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Il pallino per le scarpe

Lo spunto sono le driving shoes che vede in un mercatino newyorkese, l’intuizione usare il marketing per trasformare una calzatura sportiva in un oggetto di culto. È così che Diego Della Valle ha creato il Gruppo Tod’s

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Diego Della Valle, il padrone delle Tod’s, non ne può più di essere collegato a un pallino, con battute tipo “ha il pallino per gli affari” o simili. Eppure è impossibile raccontare la sua vicenda imprenditoriale, rintracciare la scintilla che lo ha reso uno dei leader della moda, senza passare attraverso quella strada lastricata di pallini.

La storia, d’altra parte, l’ha raccontata lui stesso a centinaia di media di tutto il mondo creando una sorta di leggenda. Dunque questa storia dice che nel 1978 l’allora venticinquenne e scalpitante Diego è a New York a presentare la collezione di scarpe dell’azienda di famiglia, ai tempi guidata dal padre, Dorino. In una mattinata non densa di impegni, va a fare due passi per la Grande Mela, girovagando qui e là è capita in un mercatino, e in un banco di abbigliamento sportivo e calzature vede un paio di scarpe particolari. Si tratta delle driving shoes, mocassini con una suola fatta di tanti cilindretti di gomma. Scopo di questa trovata: dare aderenza al piede dell’automobilista mentre frena e preme il pedale della frizione o dell’acceleratore. Della Valle è a tal punto colpito da quel modello di calzatura che pensa debba essere ripensato con la raffinatezza del made in Italy e rivolto a un pubblico più ampio della nicchia dei piloti sportivi. Lo stile deve essere italiano, ma il nome, il marchio deve suonare americanissimo. La storia continua poco dopo, con Diego a Boston, che, trovandosi lì per un periodo di studio, trova sull’elenco del telefono un nome di suo gusto: J.P. Tod’s. Tod’s diventa il marchio di quelle scarpe. Così nasce uno dei prodotti di maggior successo della moda italiana e un’azienda quotata in Borsa dal 2000, a capo anche di Hogan e Fay, con oltre 2 mila dipendenti e un fatturato miliardario. La famiglia Della Valle oggi non è più solo moda, ma anche finanza, calcio e molto ancora.

Le radici

Le origini di questo gruppo sono modeste, come Della Valle ama ricordare. Il capostipite fu nonno Filippo che all’inizio del ‘900 aprì una bottega di calzolaio a Casette d’Ete, non lontano da Ancona. Era davvero un laboratorio minuscolo e il grosso della lavorazione avveniva nella cucina di casa, dove lo aiutavano la moglie e i sei figli, in particolare Dorino e Pasquale. Questi ultimi curavano l’aspetto commerciale degli affari, nel senso che ogni settimana caricavano due biciclette di scarpe e le portavano a Bologna, Pescara, Forli per venderle ai grossisti che rifornivano le bancarelle dei mercati in Emilia e nelle Marche. Dunque le scarpe di Filippo Della Valle e famiglia, anche se lavorate con un’abilità artigianale che si affinava di giorno in giorno, non erano una miniera d’oro. Fu forse per questo che nel 1940, Dorino decise di staccarsi dal padre e di tentare di fare da solo. Il mestiere lo aveva imparato alla perfezione e aprì un suo negozio, con annesso laboratorio. Anche qui la situazione non era molto diversa da quella di papà Filippo: ancora banchetti per la lavorazione di suole e tomaie sistemati nella cucina di casa con i grandi che lavoravano e i bambini lì accanto. Fra questi Diego, nato nel 1953, che in un’intervista ha raccontato così quei tempi: «Vivevamo nella classica casabottega, mia madre era solita cucire suole e tomaie in cucina. Per non perdermi di vista mi sistemava in una cesta accanto a lei, mi copriva con una coperta calda. Avevo tre, forse quattro anni: io mi addormentavo avvolto nell’intenso odore del cuoio». Ci vollero anni, fino alla fine dei ‘60, prima che Dorino riuscisse ad aprire una vera fabbrica di scarpe chiamata Calzaturificio Della Valle a Sant’Elpidio a Mare. La sua avventura industriale ebbe successo. Firmò contratti di fornitura con alcuni marchi prestigiosi del fashion: il Calzaturificio Della Valle diventò fornitore di stilisti come Calvin Klein, Christian Lacroix, Luciano Soprani, Krizia, Gianfranco Ferrè. Un passo avanti da gigante rispetto alle cucine dove tutto era cominciato. Ma non ancora sufficiente, i Della Valle, anche se non più bottegai ma industriali, erano sempre terzisti. Era indispensabile fare un altro passo.

Operazione immagine

E il balzo è stato fatto proprio a partire dal 1978, con la scoperta della scarpe con i pallini e l’ascesa di Diego nell’azienda di famiglia fino a diventarne il leader nel 1980. Della Valle ha un’idea chiara, ben precisa: bisogna investire nel marchio, farlo crescere, farlo conoscere in tutto il mondo. Quindi c’è bisogno di un’immensa e capillare operazione di immagine per promuovere quel nome Tod’s. La via classica, la strada maestra da seguire è coinvolgere testimonial, convincere personaggi famosi a indossare le scarpe con i pallini e far vedere le foto di questi modelli improvvisati ovunque sia possibile, Tv, giornali, riviste di moda. Il primo ad aiutarlo è il suo amico Luca Cordero di Montezemolo, che per anni indossa ovunque stivaletti o mocassini impallinati. È stato probabilmente Montezemolo a convincere Giovanni Agnelli a presentarsi a un’intervista Tv calzando Tod’s. Quell’apparizione televisiva dell’Avvocato decreta il boom per le Tod’s in Italia. Ma il mercato interno non basta: un marchio dello stile o è universale o non lo è. E così Della Valle investe grandi risorse in campagne pubblicitarie ingaggiando come testimonial star cinematografiche del passato, Audrey Hepburn, Cary Grant e Steve McQueen. E anche questa mossa funziona. Accanto al marchio Tod’s, ne sono stati inventati altri come Hogan (scarpe sportive ispirate al cricket degli anni ’30), Fay (abbigliamento che richiama quello dei pompieri americani) e altri. Tutti insieme hanno portato il gruppo Della Valle a 117 negozi monomarca e 65 in franchising in tutto il mondo.

