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Crisi: la ripresa dell’Italia passa (anche) dal ruolo cruciale delle banche

La pandemia ha generato uno shock economico senza precedenti e diverse aziende, soprattutto pmi, avranno necessità di reperire fondi fino al 50% del proprio fatturato. L’analisi di Crif sui ricavi delle aziende italiane nei prossimi mesi

Emergenza liquidità. È lo stato attuale di molte aziende italiane, soprattutto piccole e medie imprese operanti nei settori più colpiti dalla pandemia di Covid-19, che rischiano di non tornare ai livelli pre-crisi di fatturato nemmeno nel 2022, quando i ricavi segneranno ancora un 20% in meno rispetto al 2019. Effetti di uno shock economico senza precedenti, che ha colpito immediatamente e duramente l’economia reale, con un sostanziale blocco degli investimenti e del mercato del lavoro, che ne ha accentuato ulteriormente gli effetti negativi sul sistema economico.

Il quadro congiunturale italiano si caratterizza, però, per un’elevata eterogeneità degli effetti sia a livello settoriale, sia per singola impresa. Lo shock economico sta infatti producendo, e continuerà a produrre nel prossimo biennio, effetti fortemente differenziati in funzione del diverso impatto delle chiusure nei differenti tipi di produzione, delle stagionalità del business, del rischio di obsolescenza dei prodotti e del grado di dipendenza da costi fissi quali affitti, canoni di leasing o oneri finanziari. Secondo un’analisi contenuta nell’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio Pulse realizzato da Crif, il crollo del fatturato delle imprese italiane registrato nel 2020 non verrà recuperato interamente nel 2021, quando le stime di crescita sono del +7,5% a fronte di una perdita attesa del 11.1% nel 2020. Sarà invece necessario attendere il 2022 (+2.7% vs 2019) per tornare ai livelli pre-crisi. Anche in termini di marginalità attesa, nel 2022 proseguirà il trend di ripresa iniziato nel 2021, riallineandosi con il livello pre-crisi anche se non totalmente. Una previsione che coincide con quella di molti Ceo e alti dirigenti intervistati da EY.

Aziende italiane: le previsioni di ripresa per settore

Ciononostante, sia sul fronte delle dinamiche di fatturato che di marginalità operativa, diversi comparti economici potrebbero rimanere ben al di sotto dei livelli pre-crisi finanche nel 2022, a testimonianza dell’orizzonte di medio termine necessario ai settori più colpiti per tornare sui livelli di operatività ordinaria, anche per effetto delle mutate abitudini dei consumatori dettate della pandemia (ad es. distanziamento sociale, smartworking, digitalizzazione).

I settori più colpiti

Dall’analisi delle previsioni settoriali e micro-settoriali emerge come i comparti più colpiti sotto l’aspetto di ricavi e margini operativi siano quelli correlati alla sfera del turismo, tra cui il trasporto aereo, i servizi di alloggio e le agenzie di viaggio. Date le tempistiche necessarie per un pieno ritorno alla normalità post pandemia questi tre micro-settori continueranno a presentare anche nel 2022 un fatturato inferiore di circa il 20% alla situazione pre-crisi. Fortemente colpiti saranno anche il settore del commercio di autoveicoli (-4% di fatturato e -6.6% di marginalità – 2022 vs 2019) e quello delle costruzioni, per quanto queste ultime, potendo beneficiare di misure di supporto specifiche introdotte dal governo (es. “Ecobonus”) ci si attende possano riuscire, quantomeno in termini di fatturato, a riassorbire già nel 2022 gli impatti della pandemia (+2.3% rispetto al 2019).

I settori che in Italia stanno reagendo meglio alle crisi

Viceversa tra i micro-settori che più di ogni altro coglieranno le opportunità di ripresa e di crescita vi sono quelli che hanno intercettato prontamente le esigenze emerse nella nuova normalità generata dalla pandemia, tra cui servizi postali e le attività di corriere, hosting e siti web, produzione ed edizione di software e i servizi connessi alle telecomunicazioni, tutti con tassi di crescita del fatturato in doppia cifra rispetto al 2019. Dal punto di vista della marginalità operativa emerge inoltre come buona parte del comparto manifatturiero (es. Prodotti metallici, Tessile e abbigliamento…) continuerà a beneficiare nel medio termine delle misure volte all’ottimizzazione dei processi e della base costi, messe in atto per fronteggiare la fase acuta della pandemia.

