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Originali si diventa

Sviluppare la propria creatività si può, basta – si fa per dire – uscire dalla comfort zone e provare nuove esperienze. Dopodiché bisogna avere il coraggio di mettere in pratica le proprie intuizioni. Come? Lo spiega in un libro uno dei pensatori più provocatori in circolazione

Tra gli scienziati sociali più influenti di oggi, con un dottorato di ricerca in psicologia organizzativa ottenuto in soli tre anni, Adam Grant è stato consulente di aziende come Google, Merck, Goldman Sachs, Pixar, Facebook e Johnson & Johnson, oltre a vantare il record di più giovane professore di ruolo all’università di Wharton (Philadelphia). Nel 2013, il suo libro Give and Take, bestseller del New York Times, è stato riconosciuto dalla Harvard Business Review come «una delle opere che hanno plasmato il management»; ora, in Originals (pubblicato in Italia da Hoepli con il titolo Essere originali), svela come promuovere nuove idee e come i leader possono incoraggiare l’originalità nelle loro organizzazioni.

C’era davvero bisogno di un altro libro sulla creatività?In effetti, esistono tantissimi titoli su questo tema. Quello che ho cercato di fare è spiegare come procedere dopo aver avuto un’idea perché, ho scoperto, ci sono molte persone che hanno grandi intuizioni, ma davvero poche che le portano avanti. Dunque, in realtà il libro è incentrato su cosa fare, dopo aver avuto un’idea, per metterla in pratica e migliorare il mondo che ci circonda. Mi aspettavo che le persone originali amassero correre rischi, agissero rapidamente, fossero molto sicure di sé e avessero solo un sacco di ottime idee. Invece ho scoperto che tutti questi assunti erano sbagliati e che queste persone sono in realtà molto più simili a noi di quanto si creda: non amano correre rischi, tendono a partire a razzo, ma a prendersi tempo per completare il lavoro, hanno le nostre stesse paure e i nostri stessi dubbi, nonché molte più cattive idee della gente meno creativa. Insomma, il libro cerca di spiegare come ciascuno di noi possa diventare più creativo.

Cosa intende per originalità?Considero originale qualcuno che ha idee innovative e provvede anche a metterle in pratica. Quindi, qualcuno che non solo è creativo, ma che prende anche l’iniziativa.

Quindi, c’è differenza tra creatività e originalità?La creatività è il punto di partenza per l’originalità, ma poi bisogna andare oltre. La creatività concerne la produzione d’idee, l’originalità include anche la loro implementazione.

MOLTI LEADER TEMONO

DI PUNTARE SU UN’IDEA FALLIMENTARE,

PER QUESTO SPESSO

NON RICONOSCONO IL POTENZIALE

DI UNA PROPOSTA

Chi dovrebbe leggere il suo libro?Tutti (ride). L’ho scritto pensando a diversi target: leader che stanno cercando di costruire imprese più innovative; persone che hanno proposte, ma non sanno come presentarle in modo efficace; anche genitori che desiderano crescere bambini creativi.

Come si possono rendere colleghi e dipendenti più originali?Una delle prime cose da fare è riconoscere che l’originalità deriva da un ricco e vario bagaglio di esperienze. Troppo spesso le persone vengono incoraggiate a specializzarsi solo in un campo, così finiscono per avere molte conoscenze, ma limitate a quel settore: è il modo migliore perché finiscano per pensare esattamente come già fatto da tanti altri prima di loro. Bisognerebbe invece cercare di spingere i propri collaboratori fuori dalla propria comfort zone, sfidandoli a diversificare le proprie esperienze, per esempio buttandosi su un hobby artistico. Secondo uno studio affascinante, le persone più originali hanno il doppio delle probabilità di suonare uno strumento rispetto ai loro coetanei, sette volte più probabilità di dipingere, 12 volte più probabilità di scrivere romanzi o poesie e 22 volte più probabilità di esibirsi come attori, ballerini o maghi. Si potrebbe pensare che sia perché i creativi sono interessati a esprimersi in diversi modi, in realtà ci sono evidenze scientifiche secondo le quali il tempo impiegato in attività artistiche cambia anche il modo in cui ci si pone di fronte a questioni scientifiche. Allo stesso modo è provato che lavorare in diversi ruoli e all’estero induce ad avere una visione più ampia sul mondo che ci circonda. Ecco perché penso che spingere le persone a differenziare le proprie esperienze sia un passo importante.

Lei ha un passato da mago, allora anche lei è originale? Quando ho letto quella statistica ero così entusiasta! (ride). Quello che è ho sempre amato della magia, in effetti, è che ti allena al vuja de, ossia a guardare con occhi nuovi cose che hai già visto diverse volte. Come mago, devi osservare ogni oggetto pensando a quale funzione inaspettata potrebbe avere: questo ti costringe a reinquadrare le cose, ad andare oltre l’apparenza iniziale.

Come si distingue un’idea buona da una pessima?Non credo si possa mai sapere con certezza. In primo luogo perché, se un’idea è nuova, non esistono standard su cui basarsi per capire se funzionerà o meno. Però possiamo valutare bene a chi chiedere un feedback in proposito. Leader e manager, in genere, non sono il massimo quando si tratta di predire il successo di una proposta innovativa: in primis perché tendono a paragonarla a quanto già provato in passato, secondo perché temono molto di puntare su un’idea fallimentare, e quindi spesso non vedono il potenziale nascosto in una novità. Meglio chiedere ai colleghi, è più probabile che trovino anche le ragioni per cui la proposta potrebbe funzionare e possono dare input migliori.

Avuta un’idea originale, come si convincono gli altri della sua bontà?Ci sono molti accorgimenti che si possono prendere, quello che ritengo più importante è chiedere consiglio: è uno dei modi migliori per coinvolgere qualcuno e spingerlo a supportarci. Molte ricerche evidenziano come la gente si senta lusingata quando gli viene chiesto un parere, divenendo più disposta a dare una mano.

Non è rischioso essere originali?Molto, ma lo è anche non esserlo. Se sei la copia di qualcun altro, è più facile che un concorrente possa estrometterti dal mercato o che tu possa essere sostituito. Essere originali è il solo modo per rendersi il più possibile indispensabili. Certo, implica anche dei rischi, per questo buona parte del libro parla di come ridurrli al minimo per non distruggere la propria carriera o azienda.

IMPARARE DAGLI ERRORI

Nel 2009 uno dei fondatori di Warby Parker (azienda attiva nella vendita di occhiali online che oggi ha un fatturato annuo di 100 milioni di dollari ed è valutata oltre il miliardo di dollari) propose ad Adam Grant di investire nell’impresa. Lui rifiutò. Oggi la definisce «la decisione peggiore della mia vita sotto il profilo economico». Inutile dire che ha poi sentito il bisogno di capire dove avesse sbagliato. «Di errori in quel caso ne ho fatti molti», dichiara Grant, «ma uno dei principali è stato basarmi solo sulla mia esperienza personale. Mi dissero che volevano fare nel campo dell’occhialeria quello che Zappos aveva già sperimentato con le calzature. Non avevo mai comprato scarpe online e tanto meno avrei ordinato degli occhiali, perché pensavo fosse indispensabile provarli. Così, basandomi su me stesso, ero convinto che come me non lo avrebbe fatto nessun’altro. Avrei dovuto informarmi di più, capire se un simile progetto fosse stato già tentato anche in altri settori», riconosce oggi. «Per esempio, GQ li ha definiti “il Netflix degli occhiali”, una similitudine che sarebbe risultata molto più congeniale alla mia esperienza».