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Eduardo Montefusco: intervista a un cultore dell’innovazione

Affascinato dal mondo che cambia, Eduardo Montefusco, fondatore e presidente del gruppo Rds, guarda sempre avanti. Dalle radio libere alla Dab e oltre, è sempre in cerca di novità che rispondano – e anticipino – le esigenze degli ascoltatori

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Uno startupper ante lit­teram, innamorato del­la radio e della vita. Eduardo Montefusco, fondatore e presi­dente del gruppo Rds è uno che non sta fermo un attimo e che ama guardare sempre avanti, una concezio­ne della radio che potremmo quasi defini­re olistica. Napoletano di nascita, ma roma­no di adozione, per la sua attività nel mondo dell’editoria radiofonica, nel 2012 gli è sta­to conferito il titolo di Cavaliere del Lavo­ro. In partenza per gli Stati Uniti, ha trova­to il tempo di raccontare a Business People com’è nata la passione per le onde medie e quali siano i suoi progetti per il futuro.

Presidente Eduardo Montefusco, lei ha ini­ziato a fare radio negli anni 80, quan­do tutti puntavano sulla televisione. Si è mai sentito controcorrente?
Guardi oggi si parla molto di startupper . Io sono uno startupper  del 1978, quando sono nate le prime radio libere, per la grande pas­sione che ho sempre avuto per l’ascolto ra­diofonico da ragazzo, ho voluto impegnarmi in questo settore, con entusiasmo ed emo­zione. Poi nel 1981 ho comprato Radio Di­mensione Suono che era una radio di Roma.

Rds è una radio di successo sul piano nazionale e internazionale, quali sono i segreti della vostra affer­mazione?
È stato un percorso in varie fasi. Negli anni 80, eravamo davvero degli amatori. Le rac­conto un aneddoto. Allora non avevamo tante risorse e si usavano i trasformatori valvolari. Quando un trasmettitore si ferma­va, gli si dava un colpo bene assestato per farlo ripartire. Il settore è cresciuto e siamo cresciuti noi, in base a scelte strategiche ben precise, prima fra tutte quella di creare un’emozione nei nostri ascoltatori. La nostra missione è far stare bene le persone che ci ascoltano, ma anche quelle che trasmettono e che lavorano nella radio. Siamo in una sede importante sia a Roma, sia a Milano. Investiamo moltissimo sulle strutture. A Roma siamo in una sede di 6 mila metri quadrati con quasi 15 mila metri quadrati di parco. Spazi che ci garantiscono la multimedialità, come il nostro auditorium, dove si sono esibiti i maggiori artisti provenienti da tutto il mondo e che si distingue per la sua acustica e le tecnologie di avanguardia. Quei contenuti audio sono diventati di nostra proprietà e li trasmettiamo su tutte le nostre piattaforme. Da dieci anni siamo diventati una media company. Abbiamo una televisione che è l’unica interattiva a livello mondiale, l’abbiamo registrata in 153 Paesi. Per questo mi reco spesso negli Stati Uniti, molti nostri colleghi sono interessati al nostro modello, perché le proiezioni ci dicono che i nuovi consumatori sono i Millennial e la Generazione Z e sono parte trainante dell’autofinanziamento del nostro gruppo.

Il domani cosa ci riserva?
Stiamo progettando alleanze per la vendita della nostra piattaforma tecnologica a livello mondiale. Si tratta di una vera e propria social tv, che unisce lo streaming radiofonico ai contenuti social in modo organico e compatto. La social Tv RDS è disponibile su diverse piattaforme: sul Digitale Terrestre al canale 265, TivuSat al canale 50, Sky al canale 724, la si può scaricare sul telefonino, visto che si trova anche su App iOS e Android, Apple Tv e naturalmente sul nostro sito Internet. Questo significa che i nostri ascoltatori hanno la loro radio sempre accanto, ovunque si trovino.

Mi pare di capire, presidente, che lei sia un vero e proprio anticipatore di tendenze. Da dove viene questo intuito?
Vede, io sono affascinato dalle novità. Come imprenditore, le cose standardizzate non mi stimolano. I miei figli stanno guidando molto bene il gruppo italiano. Andiamo ogni anno insieme al CES in Las Vegas, così come in Silicon Valley. Sono affascinato dal mondo che cambia e si evolve attorno a noi. Adesso è il momento dell’intelligenza artificiale e del metaverso. È bello avere una costante contaminazione e riportarla in azienda, dove abbiamo professionisti e collaboratori che vengono anche da altri settori, è qui che nasce il reverse mentoring  e lo sviluppo, così come cambiando il paradigma.

