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Gusto

Un bicchiere in ogni porto

Un viaggio in barca nel mediterraneo sulla “rotta” del vino: dal nero di troia di Trani, passando per lo zlatan otok di Dubrovnik e il moskofilero greco, fino al fascino irresistibile di Barcellona, patria del cava, spumante di fama ormai consolidata

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L’estate! Finalmente è tempo di mollare gli ormeggi e, perché no?, programmare un tour del Mediterraneo, o anche solo dell’Italia, scegliendo accuratamente le destinazioni più chic, comode, affascinanti, ricche di spiagge e litorali inesplorati. Ma… E se quest’anno scegliessimo il nostro viaggio lasciandoci guidare anche dal profumo del vino che potremmo incontrare nel nostro peregrinare? Ecco alcune mete e scali obbligati di una crociera enoica nel “mare nostrum”.

PUGLIA Trani

Trani è un porto turistico in continua espansione e si affaccia su di un litorale ancora non così affollato come altri nomi noti. Può essere il punto di partenza per esplorare la Puglia del vino, una delle regioni più produttive d’Italia (chi non ricorda Trani a Go Go di Gaber ispirati dai fiumi di sfuso pugliese che scorreva nelle osterie milanesi?), oggi con vini molto meno banali di quanto si pensi. Proprio vicino Trani, a Cerignola (Fg) incontriamo l’azienda biologica Antica Enotria che oltre a produrre pomodori e una gamma completa di verdure sott’olio e conserve, produce vini ricchi di carattere come il locale Nero di Troia, o l’intenso Aglianico, ricco e penetrante ma soprattutto il “10 ottobre”, blend di questi vitigni ma da vendemmia tardiva che riesce a essere pepato e muschiato, con note di oliva, cuoio e sandalo, e una dolcezza di mora e cannella. Per consigli più miti e bianchi ecco la “fuori zona” Falanghina Daunia IGT 2010 coltivata a tendone pugliese, macerazione su bucce per 20 ore poi pressa e in acciaio, con una grande inaspettata freschezza, ricco di profumi, marino e molto persistente in bocca. Se invece da Trani andate un poco più a Sud potreste arrivare a Gioia del Colle. Qui nel 2003 è stata restaurata l’antica Masseria Marchesana che oggi ospita l’azienda Polvanera che ha preso il nome dai terreni di questa zona da sempre consacrata al Primitivo (e si produce infatti qui uno dei vini migliori della tipologia, il Polvanera 17) ma che sa anche regalare emozioni adatte all’estate con Aùva, da uve Fiano Minutolo da vecchi vite ad alberello. Vino bianco lieve ma incalzante con soli 12% di alcool (purtroppo oggi sono una rarità), profumi curiosamente muschiati con note speziate di bergamotto che si affiancano a piacevoli note floreali.

SPAGNA Barcellona e Penedes

Nella città dei campioni d’Europa, per accompagnare le tapas (pare proprio nate per permettere al re Alfonso X di bere vino già al mattino) usiamo il nettare del vicino Penedés, da sempre zona di rossi, mentre oggi è la patria del Cava, spumante locale di fama consolidata che anche voi avrete assaggiato (Freixenet, probabilmente il marchio che chiunque di voi ha incontrato al supermercato). Ben 200 milioni di bottiglie l’anno, più della metà dello Champagne ma offerto a prezzi quasi inferiori a quelli di un Prosecco grazie alle gyropalette, impianti che permettono il remuage meccanico di centinaia di bottiglie contemporaneamente per ottenere spumanti di qualità rifermentati in bottiglia a un costo molto basso. In Italia il Cava si trova soprattutto in versione Brut mentre in Spagna troverete più spesso Brut Natur, più secco o Semidulce, simile al nostro Prosecco extradry per abbinamenti e piacevolezza. Le principali uve impiegate sono le locali xarel-o, macabeo e parellada, da cui vengono prodotte diverse tipologie di Cava, con periodi di permanenza sui lieviti variabili dai sei ai 20 mesi, a seconda che si tratti della tipologia base o di un Gran Reserva. Spesso le etichette non aiutano a capire quanti mesi sui lieviti abbia passato un Cava che può anche trovarsi in commercio già solo dopo nove mesi dalla vendemmia (pensate che per un Franciacorta ne devono passare almeno 18!). Per non sbagliare, ricercate i vini “top” dei produttori più grandi come Freixenet e Codorniu se non volete spendere molto ma concedetevi anche etichette più ricercate come quella di Augustin Torello e il suo Kripta (dalla famosa bottiglia ad anfora incapace di stare in piedi e quindi destinata a stare sempre nel secchiello del ghiaccio!) oppure la gamma validissima di Segura Viudas dal “base”, fino alla Reserva Heredad con note di mela candita, papaya e lime; interessante anche la versione “rosado” da uve locali Trepat, Monastrell e Garnacha. Se non potete rinunciare ai vini rossi, obbligatorio un salto nel vicino Priorato luogo simbolo dell’affermazione spagnola nel gotha mondiale dei vini di lusso e di grande concentrazione grazie al Clos Mogador di Renè Barbier, da uva garnacha (il nostro cannonau), che qui dà particolari impronte minerali. La garnacha viene unita spesso a cabernet sauvignon e syrah come nel caso de L’Ermita di Alvaro Palacios, altro vino rarissimo dai 600 euro a bottiglia…

