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Imprese, i tempi di pagamento si allungano e i protesti aumentano

I ritardi sono cresciuti soprattutto tra le PMI, tra le società che operano nei servizi e nel Mezzogiorno

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Dal mondo delle imprese italiane arriva una brutta notizia. Per la prima volta da sei anni, i tempi di pagamento smettono di diminuire: dopo mesi di calo costante, nel terzo trimestre 2018 c’è stata una sostanziale stabilità. In media, infatti, le nostre aziende hanno pagato i fornitori in 71,7 giorni, cioè 13,1 in più rispetto alla scadenza, proprio come lo scorso anno. A dirlo l’ultimo Osservatorio protesti e pagamenti di Cerved, primario operatore in Italia nell’analisi e nella gestione del rischio di credito, secondo cui la situazione non è comunque uniforme: se da un lato sono aumentate le società con grave ritardo, cioè che pagano oltre i 60 giorni (passate dal 6% al 6,1%), rischiando di non pagare affatto o addirittura di andare incontro a veri e propri default, dall’altro sono aumentate anche quelle puntuali (dal 47,7% al 51%). Le più lente? I ritardi sono cresciuti soprattutto tra le PMI (da 10,9 a 11 giorni), tra le società che operano nei servizi (da 14,7 a 15 giorni) e nel Mezzogiorno (da 19,7 a 20,2 giorni).

Le imprese più in difficoltà sono quelle del sud

Ma le cattive notizie non sono finite. Nel terzo trimestre 2018 torna a crescere anche il numero di società con almeno un assegno o una cambiale protestati. Nel dettaglio, fra luglio e settembre sono state protestate 7.656 imprese non individuali, il 7,5% in più rispetto al minimo storico dello stesso periodo del 2017 (-28,6% sul 2016). I settori più colpiti dal fenomeno? Quello delle costruzioni (+12,9%), seguito da quello dei servizi (+9%). L’aumento maggiore dei protesti si osserva nel nord-ovest (+11,9%), in particolare in Liguria (+18,1%) e in Lombardia (+12,6%). Tuttavia, l’area in cui la situazione è più grave rimane il sud, dove i protesti passano da 3180 a 3348 (+5,3%), con incrementi consistenti in Basilicata (+22%), Molise (+19%), Calabria (+18%) e Campania (+10%), ma anche riduzioni in Sicilia (-6%) e Sardegna (-10%).