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Protagonisti

Vaillant va oltre l’ambiente

Mentre la multinazionale del riscaldamento e raffrescamento lavora per un futuro a impatto zero, dall’Italia l’a.d. Gerardo Magri ha portato avanti un concetto di sostenibilità che va ben oltre il rispetto delle risorse del pianeta, abbracciando il benessere psicofisico degli individui

La biblioteca, un intero piano dove poter “staccare” e rilassarsi durante la giornata lavorativa, è tra i fiori all’occhiello della Torre Vaillant di Milano, appena restaurata e a emissioni quasi zero. Si è partiti con 150 libri e, anche su consiglio dei dipendenti, si sono raggiunti velocemente i 400 volumi e l’obiettivo è di arrivare presto a quota mille. Questo è solo un esempio di come in Vaillant Italia la sostenibilità vada oltre il concetto di ambiente e guardi anche al benessere psicofisico delle persone. La stessa idea di azienda è stata ridefinita nel corso degli anni con l’obiettivo di generare un impatto positivo sul pianeta e, al tempo stesso, la società e gli individui. Il recente approccio The Human Society , un progetto tutto italiano voluto fortemente dall’amministratore delegatoGherardo Magri, è la sintesi di un’azienda che investe sì in soluzioni più ecosostenibili, ma lavora parallelamente all’aspetto relazionale tra le persone, dà valore alla formazione e, soprattutto, all’ascolto dei singoli.

Per Vaillant Italia è la seconda volta tra I Campioni della Sostenibilità , dopo il riconoscimento nel 2021. Allora vi stavate preparando per la certificazione B Corp…
E lo siamo diventati, almeno in pectore. Ci siamo preparati molto per ottenere la certificazione, attraverso un processo durato circa un anno. Durante l’assessment siamo stati affiancati dai consulenti di B Lab (l’ente internazionale che assegna lo status di B Corp, ndr ) e i punteggi eseguiti nei test erano più che soddisfacenti. Tuttavia, ci è stato precisato solo in seguito che la certificazione sarebbe stata assegnata solo con il coinvolgimento di tutta la multinazionale e quindi abbiamo deciso di metter in stand by il progetto, perché per un gruppo delle nostre dimensioni i tempi sarebbero inevitabilmente stati più lunghi. Abbiamo fatto comunque nostri i principi delle B Corp, anzi: ritengo che con il progetto The Human Society siamo andati ben oltre!

In una strategia di sostenibilità aziendale, spesso a evolvere non sono solo le organizzazioni, ma anche i suoi dipendenti. Che tipo di approccio avete attuato in Vaillant?
La ringrazio per questa domanda, perché il percorso portato avanti con The Human Society viene da lontano, dal 2015: allora non gli avevamo ancora dato un nome, ma sette anni fa abbiamo iniziato a lavorare a un approccio che rimettesse al centro l’essere umano. Durante i nostri Meeting People , incontri che teniamo due volte l’anno, abbiamo sviluppato temi non strettamente connessi al business, ma legati più a una partecipazione attiva in azienda. Abbiamo puntato molto sul “fattore umano”, soprattutto durante i mesi più difficili della pandemia (vedi intervista di Business People di luglio-agosto 2022, ndr ). Tassello dopo tassello, ho assistito a una vera e propria trasformazione in Vaillant Italia. La soddisfazione più grande è stato il bellissimo riscontro avuto dai colleghi lo scorso dicembre: attraverso sette diverse call che comprendevano tutte e 150 le nostre persone, ho avuto modo di toccare con mano che la maggior parte di noi crede davvero in questo modello di azienda.

La biblioteca realizzata nella nuova sede di Milano

È stato difficile convincerli?
Abbastanza. Quando nel 2010 sono entrato in Vaillant ho trovato persone che lavoravano onestamente, ma c’era poco dialogo e mancava l’orgoglio di lavorare in un’azienda come la nostra. Da allora abbiamo cambiato parecchio, anche a livello organizzativo con l’unione di più reparti e direzioni per far lavorare insieme le persone. Non tutti, ovviamente, hanno abbracciato il cambiamento e alcuni hanno lasciato l’azienda. È stata una trasformazione durata anni durante i quali abbiamo affrontato anche momenti difficili per il mercato, indipendenti dal nostro business. Uniti, però, siamo riusciti a reggere l’urto della crisi e a risalire la china.

