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Harmont & Blaine vince la battaglia cinese

Le autorità della Repubblica Popolare hanno riconosciuto che il marchio italiano è stato oggetto di usurpazione da parte di un’azienda locale. Adesso il Bassotto potrà riaprire le 12 boutique che è stato costretto a chiudere

Il Bassotto italiano ha vinto la “battaglia cinese”.

Il Dipartimento di appello dell’Ufficio Brevetti cinese ha emesso una decisione favorevole, e inappellabile, per cui entro pochi giorni la concessione dei diritti sul marchio internazionale Harmont & Blaine sarà definitivamente assegnata alla società italiana della moda che, ora, potrà nuovamente commercializzare in Cina i propri capi di abbigliamento con lo stesso marchio utilizzato nel resto del mondo.

L’autorità ha infatti riconosciuto che il marchio di Harmont & Blaine fu oggetto di usurpazione ad opera di un’azienda locale, dal nome identico a quella italiana che, avendo registrato nel proprio Paese un marchio simile a quello del Bassotto (con il cane visto dal davanti e non di fronte e con due ali al posto delle orecchie), continuava a rivendicare per sé logo e denominazione. Un contenzioso per il quale nel febbraio 2012, in accordo con il distributore locale, il gruppo guidato da Domenico Menniti si era ritrovato nella condizione di dover chiudere le proprie 12 boutique presenti in Cina, da Shanghai a Beijing, da Shenzhen a Guangzhou, da Hangzhou a Tianjin. Store che ora, finalmente, potrà riaprire.

«Siamo oltremodo soddisfatti per la decisione del Dipartimento di appello» ha commentato l’amministratore delegato di Harmont & Blaine Domenico Menniti. «La sentenza, che mette la parola fine a dieci anni di liti giudiziarie, ci ripaga delle sofferenze patite e ci induce a riprendere un percorso interessante nell’area della Great China. Abbiamo già ripreso i contatti con il nostro partner ed entro la fine del 2015 contiamo di ritornare almeno al livello del 2012, con l’apertura di 12 nuove boutique. L’area della Grande Cina potrà arrivare a rappresentare il 12-15% del fatturato del Gruppo», ha concluso Menniti.