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Benvenuti nell’era del walletphone

Le app di mobile payment stanno trasformando ancora una volta l’uso del telefono cellulare. In attesa di poter pagare la spesa con un semplice “sì”, ecco cosa serve per vincere la guerra al contante: rendere la vita più comoda

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«Non puntiamo solo a sostituire le carte di credito di plastica per numero di transazioni e importo medio, vogliamo prendere il posto del contante per la maggior parte dei pagamenti, portando un vantaggio a tutto il sistema-Paese». Non è una sfida da poco quella che si pone Antonio Bosio, papà di Samsung Pay in Italia. L’app della multinazionale sudcoreana si prepara a sbarcare nella Penisola, completando un quadro già ricco di concorrenti (non ultima Apple Pay) nei pagamenti di prossimità. «Spesso è più scomodo prendere il portafoglio che avvicinare al Pos lo smartphone», sottolinea il Product & Solution Director di Samsung. «Il nostro servizio punterà sull’usabilità: a partire dalla virtualizzazione della carta di credito fino al momento del pagamento vero e proprio».

Le caratteristiche del mobile payment

Non servirà nemmeno sbloccare il telefono per completare la transazione. Usabilità, velocità, ma soprattutto universalità: sono le parole d’ordine che porteranno il mobile payment al successo. In particolare l’app di Samsung sarà in grado di pagare sia tramite la tecnologia di prossimità Nfc, sia simulando la banda magnetica della carta di credito. Senza dimenticare la sicurezza – ci si può “scordare” il portafoglio, mentre ci si accorge di aver smarrito lo smartphone in una media di sei minuti – e l’indispensabile aspetto della “convergenza”, per esempio con le tessere punti delle grandi catene. Basterà una sola operazione per ottenere quello che oggi si fa passando due tessere al cassiere e digitando un pin. Mica male. Eppure è solo l’inizio.

I nuovi scenari dei pagamenti via smartphone

Quale sarà dunque il futuro? Se ormai le operazioni con l’impronta digitale sono realtà di tutti i giorni, Samsung ha puntato molto anche sulla scansione dell’iride per autorizzare le transazioni. Ma le sperimentazioni nel campo della biometrica proseguono così vorticose da far sembrare incredibilmente obsoleto il vecchio pin. Quello che in troppi ancora conservano vicino alla carta, facilitando il lavoro dei malviventi. In India le impronte digitali sono registrate a livello statale, così come avviene in Russia con i volti. Addirittura nel Regno Unito il gruppo bancario Rbs ha lanciato BioCatch, un sistema che cattura oltre 500 consuetudini comportamentali – come la coordinazione tra vista e movimento/livello di pressione delle dita – per rilevare eventuali anomalie nell’identità del cliente. Basterà essere se stessi per autorizzare le operazioni. Senza dimenticare il chip sottopelle, tanto discusso dai complottisti che temono un controllo sull’umanità, ma per ora sperimentato solo dall’americana Three Square Market come strumento per comprare gli snack ai distributori automatici al posto dei quarti di dollaro. La frontiera più difficile da raggiungere potrebbe essere quella del riconoscimento della voce, che renderebbe inutile persino tirare fuori lo smartphone dalla tasca. Sarà sufficiente pronunciare una certa frase e il sistema farà il resto (Citigroup ha iniziato a offrire questo servizio ad alcuni clienti). Mentre altri visionari propongono sistemi di telecamere in grado di riconoscere i volti dei clienti abituali che potrebbero così prendere gli articoli desiderati e uscire senza nemmeno passare dalla cassa. Roba da serie tv per la caccia ai terroristi. «Si tratta di soluzioni costose, che solo le grandi catene possono permettersi. La vera innovazione nel mobile payment è farlo diventare una soluzione democratica per pagare all’edicola, al bar o al supermarket. Solo così si possono cambiare davvero le abitudini dei consumatori», sottolinea Alberto Dalmasso, fondatore e Ceo di Satispay, app di pagamento tutta italiana. Insomma, se la tecnologia promette panorami inesplorati, bisogna motivare le persone affinché si mettano in cammino per scoprirli.

