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Lifestyle

Orologi: le boutique delle lancette

Un tempo osteggiati, oggi i monomarca sono considerati una risorsa nell’alta orologeria

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Su Business People abbiamo recentemente affrontato il tema dei negozi plurimarca, quelli a cui la tradizione ci ha abituati e che rappresentano, specie quando si tratta di fascia alta del mercato, un carattere distintivo tutto italiano. Ora affrontiamo una tipologia distributiva che ha preso piede solo alla fine degli anni ’90 e che, a dispetto delle critiche dei più tradizionalisti, ha preso sempre più piede in quest’ultimo decennio: le boutique monomarca, fenomeno in via di espansione, destinato presto o tardi a soppiantare parte del sistema di vendita tradizionale.

A dire il vero, un tempo queste realtà erano dei luoghi un po’ asettici: il cliente entrava nel monomarca scelto, acquistava un orologio e tutto finiva lì. Adesso questo approccio è cambiato e si respira un’aria vicina all’appassionato, amichevole, resa ancora più interessante dalla presenza in vendita di edizioni destinate esclusivamente alle boutique, che rendono obbligatorio l’acquisto in queste realtà. Ma non si tratta solo di incentivare la vendita: «Vogliamo offrire un’esperienza al cliente», dice Ricardo Guadalupe, Ceo Hublot. «Dal momento in cui entra in una delle nostre boutique, che sia a Roma o in Svizzera, deve poter vivere un’esperienza del marchio. Magari non acquista, ma tornerà un altro giorno e acquisterà. Trattare il cliente in un certo modo e trasmettergli i nostri valori. Un negozio multibrand che offre trenta marchi non è la stessa cosa. Magari acquisterà un orologio, ma non sarà la stessa cosa. La boutique deve fare quella differenza».

Ma non è che sia proprio il mercato a essere cambiato? «Oggi i nostri clienti sono internazionali e comprano in tutto il mondo», spiega Andrea Cardillo, Country General Manager Audemars Piguet Italia. «Il nostro obiettivo primario è quello di fornire loro il medesimo trattamento attraverso tutti i canali di acquisto. Resta tuttavia fondamentale la variabile locale alla luce del fatto che ogni mercato è differente e per questo peculiare. Dal 2012 Audemars Piguet, per rispondere al meglio alle esigenze dei suoi clienti, ha ripensato completamente la strategia retail per concentrarsi maggiormente sulle persone. Non solo ha ridotto il numero dei punti vendita nel mondo, per controllare meglio la qualità dell’esperienza di acquisto, ma ha sviluppato anche il nuovo concetto di AP House: una home away from home nata per accogliere clienti locali e internazionali dove il comfort di casa e il calore dell’amicizia hanno la priorità. Come sa, abbiamo aperto la nostra prima AP House nel 2017 proprio a Milano».

Ma come sono cambiate le boutique monomarca, rispetto al passato? «Quello che abbiamo fatto è stato modificare un po’ il paradigma della shopping experience», a parlare è Francesco Viola, Country Manager Panerai per l’Italia. «Le boutique, come i multimarca e i concessionari, continuano a essere una colonna portante per la distribuzione e la presenza di Panerai sul territorio. Vogliamo essere presenti con i nostri monomarca negli hot spot come Milano, Roma, Firenze e Venezia e poi vedremo in futuro anche in qualche altra località, perché la boutique è quella che riesce meglio a rappresentare i valori intrinseci della marca e a far vivere la shopping experience completa al nostro cliente».

I multimarca rimarranno comunque attivi? «Per quanto riguarda i multimarca, devo dire che l’Italia si differenzia molto dagli altri mercati tipo quello francese e quello inglese. A differenza loro, siamo molto decentralizzati e abbiamo un tipo di distribuzione senza le grandi catene internazionali (forse Rocca è l’unica che si può definire così). Questo perché nel nostro tessuto sociale sono molto radicate alcune famiglie storiche che hanno realizzato attività imprenditoriali di successo a livello regionale e che sono arrivate già alla quarta/quinta generazione. Questo fa un po’ la differenza. La Francia, ad esempio, è una nazione tendenzialmente concentrata su città come Parigi e Lione o la Costa Azzurra, in Italia invece ci sono 20 regioni, oltre cento città con una popolazione superiore ai 60 mila abitanti e abbiamo oltre 40 aeroporti; non c’è nessuna altra nazione che è così eterogenea. Per questo la nostra distribuzione è abbastanza atipica. La prima cosa che dicono gli stranieri che vivono nel nostro Paese è che abbiamo troppi punti vendita. Poi però, quando gli racconti e gli descrivi la geografia dell’Italia capiscono che ci sono città che hanno una popolazione, una capacità produttiva e un reddito pro capite di un certo livello e che quindi meritano la rappresentatività di marche più importanti».

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Un particolare della boutique Audemars Piguet di Roma