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Arval, visione a lungo termine

Essere un’azienda familiare per Arval significa poter fare scelte che vanno oltre il ritorno economico immediato e agire nell’interesse della continuità aziendale e del consumatore. Queste e altre ragioni del suo successo nelle parole del presidente e direttore generale, Luca Mazzoleni

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Una filosofia chiara e originale, curiosità per il futuro che affonda le radici in quasi 70 anni di storia e una gestione familiare in grado di agire come una multinazionale. Sono gli ingredienti principali del successo di Arval, fondata nel 1955 dal medico dermatologo Virgilio Vitali, che fin dalle origini ha unito il rigore scientifico tipicamente svizzero all’ingegnosità italiana. Ricerca e sviluppo avvengono, infatti, da sempre nei Laboratoires Biologiques di Sion (CH), mentre tutta la fase commerciale, di marketing e di concezione del prodotto si svolge nel nostro Paese. Ne abbiamo parlato con il presidente e direttore generale, Luca Mazzoleni.

Fin dalla nascita Arval ha basato la sua filosofia sulla biocosmesi restitutiva, cosa significa?
La biocosmesi restituiva si propone di restituire alla pelle i principi attivi naturali e biotecnologici nella loro forma di eccellenza formulativa, non per coprire gli inestetismi dell’epidermide ma per trattarla in profondità. Già all’epoca della sua fondazione, quindi, Arval era visionaria perché aveva pensato a quella forma ibrida tra naturale e tecnologico che, nel rispetto dell’ambiente, potesse fornire i prodotti più efficaci. Era la filosofia del nostro fondatore, il dott. Vitali, e ancora oggi è una delle caratteristiche che meglio ci rappresentano.

Nei suoi 68 anni di storia come ha dovuto evolvere l’azienda per rimanere sul mercato e quali aspetti, invece, non cambieranno mai?
Arval ha solide fondamenta che risalgono al passato, ma ha anche una moderna visione del presente e una grande curiosità per il futuro. Da sempre il binomio che ci distingue è quello che lega l’innovazione alla tradizione, che deriva dai nostri 68 anni di storia. L’aspetto prettamente familiare della società ci permette di applicare il famoso think different che ci distingue dalle grandi aziende, che devono necessariamente costruire le loro politiche commerciali e di marketing adattandosi a parametri economici che, a volte, impongono scelte poco ragionevoli e poco aderenti alla realtà. Ecco noi possiamo permetterci di agire proprio come fa un “buon padre di famiglia”, che tenta di avere una visione e di fare scelte che vanno al di là del mero conto economico a breve termine, ma che invece possano dare risultati anche a medio e lungo termine nell’interesse della continuità aziendale e del consumatore. Posso quindi riassumere così la mia risposta: tradizione e valori sono gli aspetti che non cambieremo mai, mentre innovazione e contestualizzazione al momento storico sono i valori che tentiamo di rinnovare continuamente.

Negli anni avete allargato il vostro “campo d’azione” sia lanciando nuovi trattamenti sia debuttando nel make-up. È stata una scelta dettata dalle nuove esigenze del mercato?
Come dicevo, l’aspetto innovativo è stato, fin da nascita di questa società, una delle doti che più la caratterizzano. Già il dottor Vitali aveva lanciato, primo sul mercato, determinati trattamenti cosmetici e di bellezza che prima non si erano mai visti in Italia; penso al Q10 o al trattamento Antimacula, solo per citarne un paio. Così anche diversi capisaldi del make-up erano già presenti fin dagli anni 60, come per esempio il Maquillage biologique aux nuances naturelles, che non si limitava a “truccare” le imperfezioni della pelle, ma sviluppava un’azione eudermica. Arval ha poi da sempre innovato anche questa rilevante categoria legata al mondo della bellezza sviluppando nel corso degli anni diverse linee make-up fino ad arrivare quella attuale e di maggior successo: Active colors make-up. Secondo me è fondamentale innovare sempre, ma stando bene attenti a rispettare i valori del marchio e le reali esigenze del consumatore.

