Buddy, la rete che ascolta gli adolescenti in difficoltà

Si tratta della figura di una volontaria pensata come anello di congiunzione tra psicologi, insegnanti, famiglia e amicizie, in grado di supportare gli adolescenti più fragili. A darle vita è l’omonimo progetto di Pen Paper Peace Italia, ong fondata a Berlino dall’attrice e regista Alissa Jung, moglie dell’attore italiano Luca Marinelli

Buddy, la rete che ascolta gli adolescenti in difficoltà

È durante un periodo “sospeso” come quello della pandemia che prende forma un’idea capace oggi di parlare a centinaia di adolescenti italiani: quella di creare un punto di riferimento emotivo e scolastico in un momento in cui tutto sembrava perduto. Un’iniziativa che intercetta un bisogno di compagnia, ascolto e condivisione di molti giovani, emergenza esplosa durante i mesi di lockdown ma tuttora ben presente proprio perché non confinata in quella situazione eccezionale.

È da qui che nasce l’esperienza di Pen Paper Peace Italia, costola tricolore dell’organizzazione non profit fondata a Berlino da Alissa Jung, attrice, regista e medico pediatra, con l’obiettivo di promuovere una cooperazione internazionale «libera da logiche neocoloniali», come spiegano i promotori. A ispirare la fondazione della sede italiana, durante il primo lockdown del 2020, è la rete di artisti e attori che ruota intorno a Jung e al compagno Luca Marinelli, protagonista del film Martin Eden e della serie M su Benito Mussolini.

Un impegno – quello di Jung, Marinelli e altri colleghi e amici – nato dal basso e capace oggi di dare risposte a un’urgenza tanto silenziosa quanto diffusa: quella degli adolescenti di essere ascoltati, e forse prima ancora, di essere considerati. L’attività originaria di Pen Paper Peace in Germania, in realtà, è un’altra, anche se incentrata sempre sul mondo scolastico. L’associazione berlinese si è, infatti, focalizzata da tempo sull’elaborazione di materiali educativi e didattici da utilizzare nelle scuole di Paesi in situazioni di difficoltà: in particolare Haiti, Namibia e Honduras.

Il cuore pulsante dell’attività italiana riguarda invece il progetto Buddy, nato proprio durante il lockdown come risposta diretta alla fragilità adolescenziale. Un’esperienza in costante crescita anche oggi. «Abbiamo iniziato con una serie di laboratori online nelle scuole, per chiedere direttamente ai ragazzi di cosa avessero bisogno», racconta Linda Staffieri, Project Manager del programma, che si divide tra Berlino, Roma e altre città italiane proprio per portare avanti questa iniziativa.

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Linda Staffieri, Project Manager del programma Buddy, si divide tra Berlino, Roma e altre città italiane proprio per portare avanti l’iniziativa

Il metodo è quello dell’user-centered design: progettare servizi coinvolgendo fin dall’inizio chi ne sarà il destinatario, così da migliorare l’efficacia della risposta. «Ne è emerso un bisogno trasversale, quello di una figura che non fosse un insegnante, né uno psicologo, né un semplice amico, ma qualcuno capace di offrire supporto emotivo e scolastico alle ragazze e ai ragazzi ma senza giudizio, in un rapporto alla pari seppure determinato da una stima riconosciuta dagli adolescenti».

Così è nato il ruolo di Buddy: una figura tra i 18 e i 35 anni, volontaria, formata all’ascolto attivo e alla comunicazione empatica, che incontra online – una volta a settimana per circa un’ora e mezza – uno studente delle scuole medie o superiori che ne ha fatto in qualche modo richiesta. Ma non solo gli studenti a richiedere il supporto di una Buddy. «Riceviamo richieste anche da giovani che non frequentano più la scuola», spiega Staffieri, anche se è proprio sui banchi che si registrano le problematiche maggiori. «Ansia da studio e bullismo sono i temi che più emergono analizzando le risposte ai questionari che sottoponiamo ai ragazzi».

