Oltre al cuore ci vuole cervello

Il suo motto è “Ragioniamo col cuore”, l’obiettivo diffondere il concetto di filantropia strategica in Italia. Si tratta del quasi neonato Centro Studi Lang, afferente all’omonima Fondazione, primo nel nostro Paese a offrire consulenza e formazione in questo campo. Perché se il Belpaese, dove operano non poche organizzazioni non profit, fondazioni private e famiglie dedite al volontariato e al mecenatismo, vanta un’antica tradizione nell’ambito della beneficienza, quello che ci manca è un approccio più strutturato, che alla bontà di cuore unisca strategie ragionate per utilizzare al meglio le risorse disponibili. Ne abbiamo parlato con Tiziano Tazzi, presidente della Fondazione.

Presidente, cosa s’intende per filantropia strategica?Semplificando molto il concetto, direi che si tratta di trovare il metodo per spendere bene quanto viene messo a disposizione nell’interesse dei beneficiari, di oggi e di domani, degli interventi filantropici. Troppo spesso si fa l’errore di pensare che il non profit, in quanto tale, possa essere gestito con livelli qualitativi diversi – cioè più bassi –, che non richieda una gestione rigorosa delle risorse e delle attività.

Avete ritenuto necessaria la nascita della Fondazione e del Centro studi per rispondere a una carenza tutta italiana in questo senso?Il problema non riguarda solo il nostro Paese, ma tutto il mondo. Ci sono però Nazioni che sono più avanti rispetto a noi, per questo siamo legati ad altre istituzioni europee e abbiamo stretto un accordo con il Morino Institute di Washington. Il suo fondatore, Mario Morino, può essere considerato il guru della filantropia strategica e questa stretta relazione rappresenta per noi un faro sugli Stati Uniti, sicuramente più evoluti del Vecchio Continente in questo campo. Noi italiani, soprattutto, tendiamo a essere un po’ schiavi dell’emotività. Dovremmo imparare ad andare oltre. Non dico, naturalmente, di sopprimere questa componente importante, ma di associarle un po’ di razionalità. Un primo passo per farlo è non dimenticarsi di valutare, in corso d’opera e in conclusione, l’impatto dell’azione intrapresa.

Possiamo fare un esempio?C’è un caso esemplare che cita spesso anche Mario Morino. In una piccola cittadina non lontano da Cleveland erano stati registrati diversi casi di maltrattamento da parte dei mariti nei confronti delle mogli, così si pensò di intervenire invitando gli uomini sposati della città a una serie di interviste con degli psicologi. Dopo sei mesi, una rilevazione ha messo in luce che, paradossalmente, i casi di violenza erano aumentati. È emerso che, nel corso delle interviste, i mariti si erano resi conto che il fenomeno non riguardava solo loro, ritenendosi così “giustificati”. Credo sia un esempio lampante di come un’iniziativa apparentemente ottima possa, in realtà, avere effetti imprevisti e di quanto sia, quindi, importante rilevare i risultati di ogni attività per accertarsi che siano quelli desiderati.

Come si fa a valutare l’impatto dei progetti?Esistono decine e decine di metodi, purtroppo le organizzazioni che li utilizzano sono molto poche. Il motivo è molto semplice: sono estremamente complessi, troppo per realtà di piccole o medie dimensioni. Per questo abbiamo messo a punto un nostro modello – lo chiamiamo delle 3C&4P – che prende in considerazione non solo quanto viene fatto, ma anche come, e quindi la coerenza dell’organizzazione impegnata in quell’attività. È un sistema semplice e pratico, adatto anche ai “piccoli”, che sfruttiamo nella nostra attività di consulenza.

IL MODELLO 3C&4P IN BREVE

l modello 3C&4P nasce per valutare le caratteristiche di un’azione filantropica prima che venga posta in essere (per valutare l’impatto che avrà sulla realtà), durante (per valutare l’andamento delle attività) e al termine della sua esecuzione (per un bilancio). Presuppone l’esistenza di una situazione migliorabile attraverso un intervento mirato. Viene definito “motore di miglioramento” il progetto (o l’organizzazione che lo promuove) che, nella valutazione 3C&4P, consegue un punteggio elevato.