CROAZIA Dubrovnik

L’antica Ragusium della Dalmazia non solo è una delle destinazioni più incantevoli del nostro mare, ma è anche una delle città più importanti e vitali per assaggiare alcune produzioni vinicole locali. Ed è tanta la voglia di levarsi lo sfizio di assaggiare il vitigno autoctono plavac mali, discendente dall’antico e ormai scomparso vitigno croato Crljenak kaštekanski, che ha dato origine sia al primitivo di Manduria che allo zinfandel californiano. Il vitigno plavac mali può dare vini molto corposi, quindi cercate in questa stagione le versioni più giovani e leggere come quelle di Zlatan Otok molto fruttate (lampone e sottobosco), ricchi di colore dal tannino lieve, acidità discreta, in genere non profondissimi ma piacevoli e stuzzicanti. Nei piatti che potete gustare in questi mari classica è la gregada a base di pesce bianco e patate è quella sul quale si possono provare i vini bianchi dell’isola di Korcula, ottenuti dal vitigno autoctono Posip. Sono vini dal bel colore giallo pimpante, con un floreale molto caldo, ginestra, rosa tea, anice e leggermente agrumato, mentre in bocca sono pieni con frutta gialla e agrumi e pesca, e un finale leggermente sapido e saporoso, pensate a un verdicchio un poco più tosto e ci siete vicini. Per i prosciutti crudi istriano e dalmata, potete invece cercare un bicchiere di Malvasia istriana, diffusissima in tutto il paese (ad esempio la linea De Mar di Istravino), e anche la Malvasia di Dubrovnik, famosa già nel XV secolo come vino da pasto. Sono vini dalla tipica nota floreale dolce e calda d’arancio, zenzero, curry con bocca più semplice e lineare ma salina e pulitissima, dall’alcol lieve e nota finale di rosa. Qualche termine per non impazzire “Vrhunsko Vino” significa Doc mentre “Stolno Vino” sta per “Vino da Tavola”, “Suho” indica un vino secco, “Polusuho” un vino abboccato, mentre un vino dolce viene definito “Slatko”. Bianco è “Bijelo”, rosso è “Crno”.

GRECIA Isole

In Grecia c’è solo l’imbarazzo della scelta su dove attraccare, per fortuna che tra piatti da assaggiare e vini da provare in abbinamento c’è solo l’imbarazzo della scelta… Il formaggio feta, per esempio, è stato originariamente utilizzato nella famosa insalata horiatiki, con pomodori, cipolle, peperoni, cetrioli e olive nere, e condita con lo tzatziki, una salsa a base di yogurt, cetrioli e aglio, da provare piacevole con i Retsina dell’Attica, i vini aromatizzati con resina. Se il vostro approdo sono le bellissime Cicladi, qui regnano il Moskofilero e l’Assyrtiko, due vitigni bianchi molto piacevoli che rendono quasi leggero un pasto a base di moussaka, sorta di lasagne alla bolognese in cui le melanzane sostituiscono gli strati di pasta fresca. Alcune versioni più strutturate di questi vini possono essere apprezzate anche con le dolmades, foglie di vite ripiene di riso e carne trita, mentre i souvlaki, spiedini di carne di agnello, sono da provare con un Nemea del Peloponneso a base di agheorgitiko o con un Naoussa della Macedonia. Se siete in vena di dolci, qui spesso con radici comuni a quelli della vicina Turchia, come il baklavás, allora puntate dritti ad una dolce Malvasia come se ne trovano in ogni isola. Ma se approdate a Santorini sappiate che è la patria storica del Vin Santo (“Vino di Xanto” per l’etimologia più accreditata) e qui potrete provarlo sui kourambiédes. Se volete un nome davvero “santo” da cercare, ecco Argyros e il loro Ktima Arghyrou, ottenuto con il metodo solera, quindi senza annata sull’etichetta ma mediamente composto da vini di 17 vendemmie, con un gusto molto concentrato e minerale, quasi affumicato.

