Dall’aumento dell’Iva, all’introduzione della Tares, e poi Imu e mini Imu, Irpef e Irap e ancora Tfr in busta paga, provvedimenti del Miur, telefonate al Cup della Asl, necessità di chiedere informazioni all’Urp. Se sigle e acronimi sono nati nel mondo classico per semplificare la vita di tutti, quali esempi di sintesi ed efficienza – come dimenticare il grande classico di epoca romana Spqr? –, oggi il loro proliferare finisce spesso per trasformare la nostra quotidianità in un incomprensibile scioglilingua.
Soprattutto perché a usarle, o forse sarebbe meglio dire abusarne, è principalmente la burocrazia. Ispirato da tanto proliferare Alfonso Celotto, capo dell’Ufficio legislativo del ministero dello Sviluppo economico oltre che professore di Diritto costituzionale e Diritto pubblico comparato, ha scritto addirittura un esilarante romanzo: Il dott. Ciro Amendola, direttore della Gazzetta Ufficiale (Mondadori). Protagonista, il suddetto direttore, che tra le altre cose stila una classifica delle peggiori sigle della burocrazia italiana.
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