In una società sempre più in crisi, in cui il lavoro sembra una chimera e i giovani senza futuro, fare l’università vale ancora la pena? Assolutamente sì. La conferma arriva dal rapporto 2018 del consorzio universitario Almalaurea, secondo cui a un anno dal titolo il tasso di occupazione è in crescita fra i laureati: oggi è pari al 71,1% tra chi ha conseguito la laurea di primo livello e al 73,9% tra i magistrali biennali, mentre cinque anni fa era inferiore rispettivamente del 5,4% e del 3,8%. I livelli pre-crisi, comunque, rimangono ancora lontani: fra il 2008 e il 2013, l’occupazione è calata di 17,1 punti percentuali per i laureati triennali. Bene anche la retribuzione mensile netta a un anno dal titolo: in media, è pari a 1.107 euro per i laureati di primo livello e 1.153 euro per i laureati magistrali biennali, in aumento di circa il 10% rispetto a quattro anni fa.
Ma quali sono le università che piacciono di più ai nostri studenti? Sicuramente quelle del nord. In primis ai ragazzi residenti nelle regioni settentrionali, ma non solo. Fra i diciannovenni cresciuti nel settentrione, ben il 97,4% sceglie un ateneo della sua area geografica. Quei pochi che si spostano, lo fanno soprattutto per andare all’estero: solo lo 0,5% – un diplomato ogni duecento – sceglie un’università meridionale. Al contrario, una buona quota di studenti del sud, il 23,9%, emigra al centro o al nord per continuare il percorso di studi. Anche i ragazzi che si spostano dal centro e quelli che ritornano in Italia dopo aver frequentato una scuola superiore all’estero si iscrivono soprattutto nelle università settentrionali.
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