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Editoriale

Stop alla deriva masochistica

architecture-alternativo Credits: © Vincenzo Pinto/Afp via Getty Images

Credo che ogni giorno la realtà ci regali segnali che vanno interpretati, per comprendere meglio il presente e anche il futuro. Possibilmente non nella direzione che più ci conviene. Per esempio, si è fatto – giustamente – un gran parlare della vittoria del “partito dell’astensione” alle recenti elezioni regionali, perché ha raggiunto il 60% degli aventi diritto.

Un plebiscito bulgaro, si sarebbe detto una volta: sono state più le persone che hanno avuto un buon motivo per non andare a votare, di quelle che sono riuscite a darselo. Forse perché non lo hanno cercato, oppure perché non l’hanno trovato, o forse perché non c’era. Una volta era la politica a mostrarglielo, ma nell’epoca dei personalismi si è smarrita ogni prassi. Credo che questo faccia un po’ il paio anche con quella parte di popolazione che ha scelto (o è costretta per indole o storia personale) di non studiare né lavorare. Secondo gli ultimi dati, sarebbero addirittura 3 milioni i giovani italiani tra i 15 e i 34 anni a far parte della categoria dei cosiddetti Neet , che non studiano e non cercano un’occupazione, la maggioranza dei quali vivono al Sud e sono donne. Per non parlare del tasso di disoccupazione ufficiale che si mantiene stabilmente appena sotto l’8%.

Questo ci dice che c’è un’ampia fetta della popolazione esclusa dalle dinamiche insite in qualsiasi comunità, dinamiche che sono certamente economiche ma soprattutto sociali, culturali ed educative. Il senso è che – in un verso o nell’altro – ci stiamo perdendo parte del Paese, e che le famiglie e la scuola non riescono più a fare da argine all’emarginazione e all’auto-esclusione che si stanno allargando a macchia d’olio. Ma chi può farlo allora? Credo che questo sia un quesito cruciale che tutti dovremmo porci e a cui dovremmo provare a dare una risposta. Bisogna tornare a serrare i ranghi e ricominciare a progettare il Paese che vorremmo, perché come ebbe a dire tempo fa Papa Francesco «se non ci si salva tutti, non si salva nessuno».

Capisco che i segnali che vengono dalla politica, nazionale e internazionale, non siano incoraggianti, per non parlare delle traversie che sta affrontando l’economia del Paese e quella delle famiglie, o dei disastri naturali e innaturali (vedi la guerra) che stanno investendo il mondo, ma credo che appunto per questo sia giunto il tempo di fare un po’ tutti, se non un passo indietro, almeno di lato per impedire alla deriva masochistica di ampliarsi ulteriormente.