono solo appannaggio dei lavoratori. Anche le aziende ne traggono, infatti, indubbi benefici: la metà delle aziende italiane e addirittura il 64% a livello globale dichiara di scegliere il lavoro flessibile perché permette di accelerare i tempi di ingresso in nuovi mercati a livello internazionale. Il ricorso a spazi di lavoro flessibile, inoltre, viene considerato fondamentale per le aziende per espandersi velocemente, per ridurre le spese di capitale e quelle operative, per mitigare i rischi aziendali e consolidare il proprio portafoglio.

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Photo by Lucian Novosel on Unsplash