Da azienda a visione: la storia di Olivetti

Olivetti: dall’informatica al design industriale per arrivare alla smart city© Shutterstock

A chi ha qualche capello bianco, quando pensa a Olivetti, vengono in mente termini come eccellenza, avanguardia e visione. Sì, perché questo marchio – seppur abbia dovuto attraversare alti e bassi – ha sempre seguito un faro guida, che gli ha permesso di rigenerarsi, di risorgere come una fenice in periodi storici complessi.

Per questo è una delle aziende italiane più importanti e merita di essere ricordata nella sua grande evoluzione. Una crescita che non ha quasi mai messo in secondo piano gli operai, che è iniziata da Camillo e Adriano, ma che continua ancora oggi nel settore della telefonia e delle nuove tecnologie.

Olivetti: la nascita di un fiore all’occhiello dell’Italia

La Olivetti è un’azienda italiana con un esperienza ultrasecolare. Fondata nel 1908, a Ivrea, inizialmente produceva macchine per scrivere: pezzi unici, che oggi sono ricercatissimi dai collezionisti. Nel corso degli anni si è sempre adattata ai cambiamenti e ha puntato sulla diversificazione del prodotto. Ecco perché ha iniziato a costruire calcolatrici elettromeccaniche, computer e altri prodotti tecnologici.

Ma non è solo la competenza a rendere questa realtà fuori dal comune. È stata fra i pionieri che hanno visto nel welfare aziendale un’opportunità e una forma di rispetto profonda. Perché un dipendente soddisfatto e accudito è maggiormente produttivo. L’etica ha sempre camminato di pari passo con la ricerca tecnico-scientifica e con l’attenzione all’estetica e al design. Simbolo di sviluppo economico durante il secondo dopoguerra, adesso non sta vivendo il suo periodo di massimo splendore, ma ha saputo adattarsi ai cambiamenti e trovare il proprio posto nel mondo delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale.

Gli anni di Adriano Olivetti

Gli anni di massima espansione sono gli stessi che vedono la Fiat e l’Ilva diventare leader nei rispettivi settori. La nascita di questa azienda si deve a Camillo Olivetti, un ingegnere di origini ebraiche che, alla fine dell’Ottocento, ha deciso di dar vita a una società specializzata nella produzione di strumenti di misurazione elettrica. L’azienda, però, che inizialmente non possedeva la maggioranza del capitale, ha stabilito che fosse meglio mettersi in proprio e puntare sulle macchine per scrivere con la Ing. Olivetti e C.: un luogo simbolo che molti ricordano per i mattoni rossi di una fabbrica, che in origine contava soltanto una ventina di operai.

L’obiettivo di Camillo Olivetti era diffondere a macchia d’olio i suoi prodotti rivoluzionari e in grado di cambiare la vita a chi, fino a quel momenti, era costretto a scrivere a mano. La sua lungimiranza gli ha permesso di vedere una fetta di mercato ancora inesplorata e di cavalcare l’onda. La prima Olivetti, la M1 ha avuto un successo immediato.

Dopo un periodo in cui l’azienda si è dedicata alla produzione bellica legata alla prima guerra mondiale, la M20 ha dato modo non soltanto di tornare nel seminato – facendo sì che la vocazione di Olivetti giovasse a tutta l’Italia – ma di espandersi anche all’estero. Intanto Camillo, socialista riformista, ha sentito l’esigenza politica di fondare un giornale e di opporsi all’ascesa del fascismo. “L’azione riformista” era il nome della testata.

Nuove idee e nuovi modelli

Con l’arrivo di Adriano Olivetti in azienda si sono visti gli effetti di un cambiamento generazionale. Nel ruolo di direttore generale, il figlio del fondatore ha messo in produzioni nuovi modelli, alcuni più maneggevoli. È degli anni Trenta la prima macchina per scrivere portatile, la MP1. La forza lavoro e la produzione sono cambiate radicalmente: 15 mila macchine per ufficio, 9 mila portatili all’anno, 870 dipendenti e 22 Paesi in cui l’Olivetti è stata in grado di farsi conoscere e apprezzare. Il successo è stato tale che anche i cittadini comuni hanno iniziato ad avvicinarsi a questo tipo di prodotto. Modelli sempre più moderni, il risultato di una ricerca tecnologica e scientifica senza freni.

Nonostante il giornale anti-fascista di Camillo Olivetti, l’azienda non ha mai preso posizioni pubbliche circa il regime e questo le ha permesso di avere ottimi fatturati anche nella seconda metà degli anni Trenta, con telescriventi e calcolatrici elettromeccaniche. Un duro colpo, però, è stato rappresentato dalle leggi razziali contro gli ebrei.

Nel secondo dopoguerra a dare nuova linfa vitale alla Olivetti ci hanno pensato proprio le calcolatrici elettromeccaniche. La Divisumma14 è stata la prima al mondo in grado di effettuare tutte e quattro le operazioni aritmetiche anche con i numeri negativi e di stamparne il risultato. Gli anni Cinquanta non sono stati da meno e la società è stata il simbolo del progresso nel nostro Paese. Molti ancora oggi ricordano e possono ammirare una Lettera 22 e una Lettera 32.

Che fine ha fatto Olivetti: dai computer alle nuove tecnologie

La morte prematura di Adriano Olivetti nel 1960 ha portato a un periodo di assestamento. Dopo un breve periodo di gestione portata avanti dal figlio Roberto, in azienda sono entrati nuovi azionisti che hanno messo in un piano differente la famiglia. Sono gli anni di un declino, specchio non soltanto della società ma anche del mercato. L’avvento dei computer è stata una nuova sfida per una realtà che ha dovuto affrontare una concorrenza più agguerrita che mai.

Con il calcolatore Elea 9003, al quale nel 1965 si è aggiunto il P101, la Olivetti ha dato vita a quello che veniva considerato il primo personal computer al mondo. Tuttavia i produttori giapponesi e americani si sono rivelati degli ossi duri. Era il 1978 quando Carlo De Benedetti ha deciso di salire a bordo, ricoprendo il ruolo di azionista di riferimento sino al 1996. Il sistema di welfare aziendale è stato messo da parte ma, nonostante tutto, sono stati prodotti dei computer molto apprezzati.

La telefonia mobile e le smart city

Erano gli anni Novanta, quando Olivetti si è ritrovata costretta ad ammettere il fallimento e a ripiegare sul settore della telefonia mobile. Insieme ad altri investitori leader come Omnitel e Infostrada, ha deciso di puntare su un mercato in piena espansione. Alla fine del decennio l’azienda ha ceduto le quote degli altri due soci, nel 2002 ha puntato tutto su Telecom Italia (oggi Tim) e ha trovato un nuovo motore per ripartire con rinnovato vigore. Adesso è l’informatica il suo settore di riferimento, con attenzione alla produzione di stampanti e registratori di cassa. Seppur dimostri di essere sempre estremamente competente e competitiva, la Olivetti ha perso quell’aurea di magia che la contraddistingueva e chissà che con le smart city – al centro del processo di digitalizzazione del sistema Paese – non possa risollevarsi nuovamente, come la fenice con la quale ha in comune la resilienza e la determinazione.

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