Impatto della crisi sul profilo finanziario delle imprese

Accanto ai riflessi sul fronte strettamente economico, specie in un’ottica di rischio creditizio, vanno poi considerati attentamente gli impatti sotto il profilo finanziario che le aziende dovranno affrontare anche nell’anno in corso. Dall’Osservatorio Crif Pulse Business emerge che buona parte dei settori economici continueranno a mostrare Free Cash Flow negativi, per effetto della contrazione di fatturati e margini operativi e dell’allungamento del ciclo del capitale d’esercizio, solo parzialmente compensabili tramite la riduzione o il rinvio degli investimenti. Tale situazione, combinata alle importanti scadenze di debito finanziario a breve termine, per quanto in parte rinviate e rimodulate tramite il ricorso allo strumento delle moratorie e alle varie forme di credito supportato da garanzie statali, creerà per numerosi settori e aziende l’esigenza di reperire significativi importi di nuova finanza entro il 2021, sino a raggiungere per i settori più colpiti e/o finanziariamente più esposti percentuali di fabbisogno prossime al 50% del fatturato.

Il ruolo delle banche

Una quota rilevante di tale esigenza finanziaria passerà attraverso il sistema bancario, che nel prossimo biennio, a fianco dello Stato, avrà un ruolo chiave nel processo di rilancio e di supporto dell’economia italiana, soprattutto per quanto riguarda le piccole-medie imprese. “In questo contesto, la valutazione del merito creditizio dovrà necessariamente evolvere per riuscire a intercettare le imprese virtuose in uno scenario in cui i dati storici e comportamentali (utilizzati dai rating interni delle banche) potrebbero non riflettere integralmente e tempestivamente questa eterogeneità di effetti”, commenta Simone Mirani, General Manager Operations di Crif Ratings. “È infatti atteso un peggioramento complessivo delle valutazioni prodotte dai sistemi di rating interni, oltre che un aumento della loro volatilità, che potrà avere un riflesso negativo anche sui bilanci bancari tramite un potenziale aggravio in termini di capitale regolamentare“.

Fortemente a rischio la stabilità dell’11% delle imprese

A questo proposito, lo studio condotto da Crif su un campione di oltre 700 mila società di capitali non finanziarie integrando il rating tradizionale Crif Business Default Index (Cbdi) con lo score di resilienza Covid, indicatore proprietario che tramite l’analisi congiunta di dinamiche creditizie, andamento dei pagamenti commerciali e scenari macroeconomici permette di prevedere la capacità di risposta delle imprese alla fase di downturn, evidenzia un quadro prospettico dalle molteplici sfaccettature.

Lo scenario contingente metterà infatti seriamente a rischio la stabilità dell’11% delle imprese, per le quali gli effetti della crisi andranno a incidere su strutture finanziare già molto deboli in quanto sovra indebitate, poco patrimonializzate e con carenze di liquidità che ne minano la solidità creditizia. Per un 32% di imprese che partivano da un profilo di rischio medio si prospetta un aumento della fragilità finanziaria in considerazione della forte esposizione agli impatti avversi del lockdown. Inoltre, un 21% di imprese con un buon profilo economico finanziario potrà attraversare una temporanea difficoltà in mancanza di politiche di sostegno mirate.

Al tempo stesso, solo il 35% di imprese con profilo economico finanziario solido o discreto (imprese classificate a medio e basso rischio prima dello scoppio della pandemia) mostrerà una buona capacità di risposta alla congiuntura pandemica. È fondamentale, però – si sottolinea nell’analisi di Crif – focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche delle singole realtà aziendali, perché esiste un’elevata dispersione delle performance prospettiche sia all’interno dei macro-settori che all’interno dei micro-settori. Così come tra i Top performer (farmaceutica, consulenza, chimica e Ict, Media e Telco …) esiste una quota significativa di imprese a medio-bassa resilienza e capacità di ripartenza (imprese dei segmenti middle e bottom), parimenti, all’interno di mercati più esposti agli effetti della crisi (turismo e i singoli micro-settori ad esso collegati come agenzie di viaggio, servizi di alloggio, trasporto aereo) si individuano comunque imprese solide e con elevate probabilità di superare la fase economica contingente e di assorbirne gli impatti (imprese dei segmenti top e upper).

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