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La svolta strategica di Ail

Alzi la mano chi non conosce l’acronimo di Ail – Associazione Italiana contro leucemie, linfomi e mieloma. Pochi o nessuno possono infatti dire di non essersi mai imbattuti nelle sue campagne di sensibilizzazione o di raccolta fondi ospitate nelle piazze italiane con la vendita delle uova di Pasqua o delle stelle di Natale, per non parlare delle maratone tv che negli anni le hanno dedicato le reti Rai e Mediaset, tutte attività che hanno come obiettivo principale di finanziare l’assistenza e la ricerca, e secondario (ma non per importanza) di informare il pubblico e i malati di tutte le attività e i servizi che questa associazione, fondata nel 1969 e che ha avuto come timoniere il celebre prof. Franco Mandelli, considerato a pieno titolo il padre dell’ematologia italiana, è in grado di offrire. Non a caso, nel ranking nazionale tra i beneficiari del 5×1000, Ail si colloca al quarto posto tra i destinatari. Oltre cinquant’anni di attività a fianco di medici, ricercatori e infermieri per garantire a tutti i pazienti le terapie più efficaci e l’assistenza necessaria per affrontare al meglio il lungo percorso della malattia, grazie all’attività di 81 sezioni provinciali che coinvolgono oltre 20 mila volontari sparsi in tutto il territorio nazionale. Di fatto Ail ha contribuito a scrivere la storia dell’ematologia nel nostro Paese, facendo diventare l’Italia una destinazione d’eccellenza per queste patologie anche a livello internazionale. Oggi, anche dopo le pesanti ricadute sulla raccolta fondi causate dalla pandemia, l’associazione si appresta a intraprendere un innovativo processo evolutivo che va nella direzione di darsi un piano strategico a lunga scadenza, che è sia strutturale che organizzativo. Un piano che definisce un preciso ambito competitivo e pone degli obiettivi, indicando la strada per conseguirli. In buona sostanza, si tratta di mettere in atto una strategia per far crescere in efficienza e produttività tutta la comunità di Ail. Artefice di questa accelerazione è Francesco Gesualdi, da circa cinque anni direttore generale dell’associazione.

Quanto ha impattato e sta impattando l’emergenza Covid sulla vostra attività di raccolta fondi? Come può immaginare, moltissimo. In pochi giorni abbiamo dovuto prendere atto della necessità che bisognava trovare soluzioni alternative per raccogliere le risorse necessarie per continuare a erogare i servizi forniti ai pazienti e alle loro famiglie. Consideri che dall’oggi al domani abbiamo dovuto sospendere la nostra presenza nelle 5000 piazze d’Italia, per le uova di Pasqua, attraverso le quali solitamente siamo arrivati a raccogliere fino a 6 milioni di euro. Per questo è stata avviata una campagna sostitutiva di raccolta online a tema, “Io sono a rischio”, che ha raggiunto un buon risultato ma nulla di paragonabile a quanto avremmo potuto fare con le iniziative che siamo stati costretti a interrompere. Anche perché, ricorrendo al digitale, s’è perso il contatto umano che di solito si instaura tra donatore e volontario, che svolge una funzione importantissima di scambio e di contatto. Le persone vogliono potersi fidare di coloro ai quali donano i loro soldi.

La diffidenza è dietro l’angolo. Più che altro la gente, e secondo me giustamente, pretende di essere informata su dove vanno a finire le risorse raccolte. E noi siamo così convinti della legittimità di tale richiesta che AIL ha anticipato da anni la legge sul terzo settore sulla trasparenza dei bilanci, redigendo un accurato bilancio sociale che viene pubblicato online, previa certificazione da parte di una società di revisione esterna. Consideri che solo il 20-25% delle risorse viene utilizzato per sostenere la nostra struttura organizzativa, al di sotto dei parametri suggeriti dall’Agenzia per le Onlus mentre il resto dei ricavi è speso in totale trasparenza nell’offrire i vari servizi che AIL offre ai pazienti e alle loro famiglie. Un’altra parte consistente delle risorse è destinata alla ricerca sul campo: Ail finanzia il Gimema (Gruppo italiano Malattie ematologiche dell’adulto), una fondazione non profit che può contare sull’adesione di oltre 140 centri di ematologia presenti su tutto il territorio nazionale, per non parlare del contributo alla formazione e all’aggiornamento del personale sanitario, e della promozione di seminari per i pazienti. Non lo dico per vantarmi, anche perché l’associazione conta mezzo secolo di storia mentre io la dirigo da soli cinque anni, ma Ail è l’attore principe che ha contribuito a fare dell’ematologia italiana un’eccellenza internazionale.