Voglia di crescere

Gli immensi utili realizzati nella moda sono stati usati per ampliare gli interessi del gruppo di famiglia. Il primo assaggio è del 1999 con la finanza quando è acquisita una partecipazione nella Banca Commerciale Italiana (poi confluita in Intesa Sanpaolo). Qui Della Valle si scontra in maniera ruvida con l’establishment rappresentato dal consigliere delegato di Mediobanca, Vincenzo Maranghi. I signori del cosiddetto salotto buono guardano con fastidio questo giovane che si permette di dire quello che pensa. Vecchia aristocrazia dell’italico capitalismo. A qualcuno viene attribuita questa battuta: «Ma che cosa vuole questo scarparo?». Lo “scarpaio” non ci fa caso e va avanti. L’anno dopo, il 2000, arriva la quotazione in Borsa della Tod’s, poi seguono altre operazioni finanziarie. Nel 2003 diventa azionista della Rcs Media Group. Anche qui ci sono scaramucce, questa volta con Cesare Romiti e il figlio Maurizio, con aspirazioni dominanti nella gestione. “La famiglia Addams”, li ha definiti senza tanti complimenti DDV (come i giornali chiamano Diego Della Valle). Due anni dopo, i furbetti del quartierino tentano di conquistare due banche, la Bnl e l’Antonveneta. Della Valle è nell’azionariato della Bnl assieme a Generali e agli spagnoli del Bbva; contro di loro partono gli immobiliaristi, la razza mattona dei Ricucci, Coppola, Statuto, affiancati da Caltagirone e con l’appoggio del governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, che avrebbe dovuto fare da arbitro e invece è entrato in campo suscitando le ire di Della Valle che lo ha attaccato, definendolo lo “stregone di Alvito”. Ma la voglia di finanza e di diversificazione non si ferma qui: Della Valle è azionista di Generali, la più blasonata della società italiane, Mediobanca, Piaggio, Bialetti. Ha lanciato, assieme a Montezemolo, il fondo di private equity Charme, che investe in marchi del made in Italy (come Poltrona Frau); è entrato nella società Ntv che sviluppa il servizio ferroviario ad alta velocità. In America ha comprato il 6% di Sachs Fifth Avenue, il department store di New York. E per finire non si può non citare il calcio e la Fiorentina della quale è diventato proprietario assieme al fratello Andrea. Ora che ha realizzato tutto questo, che viaggia su jet privati, che si fa costruire le Ferrari su misura, che è collezionista d’arte, che si è comprato la barca che fu di John Kennedy eccetera, come parla di sé Diego Della Valle? «Io sono sempre lo stesso, uno che alla fine dell’anno fa il bilancio come mi ha insegnato mio padre: se a gennaio in cassa c’erano 100 euro e a dicembre 110, allora vuol dire che abbiamo guadagnato dieci. Tutto il resto non conta».

MR. TOD’S

Da che cosa proviene il nome che ha portato Della Valle al successo internazionale? Da un illustre sconosciuto che ha attirato l’attenzione di Diego, ancora studente negli Stati Uniti, mentre sfogliava l’elenco telefonico di Boston alla ricerca di un nome che desse un sapore americano alle calzature dei suoi sogni.

IL FENOMENO MARCHIGIANO

Alla base del Calzaturificio Della Valle prima, e Tod’s poi, ci sono le Marche, il modello marchigiano, uno di quei fenomeni (come sarebbe stato di lì a poco anche il Nord Est) che hanno fatto diventare la poverissima e arretratissima Italia del dopoguerra un Paese industriale di tutto rispetto, la settima potenza del mondo si diceva prima che Cina, India (e domani chissà quanti altri) incominciassero a scalare le classifiche della ricchezza. Il modello marchigiano è stato raccontato e spiegato da Giorgio Fuà, economista, fondatore dell’Istituto Adriano Olivetti di Ancona, per anni fucina di tutta la classe dirigente locale; e questo modello, questa realtà è fatta di nomi di enorme successo come Ariston (ora Indesit), Scavolini, Cartiere Fabriano, Elica, diventata in pochi anni leader in Europa nelle cappe per aspirazione. A questi nomi, ovviamente, va aggiunto quello dei Della Valle.

I MOMENTI CLOU

1953 Diego Della Valle nasce a Casette D’Ete (Fm)

1978 a New York scopre le driving shoes

1980 Diego succede al padre Dorino alla guida dell’azienda

1986 lancio di Hogan

2000 quotazione in borsa

Credits Images:

Diego Della Valle, fondatore del Gruppo Tod’s, mostra un paio di mocassini con i pallini, modello che lo ha portato al successo internazionale. L’ispirazione gli è venuta negli Stati Uniti, curiosando tra le bancarelle di un mercato delle pulci quando ha visto un paio di driving shoes per piloti professionisti. La chiave del boom commerciale è stata ripensare quel prodotto per un pubblico più ampio e diffonderlo in tutto il mondo con una qualità e uno stile made in Italy ma con un marchio che “suonasse” americano