Il caso Satispay: la parola al fondatore e Ceo Alberto Dalmasso

Satispay si è concentrata sugli accordi con brand e merchant (Esselunga, Benetton, Caffè Vergnano, Carrera Jeans, Domino’s Pizza, Grom, Moleskine e Old Wild West) e ha appena rilasciato la terza versione della sua app: «Abbiamo ridisegnato la struttura, perché sette volte su dieci l’app viene aperta per pagare», aggiunge Dalmasso. «Era inutile dare come prima opzione il bilancio delle spese, bisognava spostare il focus sulle transazioni e l’esplorazione ». Non ho contanti e voglio prendere un caffè? Cerco un bar che accetti Satispay. Voglio fare shopping? Trovo un negozio che mi offra un servizio di cashback. L’app – che registra una media di otto transazioni al mese per cliente contro le 2,8 delle carte di credito – ha integrato anche la possibilità di ricaricare la sim dello smartphone. E punta a crescere ancora attraverso la collaborazione con i retailer. «Il nostro sistema consente ai commercianti di far leva su tre elementi fondamentali: prossimità, fidelizzazione e ricerca. Proprio come su internet la pubblicità mi segue in base ai miei interessi, lo stesso può avvenire con Satispay, che porta nel mondo fisico molte caratteristiche della promozione online. È ideale per piccole attività per farsi conoscere e attirare nuovi clienti» attraverso sconti e promozioni. «Un’app non deve trasformare lo smartphone in una carta di credito da appoggiare sul Pos, altrimenti non cambia il mondo», conclude il n.1 di Satispay. «Non a caso il servizio più usato negli Stati Uniti è quello di Starbucks, che permette di prenotare il caffè mentre si va in negozio, saltando la fila e accumulando punti e sconti».

Il mobile payment in Italia

Intanto, le previsioni della multinazionale Worldpay fissano nel 2019 il traguardo per il sorpasso dei pagamenti mobile su quelli con cash e carte di credito. Non potrebbe essere altrimenti, visto gli investimenti sul piatto. Le aziende di elettronica sono scese in campo – Apple, Huawei e, appunto, Samsung – così come i colossi del web: Amazon, PayPal e Google, con WhatsApp che si prepara. Per non parlare di Alibaba e il suo Alipay. E se ci sono ostacoli legati agli accordi con le banche, ci pensa Boon (carta di credito ricaricabile virtuale) ad aggirarli. Altrettanto hanno fatto i professionisti del denaro – dalle banche alla carte di credito (MySi Pay di Cartasì) fino a Sisal con Soldo –, così come le grandi catene commerciali (Carrefour) e le aziende di telefonia (Vodafone Pay e Tim Wallet). E poi c’è l’universo delle app “native”: Jiffy, Tinaba e la già citata Satispay. Persino l’ingessato mercato tricolore ha registrato un +63% nei pagamenti via smartphone nel 2016 (3,9 miliardi di euro, dati dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano). I numeri di Cina e India restano lontanissimi, ma anche la Francia viaggia a tripla velocità. Allora, che cosa farà differenza tra la next big thing e l’ennesima rivoluzione finita nel dimenticatoio? «L’obiettivo più importante da realizzare in un sistema di mobile payment è aumentare le occasioni d’uso», conferma Roberto Ferrari, Group Digital and Innovation Officer di Mediobanca. Dal pagamento dei bollettini alla mobilità, con la possibilità di pagare la sosta in molte grandi città e negli aeroporti milanesi: questi sono i punti di forza di WoW, il wallet of wallets creato da CheBanca!, l’istituto di Mediobanca dedicato al risparmio e agli investimenti, e aperto anche ai non clienti (ha già raggiunto 70 mila utilizzatori). «I pagamenti che funzionano meglio sono quelli integrati a un’esperienza d’uso», dicono i dati in possesso di Ferrari. «È tutta questione di convenience in termini di tempo o di esperienza complessiva».

La chiave del successo del mobile payment

Eppure, nemmeno negli Stati Uniti i consumatori hanno abbandonato del tutto il portafoglio per lo smartphone. «Nessuna piattaforma ha ancora fatto veramente la differenza, ad esempio le stime ci dicono che Apple ha un tasso di uso dell’8%: è qualcosa, ma non è disruptive », chiarisce Ferrari. «Era già successo quando le telco provarono a implementare i pagamenti via Nfc. Le esperienze più efficaci sono invece quelle dei retailer, come Starbucks o Walmart. Se l’app è embedded nell’esperienza di acquisto e garantisce servizi a valore aggiunto, allora può raggiungere tassi di crescita altissimi». Il futuro del mobile payment deve puntare all’invisibilità, a essere il più possibile seamless. Un po’ come hanno fatto sistemi come Paypal o Amazon, che permettono di pagare con un clic. O nella “vita vera” la piccola grande trasformazione portata dalla Oyster Card di Londra, «una contactless che ha raggiunto 10 milioni di utilizzatori e copre l’80% delle transazioni del sistema di trasporto pubblico. Ha cambiato le abitudini dei cittadini».

* Articolo pubblicato su Business People, ottobre 2017

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