Come diceva, siete un’azienda a gestione e carattere familiare che compete in un mercato segnato dalla presenza di multinazionali forti. Come riuscite a distinguervi?
Il fatto che fin dall’inizio ci sia stata sempre e solamente una famiglia a capo di Arval rende questa realtà molto flessibile, dinamica e veloce nel realizzare progetti e operazioni di supporto ai nostri partner. Dico sempre che ragioniamo e viviamo come una famiglia, ma agiamo come una multinazionale. Infatti, se escludiamo gli enormi investimenti pubblicitari che solo le grandi società ad azionariato diffuso possono permettersi, noi siamo in grado di dare al nostro concessionario lo stesso supporto in termini di servizio, di operatività e di co-marketing che viene promesso dalle compagnie internazionali, anzi, anche migliore perché rispondiamo alle reali esigenze del nostro concessionario adattandoci alle sue richieste. Peraltro, negli ultimi anni devo sottolineare che anche Arval ha investito in maniera rilevante anche dal punto di vista media e social, dando così nuova visibilità e meritato lustro al brand.

Lo scorso anno i laboratori di Arval a Sion, in Svizzera, sono stati ristrutturati per ottimizzarne l’impatto ambientale. Per esempio i pannelli solari installati sul tetto permettono ora di generare quasi tutta l’energia necessaria sia per la produzione, sia per il riscaldamento

A proposito di gestione familiare, un nodo chiave che interessa molte altre aziende italiane è quello del passaggio generazionale, che voi avete gestito con successo. C’è un consiglio che può dare agli imprenditori italiani in questo senso?
Il sistema industriale tricolore è da sempre caratterizzato da aziende a gestione familiare e, anche secondo gli ultimi studi, questo è un valore aggiunto competitivo. Di certo, per avere un certo riscontro dal mercato, non si deve confondere l’azienda familiare di oggi con quella più prettamente “padronale” degli anni 70 e 80. Il mio consiglio è quello di non forzare il cambio generazionale se non è veramente quello che la futura generazione vuole fare nella vita e, in ogni caso, di farsi accompagnare nel percorso lavorativo da collaboratori leali e capaci unitamente all’introduzione di figure specifiche e competenti nelle posizioni chiave dell’azienda e nel board.

Una delle novità del 2023 è l’inserimento di una mini-gamma solare IlSole Ocean Friendly a favore della riduzione dell’inquinamento ambientale. Il tema della sostenibilità è ormai imprescindibile per qualsiasi impresa. Cosa significa per Arval questo concetto?
Arval lavora da anni per immettere sul mercato prodotti che siano il più possibile rispettosi dell’ambiente, della persona che li utilizzerà e del mondo in cui viviamo. Abbiamo eliminato il cellophane da tutte le nostre confezioni, i nostri astucci sono prodotti con carta certificata FSC, abbiamo ridotto la plastica del 35% in un solo anno dal nostro prodotto più venduto, Half Times, e siamo stati tra i primi sul mercato a introdurre l’etichetta ambientale sul packaging. A ogni nuova riformulazione o nuovo prodotto sviluppiamo questo concetto senza però diventare troppo intransigenti o ipocriti. Con questo intendo che molto debba essere fatto anche nei processi produttivi e in tutto quello che sta intorno alla nascita del prodotto, altrimenti il risultato rischia di essere una mera operazione di marketing. Anche con questo scopo lo scorso anno abbiamo dato il via ai nuovi lavori di ristrutturazione dei reparti di produzione e confezionamento dei nostri laboratori di Sion. Una ristrutturazione che ha toccato tutta l’azienda, inserendo nuovi macchinari e utilizzando nuove forme di energia rinnovabili. Per esempio, abbiamo ristrutturato i tetti dell’azienda inserendo pannelli solari che ci permetto di generare quasi tutta l’energia di cui ha bisogno la nostra fabbrica sia per la produzione che per il riscaldamento.

Altra novità di quest’anno è la creazione di una capsule collection in collaborazione con Giorgia Palmas: come è cambiato il modo di selezionare i testimonial con il diffondersi dei cosiddetti influencer?
Nell’epoca dei social, la scelta del giusto testimonial è strategica. È fondamentale, secondo me, che non si basi solo sul numero dei suoi follower, ma che ricada chi su possa rappresentare in maniera corretta i valori dell’azienda e quello che l’azienda stessa, tramite i suoi prodotti, vuole comunicare al consumatore. La nostra scelta è, quindi, ricaduta su Giorgia perché è una donna affine ai nostri valori, sul suo account Instagram spicca la dicitura family first, che è anche il mio motto personale. Giorgia poi rappresenta anche il nostro ideale della bellezza, inteso in senso moderno e attuale, che guarda alla donna nella sua totalità.


Questa intervista è tratta da Business People di aprile 2023, scarica il numero o abbonati qui