COSTA AZZURRA e vini provenzali

Dal punto di vista del vino purtroppo la Costa Azzurra è preda di proposte banali che sfruttano il mito del rosato della vicina Provenza, un classico rosato delicato e piacione che accontenta il turista medio. Meglio cercare produzioni piccole e naturali come quelle di Chateau de Roquefort e il loro Cotes de Provence Les Mures Rouge 2009 da suoli molto pietrosi e vigneti molto anziani (fino a 50 anni di età) di Grenache Noir, Syrah, Carignan e Cinsault. È un vino rosso diretto e schietto, con note di amarena e susine mature, adatto a carni bianche decise. Per gustare invece la boullaibasse o la mitica ratatouille vi servirà però un bianco e la scelta potrebbe essere il Domaine Milan che dalle Marne blu del proprio territorio estrae un vino bianco particolare da Grenache Blanc, Chardonnay, Roussanne e Muscat Petit Grains, un vino che sa di sole, allo stesso tempo sapido per le influenze del mare e la mineralità ma anche dolce per le note tropicali e fruttate di pesca che sa esprimere. Oltre ai vitigni locali è presente anche il “nostro” Vermentino (qui chiamato Rolle) raro in purezza come nel Chateau Font Du Broc Cotes de Provence AOC 2009, suadente e dolce al naso, una florealità diffusa bianca di biancospino, tersa e nitida di tiglio con accenni balsamici di timo ed erbe provenzali. In boc-ca ha una certa abboccatura leziosa che non stona anche perché la sapidità è ben presente e rende il vino dinamico e intrigante dal finale agrumato e con accenno di miele di corbezzolo.

MA LA BOTTIGLIA IN BARCA SI ROVINA?

Girando per il mediterraneo potreste quindi trovarvi più bottiglie a bordo di quando siete partiti… e se si rovinassero a trasportarle? Ovviamente le vibrazioni e le oscillazioni possono a lungo andare alterare il vino come qualsiasi altra bevanda (un poco meno le bollicine perché la sovrapressione in bottiglia in genere permette di proteggere il vino da un eccessivo logorio da mare). Ma non dimentichiamoci che il mare è sempre stato il mezzo di trasporto più utilizzato per il vino dai tempi degli antichi Greci e anche oggi moltissimi produttori si rifiutano di spedire (e non solo per questioni di costi) il proprio vino via aereo o via terra proprio per evitare eccessive alterazioni. Se si pensa poi che vini come il Madeira o il Marsala e le loro disavventure senza il mare non esisterebbero proprio…non facciamoci scrupoli a riempire la stiva!

PIATTO&VINO DA BARCA

Parto da uno sconsigliato, ovvero evitate le ostriche! Lo so che è uno degli abbinamenti più classici ma è anche uno dei più sbagliati, lo champagne infatti ne accentua il gusto metallico e la salivazione in bocca è eccessiva. Molto meglio pesce crudo anche molto saporito e i classici crostacei che con la loro intrinseca dolcezza vanno a nozze con la mineralità spiccata del vino. La magia della bollicina è in grado di trasformare in una grande cena anche un “semplice” piatto di spaghetti allo scoglio, specie se avrete l’accortezza di usare un Blanc de Blancs, ovvero uno spumante fatto solo con uve bianche (chardonnay in genere). Per pietanze e gusti più forti cercate uno vino con una buona dose di Pinot Nero magari millesimato e, perchè no, un grande Rosè, che oggi è di gran moda e colpisce sempre in maniera particolare il pubblico femminile, un vino che si sposa benissimo con piatti dove viene usato anche il pomodoro, spesso “nemico” delle bollicine perchè rafforza la sensazione di acidità in bocca.

BOLLICINE AL LARGO

Dal punto di vista fisico, è bene notare che la tendenza di uno spumante a produrre bolle dipende anche dalla pressione atmosferica che a livello del mare è più alta che in quota. Ne consegue che il perlage sarà meno intenso e abbondante che in altre situazioni, ma durerà molto di più nel bicchiere. A bordo quindi prevedete un frigo bar con temperatura costante 6-8 gradi. Poi ovviamente un vassoio antistatico per portare più comodamente i bicchieri. Certamente poi un secchiello per il ghiaccio magari dotato di un fondo con plastica antiscivolo, e uno stopper per richiudere la bottiglia nel caso non venga finita una volta aperta. Per non usare ghiaccio, costoso e complicato da produrre, si possono usare dei vestiti in neoprene, che permettono di conservare la bottiglia in frigo e di degustarla a temperatura perfetta anche sul ponte grazie a un rivestimento come quello che Contadi Castaldi riserva al suo Soul Satèn in Dryfoam.