Dunque, in quale ottica ha proposto di recente di dare ad Ail un nuovo Piano strategico? Quanto c’entra la pandemia? Il Covid c’entra nella misura in cui la mannaia che si è abbattuta sulla raccolta fondi ha messo a nudo la vulnerabilità di strutture che si sono da sempre in gran parte rette sulle attività volontaristiche e sul buonsenso estemporaneo. Ma in verità ci eravamo già resi conto da tempo che, se vogliamo mantenere alti gli standard dei servizi offerti, bisogna alzare il livello di responsabilizzazione e di professionalizzazione della nostra struttura di base. Una onlus ovviamente non è una comune azienda, perché risponde a una diversa scala di valori e ha un obiettivo principe che non è certo il profitto, tuttavia tanto quanto un’azienda dobbiamo lavorare in modo efficiente ed efficace per fornire ai nostri “datori di lavoro”, i donatori nonché i malati e le loro famiglie, la massima resa delle risorse raccolte. E per fare questo abbiamo predisposto un piano strategico pluriennale, che ha come obiettivo di guardare al futuro di Ail con una logica di medio periodo, ripromettendosi di dare una direzione chiara per il conseguimento degli obiettivi prefissati, superando le difficoltà e cavalcando le opportunità, adottando metodi innovativi. Si tratta di un’esigenza emersa in modo chiaro nel momento in cui con la presidenza del prof. Amadori il Cda ha ritenuto di doversi dotare di una strategia condivisa per il rilancio dell’associazione.

Da dove pensate di cominciare? Prevedendo un approccio che affronti e immagini il futuro preparandoci a ogni situazione o crisi. Per questo serve un’organizzazione manageriale mutuata dal profit, che sappia attrarre professionisti qualificati dotandosi di tutti gli strumenti necessari. Per prima cosa vogliamo darci un sistema informativo per usufruire di un’adeguata conoscenza operativa e strategica, e una mini-struttura inter-aree capace di verificare la bontà delle attività delle varie sezioni. Per poter rappresentare le nostre istanze, puntiamo a migliorare il nostro presidio delle istituzioni sia a livello nazionale che locale, oltre a voler qualificare l’attività di Ail anche su grandi temi di interesse pubblico, come la crescita sostenibile e la tutela della salute, i corretti stili di vita per favorire una possibile guarigione e la difesa dei diritti dei malati.

Come intendete procurarvi i maggiori fondi necessari? Muovendoci su più fronti. Vogliamo far coincidere la Giornata Nazionale contro le Leucemie con una campagna di raccolta fondi, in più puntiamo a sviluppare una nostra politica sulle donazioni liberali e i lasciti. Intendiamo razionalizzare l’attività di e-commerce costruendo un Ail shop come negozio unico di tutta l’associazione, e potenziare l’attività sui bandi europei e regionali. Allo stesso tempo punteremo su un’innovativa strategia di raccolta fondi online, e rafforzeremo la collaborazione con gli enti pubblici e le società sportive. Da ultimo, ma non per importanza intensificheremo il coinvolgimento delle aziende partner e dei loro dipendenti, e introdurremo la figura del data manager per ottimizzare la gestione del data-base. Tutti questi interventi andranno realizzati tenendo comunque in considerazione che l’asse portante del sistema rimangono i nostri volontari, una risorsa che va tutelata e sviluppata attraverso una campagna istituzionale per far conoscere la nostra attività e attrarre nuovi elementi. Andremo a cercarli oltre il solito entourage di chi è stato direttamente o indirettamente coinvolto nella malattia, promuovendo il progetto di una nostra scuola per la formazione dei volontari che abbiamo presentato in questi giorni.

In cosa consiste il Patto per l’eccellenza che dovrebbe costituire la punta di diamante di tutto il piano strategico? Si tratta di un’attività che coinvolge le nostre 81 sezioni territoriali, che parte dall’esame approfondito in termini di qualità e trasparenza dei servizi offerti. Lavoreremo per migliorare la capacità di offerta dei servizi che le Sezioni devono dare nell’ottica di una crescente trasparenza ed efficienza, stabilendo uno standard minimo. Tutte le Sezioni avranno il supporto di Ail Nazionale per questo lavoro che ovviamente avrà una sua gradualità. Per questo intendiamo creare una cabina di regia per il confronto tra Sezioni e la condivisione di best practice, attivando tutta una serie di interventi utili a implementare il Patto. E questa metamorfosi interna dovrà essere sempre più percepibile anche all’esterno grazie a un’attività di comunicazione che punta al rinnovamento dell’immagine complessiva di Ail, che dovrà essere frutto di maggiori sinergie tra le aree comunicazione, digital e raccolta fondi. Tutto questo perché, come ci piace ripetere in Ail, la solidarietà è la più grande delle imprese, ma può essere costruita solo coniugando disponibilità e generosità, talenti e competenze.

Credits Images:

Da cinque anni al vertice di Ail, Francesco Gesualdi ha ricoperto importanti incarichi istituzionali e dirigenziali, dall’ente Cinema a Cinecittà Holding fino alla carica di segretario generale della Regione Lazio