Di sicuro non le mancano la curiosità e l’intraprendenza…
Il mio è proprio uno stile di vita. Sono molto concentrato su quello che osservo. Forse anche perché sono spesso in viaggio e ogni anno faccio quasi 200 ore di elicottero.

Pilota lei?
Spesso sì. Sono un grande appassionato di volo da 40 anni e una volta grazie a questo mio interesse ho avuto un’idea con la quale, anche in quel caso, siamo arrivati prima degli altri. Come si ricorderà, negli anni 90 non c’erano ancora i satelliti che davano informazioni sul traffico e nemmeno i telefonini. Con l’aiuto di un piccolo Robinson, ci alzavamo in volo su Roma e sorvolavamo il raccordo anulare, dando notizia di eventuali ingorghi. Per gli ascoltatori della capitale eravamo diventati un punto di riferimento. Oggi sto studiando i droni e il trasporto passeggeri oltre che degli oggetti, come ad esempio i test di ADR con Volocopter, prossima frontiera nelle città.

Avrete avuto anche dei momenti di difficoltà. Come ne siete usciti?
In realtà è proprio il settore radiofonico che ci ha molto allenato alle difficoltà. Noi siamo il fanalino di coda di tutti i mezzi d’informazione, anche se oggi e a distanza di anni siamo vincenti rispetto ad altri media. La radio è l’unico mezzo che sta andando bene sia per quanto riguarda la raccolta pubblicitaria, sia per quanto riguarda la rivisitazione del quadro operativo. Come RDS non ci stanchiamo mai di fare nuovi investimenti. Adesso ci stiamo concentrando molto sugli influencer e coloro che dominano lo scenario sui social. Abbiamo iniziative integrate sul mondo musicale, che interessano molto sia agli ascoltatori, sia alle star musicali, anche loro sempre più attirate dal multimediale. Insomma, siamo sul pezzo, come si dice nel gergo. E dobbiamo esserlo assolutamente, perché non abbiamo né un grande gruppo alle spalle né finanziatori occulti.

Quali sono stati i momenti più critici?
Abbiamo vissuto un crash quando c’è stata la crisi sui mercati finanziari americani, che poi è arrivata fino a noi. Sicuramente sono stati delicati anche questi ultimi tre anni, dove abbiamo affrontato prima la pandemia da Covid-19 e poi questa guerra. Avendo due mercati da seguire, uno italiano e l’altro americano, cerchiamo sempre di bilanciare le due componenti in modo da andare avanti non in mari burrascosi, ma in mari più caraibici.

Una delle sue sfide più recenti è lo sviluppo del Dab, il Digital Audio Broadcasting, ossia la diffusione dell’audio in digitale. Lei è anche il presidente del consorzio. Può spiegare quali siano i suoi vantaggi e perché convenga tanto investirci?
Stiamo testando il Dab dal 2000. Con il Consorzio Dab Italia ci siamo resi conto che andando anche verso un percorso di rivisitazione del quadro operativo, accelerare questo processo è significativo, perché permetterebbe una gestione dei ripetitori molto più fluida e meno impegnativa dal punto di vista numerico. Sarebbe una gestione ben diversa per quanto riguarda gli investimenti e i costi gestionali. Pensi solo a quanto ne potremmo beneficiare a livello di costi dell’energia e pianificazione delle risorse, che potrebbero essere destinate all’ascolto outdoor. Per noi è un aspetto molto importante. Ci sono quasi 11 milioni di persone che ascoltano la radio nella propria auto. Per noi è una fetta di pubblico determinante. Una delle tre bande del Dab è stata assegnata proprio al nostro consorzio. Se il nuovo governo potesse dare degli incentivi per sviluppare questa tecnologia come è stato fatto per il digitale televisivo sarebbe un passo avanti che ci permetterebbe di fare una transizione soft, abbandonando quello che è stato il mondo della FM e delle modulazioni di frequenza. Non va poi dimenticato che il Dab avrebbe un impatto molto positivo anche sull’ambiente. Una diminuzione dei ripetitori significherebbe non solo una gestione meno onerosa, ma anche una sostenibilità in linea con la comunità europea.

Ultima domanda: cosa fa quando non fa radio, non è in viaggio o non vola?
Amo molto lo yoga. Una disciplina alla quale mi ha iniziato la mia compagna di vita, che è una coach spirituale. Faccio anche meditazione. Lo yoga e la meditazione ti danno una capacità di concentrazione sorprendente, che mi è utile nel lavoro, e una predisposizione positiva alla vita di tutti i giorni che mi dà un grande benessere interiore. Mi alimento in modo sano e cerco di vivere al meglio gli anni che mi restano.


Questa intervista è tratta dal numero di Business People di dicembre 2022, scarica il numero o abbonati qui