Le tre C– rimozione delle CAUSE di una situazione che vuole migliorare- CONTINUITÀ dell’intervento che si intende realizzare- CREATIVITÀ della soluzione proposta, ovvero capacità della soluzione di creare nuove opportunità

Le quattro P– PERFORMANCE: livello efficienza ed efficacia- PLANET: risultati attesi rispetto all’ambiente naturale nella sua accezione ecologica- PEOPLE: risultati attesi rispetto alla qualità della convivenza umana- PERSON: risultati attesi rispetto alla qualità fisica, mentale e spirituale della persona

A questo proposito, cosa fa il Centro Studi Lang?Ci muoviamo su tre grandi aree. Innanzitutto c’è l’attività di formazione, concretizzatasi quest’anno nel primo corso di executive education in filantropia strategica, per il quale abbiamo addirittura dovuto attivare una lista di attesa. Poi lavoriamo come consulenti per persone fisiche e aziende attive in iniziative di beneficienza, ma anche per le onlus che ricevono i fondi e devono utilizzarli al meglio. Infine, la terza area di attività è quella di gestione di portafogli di iniziative. Siamo proprio all’inizio del lavoro di selezione, ma seguiremo essenzialmente due settori: l’educazione all’infanzia e l’integrazione tra medicina tradizionale e medicine alternative. Su questi progetti metteremo in piccola parte anche i nostri fondi, ma soprattutto lavoreremo per attirare l’interesse di altre organizzazioni, filantropi e aziende, e convogliare le loro risorse sulle iniziative monitorate, valutate e selezionate da noi in base a criteri trasparenti.

Nella vostra storia si legge che la Fondazione è stata istituita nel 2010 per volontà di un filantropo milanese. Come mai non compare il suo nome?La sua identità non è segreta, il suo nome compare nell’atto istitutivo del Lang Trust che è un atto pubblico. Semplicemente si tratta di una persona che non ha interesse a mettere in mostra se stessa, ma il nostro progetto. Anche la scelta del trust non deve essere vista con sospetto, perché si tratta di uno strumento che, istituito nel modo corretto, offre al non profit vantaggi indiscutibili: non solo permette di mettere un fondo stabilmente a disposizione di un’iniziativa benefica, ma anche di indirizzare e definire il programma che dovrà essere realizzato dal trustee nell’interessere dei beneficiari finali.

UN ESEMPIO CONCRETO

Due organizzazioni non profit (A e B) sono impegnate a realizzare pozzi per l’estrazione di acqua da destinare all’irrigazione di colture in due diversi villaggi africani.

Raccolgono ciascuna 10 mila euro, ma destinano importi diversi al progetto perché non hanno gli stessi costi di struttura:• A destina 7 mila euro al progetto (30% di costi di struttura)• B destina 8 mila euro (solo 20% di costi di struttura)

Primo livello di scelta “filantropica”: “efficienza organizzativa”. Si dovrebbe scegliere B, perché ha costi di struttura più bassi: solo 20%.

Costruiscono i pozzi con materiali e metodi diversi, che danno “rese” differenti:• A costruisce un pozzo che estrae 7.700 litri di acqua (1,1 litri per euro impiegato)• B estrae solo 7.200 litri di acqua (0,9 litri per ogni euro impiegato)

Secondo livello di scelta “filantropica”: “efficienza di processo”. Dovremmo scegliere A, perché con gli stessi 10 mila euro iniziali è riuscita a produrre più acqua. In effetti, i suoi maggiori costi di struttura sono stati utilizzati per fare una ricerca approfondita sui metodi di estrazione dell’acqua.

Utilizzano l’acqua per irrigare due diverse colture:• A per un campo di riso che richiede minimo 8.500 litri d’acqua: l’acqua non basta e il riso non cresce• B per un campo di patate che richiede minimo 7 mila litri di acqua: l’acqua è sufficiente e la coltura ha successo

Terzo livello di scelta “filantropica”: “efficacia dell’intervento”. Chiaramente l’organizzazione da scegliere è B, perché è l’unica che ha raggiunto un risultato utile ai beneficiari finali. Anche se non ha svolto il suo lavoro nel modo più efficiente, ha curato con attenzione le esigenze effettive del villaggio.

MORALE• Scegliere solo in base alle spese di struttura può portare a fare errori, perché i maggiori costi della sede possono essere utilizzati per studiare e preparare meglio le azioni e i progetti sviluppati.• Curare solo l’efficienza nella realizzazione dei progetti non basta, perché l’obiettivo vero è l’efficacia dell’azione.• Le scelte filantropiche non possono fermarsi alla donazione, ma devono seguire l’utilizzo dei fondi e comprendere se e come si realizza un vero impatto sui destinatari finali dell’iniziativa o del progetto

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