Anna Wintour saluta la direzione di Vogue America dopo 37 anni. Con una riunione mattutina, ha annunciato alla redazione il suo passo indietro, avviando la ricerca di un nuovo responsabile per i contenuti editoriali.
Non si tratterà di un direttore in senso tradizionale – ruolo che in Condé Nast non esiste più, per scelta della stessa Wintour – ma di una figura che riferirà direttamente a lei, che manterrà il suo incarico di direttore editoriale globale del gruppo. Wintour, 75 anni, non lascia dunque la scena, ma cambia ruolo. “Il mio piacere ora è aiutare la nuova generazione di direttori a portare nuove idee”, ha scritto sui social.
Il regno di Anna Wintour
Londinese di nascita e figlia d’arte (suo padre Charles Vere Wintour diresse l’Evening Standard), aveva lasciato la scuola nel 1966 per lavorare nelle riviste di moda, dimostrando da subito la sua determinazione. Dal 1988 in poi, ha plasmato l’identità della moda globale.
La sua prima copertina per Vogue America – una modella in jeans da 50 dollari e giacca di Lacroix – segnò subito una rivoluzione. Con Gianni Versace e Karl Lagerfeld contribuì alla nascita delle top model, da Naomi Campbell a Claudia Schiffer, per poi sostituirle con attrici negli anni Duemila, influenzando così anche la strategia pubblicitaria dei grandi marchi.
La sua influenza si estendeva fino alla scelta dei direttori creativi: “C’è dietro Anna”, è stata per anni la frase che accompagnava ogni nomina rilevante. Anna Wintour ha capito presto l’importanza di diventare personaggio oltre che regista del sistema moda. Il suo caschetto, gli occhiali da sole, gli outfit Chanel colorati, l’allenamento mattutino con il tennis e il controllo meticoloso su ogni dettaglio hanno contribuito a creare un’icona riconoscibile anche fuori dal settore.
Il suo potere ha travalicato la moda, raggiungendo anche la politica: è stata sostenitrice accesa dei Clinton, di Barack Obama e di Kamala Harris. E se nel 2006 sulla cover di Vogue apparve Melania Trump, fu solo per il vestito da sposa, scelto proprio con l’aiuto di Anna. Le voci su un possibile ruolo diplomatico non si sono mai concretizzate, ma nel 2025 ha ricevuto la Presidential Medal of Freedom da Joe Biden, dopo essere già stata insignita del titolo di Dame dalla Regina Elisabetta. Sotto la sua guida, Vogue ha saputo essere al tempo stesso popolare e autorevole.
Ha gestito il giornale con piglio da comandante, mantenendo una disciplina ferrea e aspettandosi lo stesso dagli altri: era nota per iniziare le giornate all’alba e per il suo rigore implacabile. Ma è anche grazie alla sua visione che eventi come il Met Gala sono diventati fenomeni globali, capaci di raccogliere fondi milionari per il Costume Institute, che oggi porta il suo nome. E poco importa se a qualcuno questa decisione non è piaciuta: i numeri parlano da soli. Con l’uscita dal suo ufficio al 25° piano del nuovo World Trade Center, Anna Wintour ha segnato simbolicamente la fine di un’epoca. Un cambiamento inevitabile, anche se per il mondo della moda – e del giornalismo – sarà difficile immaginare un futuro senza la sua guida. Adesso la sfida passa a chi dovrà traghettare Vogue in una nuova fase, ma sempre sotto l’occhio attento della donna che ha rivoluzionato l’estetica e la strategia di un intero sistema.
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