Sette anni di percorso. Si parla spesso di investimenti in innovazione e sostenibilità, ma seminare in questo campo porta davvero frutti?
Direi proprio di sì. Partiamo dai dati: non solo cresciamo da diversi anni, ma per notorietà e scelta d’acquisto siamo i numeri uno del settore riscaldamento e raffrescamento in Italia. Negli ultimi due anni, merito degli incentivi, il mercato delle caldaie è cresciuto esponenzialmente, così come i nostri concorrenti, ma noi siamo riusciti a fare anche meglio, guadagnando quote di mercato. Questo grazie all’attenzione che abbiamo dato alla sostenibilità dei nostri prodotti. Ricerche di mercato, come l’osservatorio annuale di LifeGate e l’Istituto Eumetra MR di Renato Mannheimer, di cui siamo partner, parlano chiaro: i consumatori sono disposti a pagare di più per un prodotto sostenibile. È la chiave di volta: conferma che il mercato premia davvero le aziende che vanno in questa direzione e sono sicuro che ai nostri risultati positivi abbia contribuito l’approccio del nostro brand al risparmio energetico e alla salvaguardia del pianeta.

L’approccio sostenibile può essere una leva anche per attrarre nuovi talenti?
Essere attrattivi è il tema di questo millennio per tutte le aziende. Il mercato del lavoro è completamente cambiato e dobbiamo prendere atto di trend come la great resignation o il quiet quitting. Devo dire che noi lavoriamo tanto sulla formazione, ma anche concetti come quello espresso da The Human Society interessano molto i ragazzi, che in un posto di lavoro cercano qualcosa di più di uno stipendio. Bisogna, però, considerare un dato di fatto: la fedeltà a un’azienda non è più un valore assoluto e l’ambizione di trattenere un talento per dieci o 20 anni può essere velleitaria. Questo, però, non ci impedisce di investire su ciascuno di questi ragazzi. Offriamo il meglio nel periodo in cui restano da noi: se poi qualcuno deciderà di prendere altre strade (ma ci sono stati anche dei ritorni eccellenti), avremo contribuito a rendere il mondo del lavoro migliore.

Vaillant ha già realizzato caldaie compatibili con una miscela di idrogeno al 20% nella rete esistente del gas naturale e sta conducendo i primi test per la combustione di idrogeno al 100%

Vaillant punta a dimezzare le emissioni in sette anni e a diventare carbon neutral entro il 2050. In questo contesto, la divisione italiana come si colloca?
Direi bene, anche se bisogna ammettere che i tedeschi sono sempre stati più costanti su questo fronte, anche a livello istituzionale. Il gruppo è al lavoro per realizzare prodotti più sostenibili e rendere fabbriche e uffici meno energivori, ma ha fatto anche di più: ha mappato i consumi e le emissioni di CO2  di tutte le filiali nel mondo per poi compensarle con l’acquisto di certificati green di assoluto livello. Questo è stato solo l’inizio, perché Vaillant ha poi portato avanti progetti più ambiziosi, come il programma di riforestazione di mille ettari in Costa Rica per compensare le emissioni che non riusciremo a ridurre nel breve termine. Stiamo facendo molto anche in Italia: la recente ristrutturazione della Torre con eliporto, realizzata a fine anni 50 dall’architetto Gardella e parte della nostra sede di Milano, rappresenta un bellissimo esempio di efficientamento energetico. Grazie a soluzioni come le nostre 14 pompe di calore montate a cascata sul tetto della torre e i 366 moduli fotovoltaici installati, oggi l’edificio sfiora l’impatto climatico zero. È la dimostrazione che anche palazzi storici di Milano possono essere green. Abbiamo poi investito molto nella mobilità elettrica: oggi contiamo ben 70 auto ibride plug-in per i nostri dipendenti e cinque Tesla a disposizione dei quadri.

State sviluppando soluzioni di riscaldamento a idrogeno che, se prodotto da fonti rinnovabili, non rilascia emissioni di CO2 . Sarà la fonte di energia del futuro?
Abbiamo realizzato caldaie già compatibili con una miscela di idrogeno al 20% nella rete esistente del gas naturale e stiamo conducendo i primi test per la combustione di idrogeno al 100%, ma anche altre aziende del settore sono al lavoro su questa soluzione. Credo fortemente nell’idrogeno, ma la vera svolta arriverà quando saremo in grado di produrre questo gas esclusivamente con fonti rinnovabili. Stiamo parlando, però, di un futuro lontano: saranno necessari nuovi quadri normativi e tanti investimenti da parte delle istituzioni e dell’industria, soprattutto della distribuzione perché più indietro rispetto a quella manifatturiera. In Inghilterra sono già al lavoro su questa soluzione e affermano di essere pronti in pochi anni. Sarà un banco di prova per tutta la filiera.


Questa intervista è tratta da  I Campioni della Sostenibilità 2023, terza edizione dello speciale di  Business People pubblicato sul numero di gennaio-febbraio . Per leggere la versione completa e approfondire altri temi della rivista, puoi scaricare il numero in versione digitale  cliccando qui