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Gusto

Ciro Salvo: intervista al re della pizza

Un napoletano doc che al gusto della tradizione unisce abilità tecnica e tanta ricerca. Una ricetta di qualità che ha portato il suo 50kalò anche a Londra

Con la pizza napoletana giunta al dovu­to riconoscimento da parte dell’Unesco, ci sono persone che non possono più na­scondersi dietro un disco di pasta: il ruo­lo del pizzaiolo è ormai cambiato per sempre, e maestri come Ciro Salvo sono i custodi e gli ambasciatori più importan­ti che abbiamo nel settore. Scienza e tec­nica, aggiunte alla storica artigianalità ma­nuale e alla moderna comunicazione, lo hanno portato ad aprire una delle pizze­rie di culto a Napoli, ovvero 50kalò a Mer­gellina (Piazza Sannizzaro) e ad allargare il suo raggio d’azione a panini, cucina e vino con 50Panino e, non ultimo, lo sbar­co a Londra con l’apertura, a fine maggio, a Trafalgar Square nel centro della città.

Come definiresti il tuo stile?Sono nato a Napoli e lo stile della mia piz­za è quello napoletano: pasta morbida e sottile con bordi alti. Scelgo farina a bas­so tenore proteico, lascio lievitare alme­no 20 ore e l’impasto molto idratato, uso moltissima acqua. Il risultato è una pizza altamente digeribile e soffice.

Quanto conta l’ingrediente e quanto la ma­nualità?La manualità è tutto nel mio lavoro. Una corretta manipolazione è fondamenta­le nella realizzazione della pizza, soprat­tutto per gli impasti molto idratati che ri­chiedono una mano esperta e allenata. Potremmo fare un paragone: saper fare le pizze è un po’ come diventare calciatori professionisti, ovviamente con le dovute proporzioni: non tutti ci possono riuscire e non tutti possono emergere come fuo­riclasse. Poi la mia ricerca sulle materie prime non finisce mai. Scelgo dei partner veri e propri, campani soprattutto, con i quali elaboro dei progetti e arrivo anche a chiedere prodotti ad hoc.

Cosa significa fare il pizzaiolo oggi?Per fortuna in questo momento la pizza beneficia di grande attenzione mediatica e sta vivendo un vero e proprio Rinasci­mento. Essere pizzaiolo oggi, paradossal­mente, richiede ancora più competenza e capacità. Vengo, infatti, chiamato per live cooking, congressi, lezioni per trasmettere il mio know how anche di imprendito­re. In ogni caso è un lavoro difficile oggi come ieri.

Cosa dovrebbero imparare i cuochi dai piz­zaioli e viceversa?Nell’immaginario comune la pizza è un alimento semplice, veloce ed economi­co e non sempre è capita la ricerca sul­la qualità e lo studio dell’impasto. Come se l’eccellenza e la professionalità fossero un obbligo solo dei grandi ristoranti. Il la­voro del cuoco è un lavoro molto difficile, così come quello del pizzaiolo, principal­mente basato sulla tecnica. Dai cuochi si impara la diversificazione delle tecniche di cottura, che mi affascinano molto. Da un pizzaiolo napoletano un cuoco può apprendere l’arte della pizza, dall’impa­sto allo staglio della pizza, alla cottura in forno a legna.

Ha aperto un locale per Napoli innovati­vo e coraggioso come 50Panino, qual è l’o­biettivo di questa iniziativa?È un progetto gastronomico nato dal so­dalizio con l’imprenditore Alessandro Guglielmini, basato su una passione con­divisa: la ricerca del buono. È l’hamburgheria di alta qualità, che raccoglie tutta la mia esperienza sull’impasto e la selezio­ne di prodotti di eccellenza. Dalla scorsa primavera lo chef stellato Gianluca D’A­gostino collabora nell’ideazione e mes­sa a punto di ricette e nuovi abbinamenti. Non solo dunque panini ed hamburger: la cucina di 50Panino fa ricerca e si aggior­na di continuo.

I suoi locali si distinguono per una ricca proposta sul fronte del vino, come sceglie?Ho comprato personalmente tutte le bottiglie e le ho assaggiate facendo gli abbinamenti con le mie pizze. Sono scelte personali che ho voluto condivi­dere con i miei ospiti. Ci sono 67 refe­renze di 49 cantine con un’ampia sezio­ne dedicata ai vini al calice. Tutti con un prezzo democratico. L’obiettivo è che il vino “buono” sia protagonista anche in pizzeria quanto la birra. Il vino deve es­sere raccontato e avere un buon prezzo, solo così viene scelto e capito. Ci vuole tempo, ma sono fiducioso. Poi natural­mente c’è anche una buona selezione di birre italiane, belghe e tedesche. È stata pure creata una linea ad hoc per 50kalò dal birrificio Antoniana.