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Una matita è per sempre

Si potrà migliorare la tecnologia esistente, ma niente potrà mai soddisfare appieno il nostro bisogno di creatività e semplicità quanto la scrittura manuale. È la convinzione di Faber-Castell e del suo Ceo Daniel Rogger. E i numeri danno loro ragione

Una produzione annua di oltre 2,3 miliar­di di matite in legno, che potrebbero co­prire 10 volte la circonferenza della Ter­ra; circa 8 mila dipendenti, di cui 1.100 in Germania; una rete commerciale in più di 120 Paesi e un fatturato che nel 2016-2017 ha raggiunto i 667 milioni di euro. Sono alcuni dei numeri che descrivono Faber-Castell, uno dei gruppi industriali più an­tichi al mondo, sinonimo di scrittura e di­segno creativo di qualità, apprezzato da artisti come Vincent Van Gogh, il premio Nobel Günter Grass e Carlo Rambaldi (che si affidò all’iconica Castell 9000 per lo schizzo dell’extraterrestre E.T.).Ma i numeri da soli non bastano a spiega­re come la famiglia Faber-Castell sia riu­scita per ben nove generazioni a sopravvi­vere a ondate di cambiamenti tecnologici – come l’avvento della calcolatrice, che azzerò il business dei regoli calcolatori, strumento che nei primi anni ’70 rappresentava un terzo del fatturato del gruppo –, rimanendo sempre focalizzata sulla ri­cerca di nuovi mercati e utilizzi per il suo prodotto principale: la matita. Matita che, nonostante l’avanzata di smartphone, ta­blet e programmi per il disegno e la scrit­tura digitale, resta una compagna di vita per ognuno di noi. Lo dimostra il recen­te boom dei coloring book per adulti: professionisti, avvocati e dottori iniziano a colorare per ridurre lo stress, segno di un desiderio crescente di disconnetter­si dal digitale, per riconnettersi alla real­tà fisica. «L’avvento del digitale non ci preoccupa, crediamo molto nel nostro core business», spiega il Ceo di Faber-Castell, Daniel Rogger. «Spesso ci chiedono, chi scriverà ancora a mano tra dieci o vent’an­ni? Perché abbiamo ancora bisogno di matite e penne? La risposta sta nella crea­tività, nella formazione e nella personaliz­zazione, tutti trend emergenti che sono strettamente legati ai nostri prodotti».Su Rogger, alla guida del gruppo tede­sco da poco più di un anno*, con alle spalle esperienze in realtà del lusso come Swatch Group, Richemont e A. Lange & Söhne, pesa l’eredità lasciata dal conte Anton-Wolfgang von Faber-Castell, che ha saputo creare nuovi business (come la profittevole fornitura di matite per i gi­ganti della cosmesi) e reinventare il mar­chio da fornitore di strumenti di scrittura a brand di creatività ed eccellenza, capace di competere più per il valore dei prodot­ti che per il prezzo. Non solo: Rogger è il primo manager esterno alla famiglia in ol­tre 255 anni di storia, con la responsabilità di portare avanti non solo l’heritage, ma anche i buoni risultati dell’azienda.

Iniziamo con una domanda ovvia: com’è lavorare in un’azienda familiare?Fondamentalmente si ha la fortuna di la­vorare fianco a fianco con i proprieta­ri, coloro che hanno creato l’azienda. Si tratta di un enorme vantaggio, perché hai un’esperienza di prima mano di come tutto è nato. Ovviamente si parla di affa­ri a colazione, a pranzo… sei davvero mol­to coinvolto. Per me, dopo nove genera­zioni, la possibilità di un contatto diretto con la famiglia, conoscere la storia dei ge­nitori, dei loro nonni, è stata l’opportuni­tà di ricevere una visione chiara di cosa è importante per l’azienda. Entri realmente in connessione con essa.

Come descriverebbe i Faber-Castell?Sono molto appassionati del business e dell’industria. Penso si tratti di una fa­miglia che pensa davvero a lungo termi­ne. Sono estremamente coinvolti, ma an­che di larghe vedute. Se si guarda al passato, ogni generazione ha dovuto af­frontare le sue sfide, come l’avvento del computer e della tecnologia Cad (com­puter-aided design, alla quale il con­te Anton-Wolfgang, a differenza di altri competitor, non si piegò, ndr), che ebbe­ro un grande impatto sul business. Biso­gna avere un’attitudine mentale al cam­biamento per adattarsi e andare avanti.

Parlando delle sue di sfide, ha avuto diffi­coltà a rapportarsi con loro?No. Nel processo di selezione abbiamo lasciato molto spazio al dialogo, per co­noscerci alla perfezione. Si trattava di una grande passo per la famiglia, che per la prima volta si affidava a un manager ester­no, ma era un grande passo anche per me perché, per essere quel manager, sape­vo sarebbe servita un’intesa perfetta. Do­vevamo pensare allo stesso modo, cono­scere le nostre aspettative, e non scoprire dopo due o tre mesi che non eravamo fat­ti per lavorare insieme.

