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Le Opinioni

Terziario: passiamo all’azione!

Come annunciato, Manageritalia ha pubblicato il primo report dell’Osservatorio economico sul terziario. Lo studio conferma la necessità di analizzare in modo rigoroso e approfondito il macrosettore che rappresenta circa il 75% del valore aggiunto nazionale, determinando di fatto gran parte della crescita del nostro Paese. Qui vorrei riprendere un paio di dati tra i tanti, perché meritano una riflessione approfondita: 9,8% è la quota (2019) di esportazioni di servizi sul totale in Italia, in Francia, Germania e Spagna è intorno al 15%. Nonostante la rilevanza del turismo estero nel nostro Paese, accusiamo un forte ritardo e la crescita è inferiore a quella dei Paesi citati. In particolare, nell’export dei settori finanza e servizi professionali, ambiti facilitati dalla digitalizzazione e molto dinamici anche in Europa, siamo sotto il 4% di incremento annuo.

Ho scelto questo dato per sottolineare la necessità di guardare alla crescita dove questa si realizza più rapidamente nel mondo, e non solo nei settori in cui siamo già forti ed è più difficile migliorare ulteriormente le nostre performance. Per crescere nell’export di servizi occorrono visione, investimenti, crescita dimensionale e delle competenze, management internazionale e anche maggiore attenzione nella destinazione di risorse pubbliche.

Nel Pnrr quanto è destinato a questi capitoli, che pure riguardano da vicino la transizione ecologica e digitale? Meno 13,3% è il calo cumulato dell’occupazione da inizio pandemia nel settore dei servizi di alloggio e ristorazione, seguono arti e intrattenimento (-8%), trasporti e magazzinaggio (-7,5%), commercio all’ingrosso e al dettaglio (-6,6%). La manifattura (-3,4%) e le costruzioni (-1,1%) hanno dati migliori. Se guardiamo alle diminuzioni di valore aggiunto sono sempre i settori dei servizi a segnare le cadute più profonde: alloggio e ristorazione (-66,8%), trasporti e magazzinaggio (-33,3%), arti e intrattenimento (-25%), commercio all’ingrosso e al dettaglio (-19,7%); inferiori le perdite della manifattura (-17,9%) e delle costruzioni (-11,5%).

Da questi dati dovremmo trarre indicazioni sulle tutele contrattuali e sugli ammortizzatori sociali, evitando di semplificare il ragionamento nel derby licenziamenti sì/no. Ma dopo la fotografia del crollo occorre iniziare a girare il film della ricostruzione. Quali imprese saranno in grado di ripartire? La ripresa avrà tempi differenti per settore, quante e quali imprese resisteranno? Da queste ipotesi devono scaturire le scelte di politiche del lavoro, orientate alla difesa dei posti con strumenti temporanei, quando l’azienda appare capace di recupero, al ricollocamento verso le imprese più solide, dove l’azienda è troppo debole per ripartire, o alla riconversione professionale, dove si manifesta un cambiamento permanente nella struttura della domanda. I numeri per leggere la realtà non mancano, c’è la volontà politica di farlo?