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Pagamenti digitali contactless o wearable? Vincerà la user experience

Di fatto qualsiasi oggetto può diventare un oggetto pagante. E con i device free payments serviranno solo le caratteristiche biometriche della persona: viso, iride, vene, impronte. Ma su tutte le soluzioni avrà la meglio l’user experience, perché alla fine saranno gli utenti a guidare la trasformazione. Vediamo come…

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Carta vince, carta perde. Ci sono pochi settori in cui il concetto di disruption è chiaro nella sua spietatezza come in quello dei pagamenti digitali. La parabola delle carte di credito/debito è lì a ricordarlo: quelle chip e pin stanno già venendo sostituite dalle contactless ma, a breve, si estingueranno anche queste ultime. Lo prevede un report dello scorso gennaio di Deutsche Bank che conferma quella che per gli addetti ai lavori è un’ovvietà. Nel 2019 – dicono i numeri forniti dall’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico – in Italia ci sono state 1,5 miliardi di transazioni con carta contactless (+67% anno su anno) per un valore di 63 miliardi di euro, quasi 23 miliardi in più rispetto al 2018. Queste sono il presente ma non il futuro, perché il cosiddetto mobile payment, in cui si paga dal cellulare o con il cellulare, per esempio scannerizzando un QR Code o avvinandolo a un lettore Nfc, sta guadagnando terreno a una velocità impressionante. Nel 2019 3 milioni di italiani hanno effettuato 58 milioni di transazioni con mobile in negozio per un valore complessivo di 1,83 miliardi di euro.

Questi cambiamenti sono il riflesso delle trasformazioni che, a monte, hanno coinvolto e stravolto il mondo del banking negli ultimi dieci anni. Le banche, già fiaccate nel portafoglio e nella reputazione dalla crisi del 2008, sono state sfidate prima dalle fintech, startup tecnologiche che offrivano servizi finanziari, poi dalle Over the Top (Ott), colossi tech come Apple, Google e Samsung che sono entrati nel mercato con tutto il loro peso economico e il loro potere tecnologico.

Open Banking è il nome che è stato dato a questo cocktail di tecnologia applicata alla banca, shakerato nella Payment Service Directive 2 (Psd2), la direttiva comunitaria entrata in vigore in Italia nel gennaio 2018, che ha dato un framework legale a questa rivoluzione e piena operatività a una galassia di nuovi attori che gravitano attorno all’utente, raccolti sotto acronimi quali Pisp, Aisp e Cisp. Sono i cosiddetti third party provider, soggetti che non vengono dal mondo bancario ma sono abilitati a operare nella gestione dei pagamenti e nella fornitura di servizi finanziari. e che, utilizzando biometria, ML e AI, offrono al cliente una pluralità di servizi su misura controllabili da una singola app. «I numeri parlano abbastanza chiaro.

Il mobile banking è il futuro. Per numero di transazioni, ha già superato l’online e nei prossimi due anni è prevedibile che il numero delle operazioni fatte via smartphone supererà il totale di quelle in filiale», sostiene Andrea Isola, General Manager di N26 Italia. N26 è una banca tedesca mobile first, nata nel 2013. «Sono tante le innovazioni sulle quali si sta puntando. Forse», conferma Isola a Business People, «la cosa più interessante sono i wearable, device da indossare, come lo smartwatch. I trend ci dicono che ci sarà un calo progressivo dei pagamenti in contanti ma anche tramite carta, che verrà quasi smaterializzata, perché il pagamento con smartphone, quindi con wallet, è molto semplice nel senso che non richiede nemmeno di ricordare un pin. Inoltre, guadagneranno sempre più spazio i prodotti e i servizi cosiddetti instant, che danno la possibilità, per esempio, di ricevere un accredito quasi in tempo reale, senza dover aspettare giorni e settimane. Queste sono alcune delle aree sulle quali si investirà di più, in futuro».

La biometria è il campo che promette nuove meraviglie: pagamenti attraverso la scansione del polpastrello, dell’iride, il riconoscimento vocale o anche della forma delle vene. Secondo uno studio di Juniper Research, entro il 2023 il valore delle transazioni biometriche raggiungerà i 2 mila miliardi di dollari, 17 volte quello toccato nel 2018 (124 miliardi di dollari). Il 57% di queste verranno effettuate da remoto, cioè tramite cellulare o altro device. Già oggi, il 90% degli smartphone in circolazione potrebbe supportare soluzioni del genere, sostengono gli analisti di Juniper. La parola chiave è user experience: la forza di Fintech e Ott sta nella capacità di semplificare la vita all’utente, cui vengono offerti servizi costruiti intorno alla sua esperienza d’uso. Nei pagamenti, si punta all’economicità dei movimenti in base al principio che l’utente sarà tanto più soddisfatto quanto meno gli sarà richiesto di fare. Il punto d’arrivo ideale è ciò che accade nei punti Amazon Go, in cui il cliente paga ed esce, senza dover fare il minimo gesto e questo grazie all’uso combinato di diverse tecnologie, come telecamere che riconoscono e seguono l’acquirente e sensori applicati agli scaffali che capiscono quale prodotto è stato afferrato e messo nel carrello. L’economicità è solo quella dei movimenti, perché i third party provider non riducono gli intermediari, a volte ne aggiungono uno. E quindi aggiungono costi. Pagare il macellaio in contanti non costa nulla, pagarlo con un qualsiasi device implica una fee. Chi fornisce l’impalcatura tecnologica non lo fa per passione, dopotutto.

Secondo il British Retail Consortium, nel solo 2018 i dettaglianti britannici hanno pagato qualcosa come 1,3 miliardi di sterline in commissioni sui pagamenti elettronici. Si tratta di un problema trascurabile o almeno non urgente quanto quello della sicurezza. E qui si inserisce il concetto di Strong Customer Authentication, introdotto dalla Psd2, che stabilisce una serie di requisiti per blindare l’operazione e fare in modo che ad accedere a certi servizi sia solo il titolare del conto, costringendo quest’ultimo a confermare la sua identità superando due check in successione e di diversa tipologia. Questi, infatti, possono verificare la conoscenza di una password o di un pin, il possesso del device (tramite invio di codici, per esempio) o l’identità biometrica del soggetto. In un mercato che il World Payments 2019 di Capgemini ha stimato intorno ai 2 mila miliardi, però, è facile farsi ingannare dall’hype. Gli investitori ci mettono poco a innamorarsi di società ad alto tasso di innovazione e a ingigantirne il potenziale. La pandemia e l’accelerazione imposta alla digitalizzazione, come l’accresciuta diffidenza nei confronti del contante, hanno aiutato i corsi azionari di molte di queste. Ma anche nel luccicante molto del fintech, si possono prendere abbagli. Il recente scandalo Wirecard è lì a ricordarlo.

Articolo pubblicato su Business People, settembre 2020

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