A oggi sono stati attivati in Italia circa 50 abbinamenti Buddy-studente, ma in tutto il progetto ha già coinvolto quasi 300 ragazzi negli ultimi anni. Le Buddy – a oggi sono soprattutto donne e così vengono chiamate – sono un centinaio e vengono preparate con percorsi formativi specifici, supervisionati anche da psicologi con incontri mensili di gruppo. Il loro ruolo è duplice: affiancare gli studenti nei compiti e nella gestione dello studio, ma soprattutto offrire ascolto e comprensione.

«Molti adolescenti oggi vivono ansia da prestazione scolastica e si sentono soli», spiega Staffieri. «Ci raccontano di genitori i più delle volte troppo occupati o non pronti a raccogliere i loro vissuti emotivi. In molti casi, purtroppo, anche la casa non è percepita come un luogo sicuro. Ci sono situazioni che paventano problematiche legate alla stessa salute mentale, e in quel caso il contatto con le Buddy serve per aiutare gli adolescenti a prendere consapevolezza che occorre richiedere un aiuto a persone più specializzate. Ed è proprio quello che facciamo».

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Il progetto interviene così in un’area grigia: quella che precede lo stesso disagio conclamato, cercando di intercettare per tempo i segnali e, quando necessario, attivare un confronto con le famiglie o indirizzare verso professionisti. «Anche quando emerge che serve un aiuto psicologico o di altro tipo, consideriamo quel percorso un successo. Accompagniamo la famiglia in questa consapevolezza, spesso con il supporto di altre realtà del territorio, poi se il percorso con la Buddy si conclude nel giro di poche settimane, significa che abbiamo svolto una funzione di rilievo nell’indirizzare questa ragazza o questo ragazzo verso persone che possono dare una mano».

La forza del progetto sta anche nella sua natura digitale: nato durante l’isolamento forzato, è rimasto online per scelta, così da poter raggiungere anche ragazzi che vivono in contesti periferici, o che faticano ancora oggi a uscire di casa. «Molti adolescenti sono ancora segnati dagli effetti del lockdown», sottolinea Staffieri. «Interagire in uno spazio digitale sicuro li aiuta a riscoprire le proprie capacità relazionali, che poi possono portare anche fuori dallo schermo».

La sede operativa italiana si trova a Roma, ma il progetto – viste le sue caratteristiche – si sviluppa su tutta la Penisola. Dopo una prima sperimentazione in Piemonte, il programma è stato reso stabile e ampliato a livello nazionale grazie ai fondi dell’Otto per Mille della Chiesa Valdese e anche al supporto dell’Unione Europea.

Oggi Buddy si muove con un modello di finanziamento misto, tra bandi e grandi donatori che, per scelta, preferiscono restare anonimi. Il futuro? Continuare a crescere e a far conoscere il progetto nelle scuole e tra i ragazzi, anche grazie al passaparola. «Una volta che gli studenti lo sperimentano, difficilmente lo abbandonano finché non ne hanno necessità, e sono loro i nostri primi promotori perché raccontano agli amici quanto sia stato utile», conclude Staffieri. Oggi Pen Paper Peace è un ponte tra generazioni, uno spazio in cui sentirsi ascoltati senza dover dimostrare nulla, dove un giovane può trovare un alleato con cui affrontare la scuola – e la vita – con un po’ di respiro in più.


Educare alla cittadinanza globale

C’è una particolarità che contraddistingue l’attività di Pen Paper Peace ed è ben descritta nello statuto dell’associazione: l’attività di educazione e formazione alla cittadinanza nelle scuole per rafforzare il concetto pedagogico di «Educazione alla cittadinanza globale». Ma cosa si intende? «Si tratta di un percorso formativo che mira alla formazione di competenze individuali e collettive nel nome della solidarietà globale», spiega Linda Staffieri. «Promuove la cultura del rispetto per altre usanze, stili di vita e visioni del mondo, contribuendo a sviluppare un senso di appartenenza a una comune e accogliente umanità. Educa ad agire in maniera efficace e responsabile a livello locale, nazionale e globale per un mondo più sostenibile e pacifico».

Concetti tutt’altro che banali, soprattutto nel contesto geopolitico attuale così pervaso da conflitti e scontri. «L’Educazione alla cittadinanza globale», conclude Staffieri, «stimola la formazione attiva e orientata al futuro del processo di globalizzazione, promuovendo il dialogo paritario tra i Paesi del global South e global North».

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