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Lavoro

Fenomeno Coworking

Nato in California, è sbarcato anche da noi. Consiste in una rete di professionisti freelance che dividono un ufficio a partire da una filosofia che mette al primo posto la relazione, non il business. Ecco cosa dice chi l’ha provata. (a proposito, si chiamano: “coworker”)

Nel 2005 a San Francisco nacque un fenomeno sociale ed economico che solo ora comincia a fare breccia in Europa. I primi a realizzarlo furono, per motivi prevalentemente pratici, un gruppo di freelancer californiani senza un ufficio fisso e con orari cosiddetti «destrutturati», abituati, cioè, a lavorare online. Ma erano stanchi di essere costretti a connettersi alle reti wifi (gratuite) dei locali della città e così iniziarono a condividere un ufficio dando vita al coworking. In Italia Cowo (Coworkingproject.com) è l’unico network di Coworking esistente. È nato a Roma nel 2007 e da allora la community di Coworker italiani non ha smesso di crescere. La sede milanese venne aperta nell’aprile del 2008 da Laura Coppola e Massimo Carraro, soci-fondatori dell’agenzia di comunicazione Monkey business/advertising in the jungle che propongono postazioni di lavoro in un ambiente collaborativo attraverso un semplice blog. «Dopo circa dieci mesi, viste le frequenti richieste, abbiamo lanciato il progetto di network conosciuto come “Coworking Project by Cowo”», un programma di affiliazione per chiunque voglia fare la stessa cosa», racconta Massimo Carraro. Il network Cowo conta oggi 47 spazi operativi in 24 città. Solo Milano ne conta 18. La filosofia che sta alla base del progetto non è solo la possibilità di risparmiare sulle spese di gestione di un ufficio, quanto la convivialità. Un valore che riesce ad unire persone di culture e orizzonti professionali diversi in un’unica stanza. «Non c’è un profilo tipico. I Coworker provengono da tutti i settori professionali», spiega Massimo Carraro. Se l’aspetto economico influisce, non è tuttavia determinante. A destare l’interesse per il Coworking è soprattutto la volontà comune di condividere e di lavorare in un’atmosfera collaborativa in mezzo a nuovi potenziali partner o amici. Il senso di Community è molto forte. «Quando arriva una nuova persona si scambiano i biglietti da visita», racconta Massimo Carraro. Oltre l’orientamento alla relazione, le chiavi del successo del format sono un prezzo sostenibile e una online attitude. Una filosofia riassunta in un’unica frase: «Numero uno, la relazione. Numero due, il business». Diventare un Coworker «residente» (con postazione fissa) o occasionale è piuttosto facile. Basta visitare il sito coworkingproject.com e consultare la lista delle città italiane in cui è possibile usufruire del servizio presso spazi affiliati al network Cowo. Per chi viaggia spesso all’estero per lavoro, su coworking-milano.com sono elencati alcuni indirizzi di spazi nelle varie città del mondo. «Non ci sono né iscrizione né formalità particolari, si viene un giorno su appuntamento per una prova gratuita, poi si decide», spiega Massimo Carraro. Al contrario di altre formule, il Coworking è un strumento di lavoro molto flessibile: non necessita infatti di nessun impegno a lungo termine. I costi? 50 euro per tre giorni al mese, 150 euro per 10 giorni e 250 euro mensili con orario 24/7. Il servizio comprende connessione internet wifi per il proprio portatile e stampante. A volte qualche svago (in Via Lomazzo a Milano c’é addirittura un biliardo). Ma, anche e soprattutto, nuovi «colleghi» con cui condividere un caffè. E perché no, fare business.

Con chi lavoro oggi?Il bello del coworking per alcuni è che non sai mai chi incontrerai in ufficio. «Il Cowo è una soluzione che dà risposte a tante piccole esigenze», racconta Giorgio Rimini, Direttore Commerciale di Microban, «alcune delle quali possono anche essere latenti». Un Cowo ti offre la possibilità di scegliere dove e quando lavorare fuori casa, a costi ragionevoli e con la possibilità di incontrare altri professionisti: ci sono aspetti di stabilità (il Cowo è lì quando ne hai bisogno) e di varietà (non sai mai chi incontrerai quel giorno). «Il Coworking», continua Giorgio Rimini, «non è la soluzione ideale per tutti, ma vale la pena provarlo per esplorare i vantaggi di un modo di lavorare differente e stimolante».

Feeling quotidianoPer altri, il segreto di questa formula è la passione che si crea tra chi condivide gli spazi lavorativi. «Ho scoperto il Cowo di Milano a gennaio di quest’anno, per mia grande fortuna», sottolinea Michele D’Amore titolare di The Forwards, «Le soluzioni lavorative che si possono applicare a uno spazio di co-lavoro sono infinite. Per prima cosa, a un costo di affitto basic, è possibile usufruire dei vantaggi di una struttura eccellente. Inoltre, con i pacchetti di acquisto, si ha la certezza di poter usare il proprio spazio solo quando è necessario». La differenza che rende il Cowo speciale è la sinergia di passione e progetti che si crea tra i componenti, ognuno con una sua specializzazione. «Il feeling che ne nasce è talmente forte e bello» – chiude Michele D’Amore, «che il cliente in visita pensa che tutti stiano lavorando allo stesso progetto! Per una realtà indipendente e “guerrigliera” come la nostra, il Cowo è il posto giusto!».