Qual è stato l’ostacolo più grande da affron­tare e quale il più semplice?(Pausa di silenzio) Bella domanda (ride)! Diciamo che sono abituato alle sfide e penso che la più difficile sia stata appren­dere bene a proposito del business di Fa­ber-Castell. Si trattava di un mondo nuo­vo per me e ci sono sempre delle regole di base in ogni settore, che dovevo impa­rare per iniziare a prendere decisioni che avrebbero influenzato l’azienda. Quindi è stato davvero importante comprende­re il business, perché a livello di manage­ment so come gestire un’azienda e que­sta credo sia stata la parte più semplice.

Ha una lunga esperienza nell’industria del lusso. Faber-Castell è un marchio di lusso?Penso di sì. Quando guardiamo a un mar­chio come Graph Von Faber-Castell, il no­stro top brand, è sicuramente di lusso. Ma si tratta di qualcosa connesso più con la nostra filosofia: ognuno dei nostri pro­dotti, di ogni categoria, si considera di li­vello premium, leader della categoria.

Ha due figli, di 20 e 18 anni, conosce­rà bene come la tecnologia influenzi le nuo­ve generazioni. Quanto è difficile vendere matite e penne nel 21esimo secolo?È sicuramente una sfida. Il mondo sta cambiando, molto più velocemente di quanto siamo abituati. Ci sono diversi modi per comunicare e registrare, ma se guardiamo alla sostanza, del perché scri­viamo e disegniamo, e riusciamo a indi­rizzare questo bisogno di creatività, di personalizzazione all’utilizzo di una ma­tita o di una penna, avremo un futuro ro­seo davanti. Il mercato sta cambiando, ma avviene per ogni tipo di industria. Come tutti, dobbiamo essere in grado di adat­tarci al cambiamento e innovare.

In una recente intervista, ha affermato che disegnare e scrivere farà sempre parte dell’esperienza umana. Crede che tablet e penne digitali non rimpiazzeranno stilogra­fiche e matite? Esattamente. Perché gli strumenti digitali sono qualcosa di diverso.

Ma questi non possono svolgere lo stesso la­voro di quelli analogici?Non penso. Si può anche migliorare la tecnologia esistente, ma non riuscirà a rimpiazzare la libertà d’espressione di penne e matite. Se si scrive attraverso un tablet, ci sarà sempre qualcosa di artificia­le che ti aiuta a farlo e, personalmente, ri­tengo che non si proverà mai lo stesso piacere della scrittura manuale. Realizza­re uno schizzo in digitale, non sarà mai semplice come prendere un foglio e farlo a matita. Certo, so di alcuni artisti che af­fermano il contrario, ma se si analizzano i particolari, ci si accorge che le sfumatu­re non sono la stessa cosa e che un lavo­ro digitale può richiedere anche più tem­po e difficoltà, perché è meno spontaneo. A volte il digitale può complicarti la vita.

Alcune realtà come Moleskine hanno ab­bracciato soluzioni ibride, che uniscono il digitale all’analogico. C’è qualcosa di simile nel futuro di Faber-Castell?Non è la strada che vogliamo percorre­re. Crediamo fortemente in quello che stiamo facendo e penso che in termini di prodotto e di valori, questo sia veramente il nostro futuro. Siamo convinti che l’uo­mo apprezzerà sempre la via analogica nel fare le cose. Sono i nostri valori fon­damentali, la nostra forza.

Quali sono, dunque, le opportunità della di­gital transformation per voi?La digitalizzazione è un’opportunità im­portante per la nostra azienda, ma di con­tatto diretto con le persone, con gli artisti. Attraverso i social network (Faber-Castell conta su un totale di 5 milioni di follower, ndr) possiamo aumentare le interazioni e comprendere meglio il mercato. Gra­zie alla Rete comunichiamo anche i nostri valori, la qualità dei prodotti e, attraver­so tutorial online, insegniamo facilmente come ottenere il meglio da essi.

Ultima domanda: ha già regalato una stilo­grafica Faber-Castell ai suoi figli?Sì, certamente. Entrambi adorano scrive­re con i migliori strumenti in circolazio­ne e, ovviamente, l’hanno apprezzata! Ho un maschio e una femmina, sono en­trambi studenti e utilizzano diversi nostri prodotti. Mio figlio, in particolare, va mat­to per la Castell 9000, me ne chiede sem­pre di più; mia figlia, invece, è un’aman­te dei colori e mi domanda spesso i set di hand lettering. Devo dire che sono di­ventati dei veri fan di Faber-Castell, sen­za che io li abbia spinti più di tanto. È sta­ta una libera scelta (ride)!

*Intervista pubblicata sul numero di Business People, luglio 2018

Credits Images:

Svizzero, classe ‘67, Daniel Rogger è Ceo di Faber-Castell da giugno 2017. Prima di assumere le redini dello storico gruppo tedesco, è stato Ceo dell’austriaca Silhouette International Schmied. In precedenza ha svolto ruoli ai vertici di A. Lange & Söhne, Jaeger-LeCoultre (Richemont) e Tissot (The Swatch Group) - Foto © Anna Seibel