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Guida agli investimenti post Covid-19

Come costruirsi un portafoglio in grado di sopravvivere a una caduta verticale dei listini

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Facebook, Apple o Netflix? Gli investitori del Nasdaq, il mercato di Wall Street dove sono quotati i maggiori titoli del settore tecnologico statunitense, non hanno che l’imbarazzo della scelta: negli ultimi mesi, infatti, le azioni di tutti e tre questi giganti dell’era di internet hanno macinato rialzi su rialzi, spingendo più volte il listino ampiamente al di sopra dei 10 mila punti, verso nuovi record storici. Dunque, all’inizio dell’estate, la comunità finanziaria americana e pure quella europea si sono lasciate alle spalle i brutti ricordi di marzo, quando lo scoppio della pandemia del coronavirus ha messo in quarantena mezzo mondo, bloccando l’economia dei maggiori Paesi industrializzati e facendo crollare le Borse di quasi tutti e cinque i continenti.

Basti pensare che in sole quattro settimane, tra il 19 febbraio e il 20 marzo, lo stesso Nasdaq ha perso più del 27% per poi recuperare tutte le perdite nei mesi successivi, fino ad arrivare alle performance dei giorni nostri. La stessa cosa hanno fatto più o meno tutte le maggiori Borse internazionali che, dopo il brusco scivolone di fine inverno, a primavera hanno viaggiato, invece, con il vento in poppa. Così hanno fatto l’italiana Piazza Affari (+30% tra marzo e giugno), la Borsa di Londra (25% in un semestre) o quella di Francoforte (+50% circa).

Dunque, davvero la comunità finanziaria internazionale pensa che l’emergenza Covid-19 sia ormai soltanto un incidente di percorso? Quasi sicuramente no. Anzi. Una nuova eventuale ondata dell’epidemia in autunno, contro la quale tutti fanno ovviamente gli scongiuri, sarebbe capace di riportare i listini ancora sull’orlo del baratro nel giro di pochi giorni o settimane. Piuttosto, sui mercati è avvenuto quello che è sempre accaduto quando arriva il “cigno nero”, cioè un evento inaspettato che semina il panico tra gli investitori: prima c’è stato un crollo e poi una graduale ripresa, dovuta negli ultimi mesi anche ai massicci interventi delle banche centrali, che hanno inondato di liquidità il sistema finanziario. Fu così pure nel 2007 con la crisi dei mutui statunitensi ad alto rischio (i sub prime) o nel 2008 con il fallimento della banca d’affari Lehman Brothers, che ha provocato la più grande recessione economica del Dopoguerra. Ma l’emergenza coronavirus, come le crisi del passato, lascia un bel po’ di insegnamenti a chi vuole costruirsi un portafoglio di investimento capace di non liquefarsi di fronte a una caduta verticale dei listini.

Il primo insegnamento di cui far tesoro è quello di avere sempre un patrimonio ben equilibrato, composto di diversi strumenti finanziari: azioni, obbligazioni, fondi azionari e obbligazionari, dosando così l’esposizione al rischio ed evitando di farsi prendere dal panico quando le Borse sono in picchiata. Con i tassi d’interesse sottozero come oggi, infatti, i titoli di Stato e le obbligazioni sono assai avari di rendimenti e chi vuole far fruttare il capitale non può rinunciare a posizionarsi, seppur cum grano salis, anche nel settore azionario. L’importante però è non spaventarsi e mantenere le proprie posizioni anche nel caso di qualche brusca retromarcia dei listini. Già negli anni passati diversi studi internazionali hanno cercato di misurare quanto costa ai risparmiatori farsi prendere dal panico. Un’analisi della rivista statunitense Advisors Perspective, molto letta dai consulenti finanziari, ha calcolato per esempio che oltre il 70% delle perdite accumulate dagli investitori negli ultimi 35 anni sull’S&P 500, uno dei maggiori indici di Borsa americani, dipende da dieci periodi di crolli molto brevi (limitati a un mese) recuperati nel 93% dei casi entro l’anno successivo. Darsela a gambe quando i mercati traballano, insomma, è un grosso errore.

Certo, la crisi del coronavirus ha indubbiamente alcuni tratti distintivi che la differenziano da quelle che l’hanno preceduta. Con mezzo mondo in lockdown, il principale alleato di milioni di famiglie e di consumatori è stata indubbiamente la tecnologia. Grazie alla connessione a Internet, alla banda larga, ai social network, alle videochiamate, al commercio elettronico e alle applicazioni per lo smart working, una parte del mondo di fatto non si è mai fermata, benché le strade delle città fossero deserte. Ecco allora che, nel costruire i portafogli d’investimento, i gestori dei fondi e i consulenti finanziari sono giunti a una conclusione che fino a qualche anno fa sembrava impensabile: i titoli del settore tecnologico, che sono sempre stati i più volatili nei prezzi quando i mercati sono ballerini e amati soprattutto da chi era disposto a subire delle oscillazioni da cardiopalma per i rendimenti, ora stanno diventando sempre più adatti anche e soprattutto a chi gioca in difesa e vuole proteggere il portafoglio dagli effetti delle crisi finanziarie.

Ci sono infatti fenomeni di lungo periodo, che gli analisti finanziari chiamano megatrend, destinati a cambiare l’economia del pianeta e le abitudini dei consumatori. Sono fenomeni come lo smart working, l’e-commerce, i pagamenti elettronici al posto del contante o la mobilità elettrica, tutti legati a doppio filo proprio alla tecnologia. Il tutto, accompagnato a una maggiore sensibilità delle aziende e degli operatori economici verso i temi Esg, acronimo che indica le parole inglesi environment, social e governance, cioè la sostenibilità ambientale, la responsabilità sociale e la trasparenza della gestione delle aziende (si veda il commento di Francesca Colombo, di Etica Sgr, ndr). I temi Esg, così come i megatrend, faranno crescere nei decenni a venire i ricavi e i profitti di quelle aziende quotate in Borsa capaci di cavalcare in anticipo tali cambiamenti epocali.

Per questo l’oggetto del desiderio degli investitori internazionali sono oggi società come i cosiddetti Faang (Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google), il produttore di auto elettriche Tesla, il gestore di pagamenti elettronici PayPal, le web company cinesi Baidu o Alibaba, ma anche il produttore di applicazioni per videoconferenze Zoom o l’operatore di telemedicina Teladoc. Sono aziende che nel medio e lungo periodo hanno buone probabilità di essere ancora in piedi a fare utili, anche se il coronavirus o qualche altro cigno nero avranno cambiato il mondo.

Articolo pubblicato su Business People, luglio-agosto 2020

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La sede di Wall Street, a New York ((Usa) © iStock