È un viaggiatore. Colui che ama il vento fra i capelli e le corse in velocità. Il suo destriero è la moto. Ma si diletta anche ai comandi della cloche di un piccolo aeroplano, e, se necessario, non ha problemi a saltare su un bus con la sacca in mano. Poco importa la destinazione: perché lui (o lei) è il ribelle, l’anticonformista, il contestatore, l’uomo (o la donna) che sfugge alle definizioni della società borghese. E perciò non sta mai fermo, ma macina chilometri a caccia di nuove sfide e altri orizzonti. Ne ha fatta di strada il vecchio chiodo, che quest’anno compie i suoi primi cento anni, segnando la voglia di rinnovamento di quasi tutte le generazioni di giovani del secondo Novecento. Il primo a vestire (e a inventare) il giubbotto di pelle fu l’asso dell’aviazione tedesca Manfred von Richthofen, il celebre Barone Rosso. La leggenda vuole che il pioniere delle battaglie aeree si fosse fabbricato da sé una “flying jacket” di pelle, sufficientemente calda per resistere al freddo tra le nuvole, ma abbastanza comoda per eseguire complesse manovre acrobatiche. Altre fonti indicano che sia stata una donna ad aver insegnato ai maschi a vestire da “duri”. Già negli anni ’10 compaiono alcuni scatti di Marie Marvingt, pioniera francese dell’aviazione, vestita di un giubbetto in pelle simile al nostro chiodo. Fin qui il mito. La moda invece coincide con il lifestyle, quando il capospalla smette di essere solo un riparo dalla temperatura ma diventa, tra le prime volte nella storia, una vera e propria dichiarazione di stile di vita. Borchie, spille, zip e f bbie lo distinguono dalla giacca di pelleL’intuizione nasce in una bottega di un sobborgo di New York intorno agli anni ‘20. Nel 1913 Irving Schott e suo fratello Jack, figli di un immigrato russo, hanno messo su un’impresa: cuciono e producono impermeabili che vengono venduti da ambulanti nel porta a porta di Manhattan. Sono gli anni del jazz, quelli successivi alla Prima Guerra mondiale, della grande espansione economica, di Wall Street che promette guadagni e benessere per tutti. I fratelli Schott ci vedono bene e lungo. E scorgono le prime crepe di quella società che imploderà sotto i colpi della Grande Depressione del ‘29. Non vogliono vestire i nuovi e vecchi ricchi nei pranzi di gala della borghesia in ascesa, ma individuano nella motocicletta un segnale di cambiamento, un nuovo modo di interpretare il mondo. E realizzano una giacca di pelle, la Perfecto (dal nome di una marca di sigari cubani da loro apprezzata), la prima al mondo ad avere una cerniera a zip, venduta per poco meno di 6 dollari a un distributore della Harley Davidson.
UNA VITA ON THE ROADÈ la rivoluzione nel guardaroba di chi preferisce stare all’aria aperta e godersi l’avventura del viaggio in motocicletta. Solida, resistente e anche un po’ ruvida: la giacca Perfecto piace anche ai comandi dell’esercito Usa, che chiedono ai fratelli Schott una sua evoluzione, nella cosiddetta bomber jacket. Ma è nelle strade polverose di provincia che il chiodo corre spedito: a bordo di auto e moto sempre più veloci, con la radio che canta i primi successi del rock‘n’roll. Il classico Perfecto, del resto, è un manifesto di libertà e indipendenza: realizzato rigorosamente in pelle nera, tagliato in vita, con cintura lampo e apertura centrale su maniche generalmente lunghe. E il carattere ribelle sta poi negli accessori che vengono inseriti nel corso degli anni: spille e borchie. Infatti, il chiodo si differenzia dalla giacca di pelle essenzialmente proprio per la presenza massiccia di zip e fibbie.Nel corso del secolo il modello (nelle sue versioni 613 e 618) cambierà spesso materiali e accessori: dalla pelle di cavallo, montone o di bovino alle mostrine militari fino alle tasche angolari, comodissime per chi corre in moto. Il Perfecto, all’inizio della produzione, aveva tasche laterali posizionate a circa 60 gradi e una, quella sul petto, a 50 gradi; l’ideale per il motociclista che anche in sella e a tutta birra può prendere e riporre documenti e piccoli oggetti. Ma l’identità di quel brand sarà interpretata di volta in volta dalle nuove generazioni. Negli anni ’70 viene decorato con borchie, catene e altri accessori per seguire le tendenze dell’universo metal e punk, e da ciò si spiega il nome italiano “chiodo”, a indicare appunto un giubbotto chiodato. La prima comparsa della biker jacket sul grande schermo, quindi nella cultura popolare, si deve a una donna. È infatti Marlene Dietrich a vestire questo capospalla nel film del 1931 Disonorata, in cui la diva interpreta una prostituta viennese reclutata come agente segreto. Bassifondi, doppio gioco e spie sono il debutto del chiodo nell’immaginario contemporaneo. Ma la resistenza della pelle e la comodità d’uso lo portano presto sulle spalle delle autorità americane, a vestire i poliziotti in servizio sulle strade di New York. La carica di contestazione non viene meno. Anzi. Nel dopoguerra è Marlon Brando, ne Il selvaggio (1953), a definire i contorni di una generazione di biker che volta le spalle alla società americana. Il chiodo non può che finire addosso a James Dean in Gioventù bruciata (1955). Ormai il dato è tratto. Sono gli anni della Beat Generation, la contestazione giovanile ha il suo marchio di fabbrica e si prepara alla stagione ancora più turbolenta negli anni ’60 con le Pantere Nere di Malcom X.
