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Italia: cashless, ma non troppo

I pagamenti digitali nel nostro Paese stanno facendo enormi passi in avanti, ma si è ancora molto lontani dal superamento del contante. Ecco a che punto siamo e cosa ci aspetta

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Il 2021 sarà ricordato come un anno di svolta per molti aspetti della vita quotidiana. Il distanziamento fa ormai parte del modo in cui le persone si approcciano al mondo esterno. Nemmeno il caffè al bar sarà proprio come prima, non ci saranno le monetine lasciate distrattamente sul piattino, perché il denaro contante è destinato a scomparire. Non subito, ma avverrà. La transizione era già in agenda durante il governo Monti, ma è negli ultimi tempi che si percepisce in maniera prepotente. Già nel 2018 il 37% delle famiglie italiane utilizzava per i pagamenti la carta di credito, movimentando 240 miliardi di euro in versione digitale (dati Polimi). Poi con i lockdown prolungati, che hanno portato anche una certa propensione alla diffidenza rispetto al contatto sociale (come sottolinea una ricerca del Fatebenefratelli), i pagamenti alternativi al contante sono letteralmente esplosi.

In particolare grazie al boom dell’e-commerce (+12%), visto da molti come unica soluzione per l’approvvigionamento di beni, evitando attese in coda e soprattutto il contatto con possibili veicoli di infezione, come il contante maneggiato da estranei. Il volume totale delle transazioni cashless alla fine del primo anno di pandemia, dal 29% del 2019 è balzato al 33% del totale dei pagamenti in Italia, pari a 268 miliardi di euro. In valore rispetto all’anno precedente rivela un lievissimo -0,7% – complice lo stop a molte attività – che però spicca accanto al calo molto più importante del 13% registrato dai consumi su base nazionale. Secondo una recente ricerca Mastercard, sette italiani su dieci riconoscono ai pagamenti digitali un ruolo chiave durante il lockdown. Il 69,9% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare più spesso le carte di credito e debito, che per il 75% diventeranno il mezzo principale di pagamento del futuro, con la modalità contactless che segue a ruota.

A convincere gli italiani è servita anche la grande operazione Italia Cashless, con il cashback di Stato, affiancato a partire da gennaio 2021 dalla lotteria degli scontrini*. Operazione discussa, ma che secondo il rapporto 2021 sui pagamenti digitali stilato dalla Community Cashless Society di European House-Ambrosetti, porterà a conti fatti diversi vantaggi. A cominciare dall’emersione del sommerso e dell’evasione Iva, che ammonterebbe a 9,2 miliardi di euro da qui al 2025, ma parallelamente anche l’aumento di quei consumi crollati nell’ultimo anno (aumentata propensione all’acquisto per il 39% degli intervistati). Che il cashback di Stato abbia avuto successo è fuori discussione, stando ai 5,8 milioni di italiani che hanno aderito al programma nella sola fase sperimentale, dall’8 al 31 dicembre. Il dato è incoraggiante, ma ancora non sufficiente a proiettarci nel futuro. Nonostante l’indubbio sprint del 2020, in Italia di una cashless culture non si può ancora parlare. Il ruolo del contante nella nostra economia – anche se in calo – è ancora preponderante.

Nel nostro Paese la penetrazione del digitale (il Cashless Intensity Index, elaborato dalla Cashless Society di Ambrosetti) è attualmente dell’11,2% e ci posiziona al 33esimo posto, tra le peggiori economie del mondo. Per dare un parametro di riferimento, la Svezia, che comanda la classifica, ha il Cashless Intensity Index all’1,2%. Così come è ancora lontana l’affermazione di sistemi più moderni, come le app bancarie e soprattutto i pagamenti con dispositivi wearable, che effettivamente crescono molto rispetto al 2019 (+80%) ma restano – con i loro 4,7 miliardi complessivi – una piccolissima parte dei 268 miliardi di transato digitale. La concretezza della carta fisica, pur utilizzata in modalità contactless, sostituisce in modo meno traumatico la moneta contante, ma resta comunque un sistema vecchio rispetto alle possibilità oggi disponibili. Che vanno decisamente verso una virtualizzazione delle transazioni in denaro: la tecnologia Token, che consente la smaterializzazione delle carte di credito, esiste dal 2015, e in termini di sicurezza è superiore alla carta materiale. Così come sistemi ultracollaudati come Paypal, che si è affermato soprattutto in ambito e-commerce, ma che in realtà consente anche trasferimenti di denaro peer-to-peer, la creazione di portafogli personali, i pagamenti nei negozi fisici, non ha spese di gestione e non richiede mai l’inserimento dei dati bancari.

Quello che manca è la conoscenza delle possibilità offerte dai pagamenti cashless, affidata più che altro alla naturale curiosità delle nuove generazioni. Se – come la Community di Ambrosetti sostiene – la promozione dei sistemi di pagamento digitale più evoluti debba essere una priorità strategica per la Pubblica Amministrazione (che risparmierebbe anche 10 miliardi all’anno di costi di gestione del contante), portare la tecnologia nella quotidianità e garantire a tutti l’accesso ai servizi in un Paese come il nostro che sconta ancora un marcato digital divide generazionale, sociale e geografico, non è cosa semplice. Tuttavia, da qualche parte bisogna iniziare.

Puntare su servizi di base e dimostrare la semplicità d’uso del cashless è la strategia dei Comuni di Bologna e Parma: grazie a un accordo con Sia – società europea di gestione dei pagamenti controllata da Cdp – il trasporto pubblico a breve si pagherà anche direttamente a bordo con la carta contactless accostata all’apposito lettore. Esistono da qualche anno servizi di mobilità urbana accessibili direttamente dal cellulare tramite app, soluzione che porta il cashless evoluto nella quotidianità, ma manca l’interoperabilità tipica di una strategia nazionale. I servizi vengono gestiti dal singolo Comune in partnership con aziende private, e nella maggior parte dei casi sono accessibili solo nell’ambito dei confini municipali. La mobilità cittadina, la bigliettazione elettronica di eventi e trasporti, il rinnovo degli abbonamenti, il pagamento delle soste costituiscono una valida porta d’ingresso, ma il settore è in rapida evoluzione e quello che per molti sembra il futuro in realtà è già superato.

Le applicazioni di ultima generazione abbandonano anche capisaldi come password, codici, e domande segrete, per utilizzare i dati biometrici, gli unici che non possono essere rubati, falsificati, utilizzati senza il consenso del diretto interessato. Amazon negli States sta sperimentando alle casse la lettura del palmo della mano, a Singapore gli Atm del circuito bancario Ocbc erogano contante riconoscendo il sorriso del cliente, mentre a Mosca nei negozi low budget del brand Pjaterochka si pagherà con lo sguardo. Sarà fondamentale la diffusione di dispositivi in grado di registrare dati biometrici diversi rispetto all’impronta digitale, per ora la feature più accessibile in Europa. Juniper Research – società che analizza i trend del mercato digitale – ritiene che dal Touch-id e Face-id (già implementato da Apple), si arriverà al Voice-id, tutti sistemi di riconoscimento biometrici che dovranno essere utilizzati in modo integrato per garantire la completa sicurezza, che si conferma un fattore determinante per lo sviluppo dei pagamenti digitali.

*Articolo pubblicato su Business People, maggio 2021

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