INDOSSO AI RIBELLI Il chiodo scende dal sellino per cominciare a vestire tutti i ribelli del pianeta. Non solo quelli americani. Negli anni ‘70 è la divisa ufficiale dei rocker per diventare, nel decennio successivo, l’uniforme dei duri dell’heavy metal. Poco importa che Yves Saint Laurent lo inserisca in quegli anni nella sua collezione; o se la versione edulcorata del “teppista saggio”, alla Fonzie, fa la sua comparsa nel telefilm Happy days, e al cinema in Grease, in omaggio ai ruggenti anni ‘50. Perché i “ragazzacci” si vestono di pelle. Nel 1964 è la volta di Elvis Presley, sul grande schermo in Roustabout nei panni di un biker, vestito ovviamente di chiodo, cui segue – nel filone della bikexploitation – Peter Fonda in The Wild Angels (1966) e, tre anni dopo, in Easy Rider. Nel 1969 la musica lo incorona nuova icona della cultura giovanile. La band britannica di rock duro dei Judas Priest debutta sulle scene con le prime sonorità metalliche, addobbate dal chiodo sulle spalle dei musicisti. È una novità che segna una rivoluzione, ma chi ha sdoganato il giubbotto dei motociclisti come simbolo del rock, e di una vita “spericolata”, è stata la coppia Malcom McLaren e Vivienne Westwood. Il primo è noto per essere stato l’abile manager e produttore della band punk Sex Pistols, la seconda è tra le più celebrate stiliste britanniche. Nei primi anni ‘70 i due aprono a Londra il negozio Let It Rock (in un secondo momento prenderà le insegne “Sex”), tempio della moda della contestazione: magliette stracciate, pantaloni di pelle, spille da balia, fibbie. Ma soprattutto costruiscono lo stile trasandato dei Sex Pistols, con la sua icona, Sid Vicious, che dichiarava di volere essere sepolto indossando il suo chiodo. Inseparabili dal Perfecto sono anche i Ramones, gruppo statunitense che percorre schitarrando tutti gli anni ‘70. Prima o poi tutti i rocker lo indossano, almeno una volta: da Mick Jagger a Freddie Mercury e Michael Jackson (come dimenticare la giacca in pelle rossa e nera del video di Thriller?) fino ad artisti come Andy Warhol.
Ma è l’heavy metal a farlo diventare uniforme d’ordinanza. Per band come i Metallica, Megadeth, Slayer, Iron Maiden, il chiodo diventa una sorta di muro dove appendere slogan sotto forma di spilloni, borchie chiodate e toppe con il loro logo. Dal rock si passa presto alla moda e anche alla politica. Ha fatto scalpore l’ingresso del premier Matteo Renzi, in giubbotto di pelle, nello studio national-pop di Amici di Maria de Filippi. Tra plausi da spellarsi le mani e critiche anche feroci (Maurizio Landini della Fiom gli oppone le felpe con il logo sindacale), molti esperti hanno parlato dell’ennesimo cambio di passo nella comunicazione politica. Tanto che il look informale è stato subito ripreso dalla ministra per le riforme costituzionali Maria Elena Boschi, avvistata in campagna elettorale locale, a Prato, con giubbetto in pelle e pantaloni rossi. Qualcuno avrà sorriso pensando alla lunga carriera del Perfecto dei fratelli Schott. Ormai è un capospalla versatile usato nelle più svariate occasioni: è il caso di Sarah Jessica Parker che a una cena di gala per l’AmFar (fondazione per la ricerca sull’Hiv) si è presentata con un abito principesco di Oscar de la Renta, su cui indossava un vecchio chiodo! Il sito di shopping Farfetch conta quasi 200 modelli di “biker jacket”, sviluppati secondo il gusto e il stile delle tante maison che si sono interessate a questo capo. Quindi ce ne è per tutti. A cent’anni di distanza, il vecchio chiodo ha ancora quella forza dirompente de Il selvaggio, sia che lo indossino Charlotte Gainsburg, Cher, Madonna o le nuove star della politica. Perché certi giubbotti non invecchiano mai.
VARIANTI DI LUSSO |
Gli stilisti modenesi di Bark hanno reinventato, oltre al montgomery, anche il chiodo, fatto in maglia. Probabilmente non apprezzeranno i metallari, ma a cent’anni suonati il vecchio giubbotto di pelle tutto fibbie e zip può permettersi qualche lusso. Visto che è passato anche per le mani di Just Cavalli, in due versioni, bianco e over, borchiato su maniche lunghe. Da Pinko il chiodo invece acquista una vena sociale e ambientalista: rigorosamente in ecopelle. Max & Co, invece, ha rivoluzionato il chiodo di pelle con risvolto di pelliccia. |