Ducati rievoca un suo mito del passato alla ricerca di nuovi clienti. La rinascita dello Scrambler, infatti, potrà avvicinare al mondo desmodromico appassionati che finora avevano guidato moto come la Triumph Bonneville, la Guzzi V7 o – più raramente – qualche giapponese alla W800 o qualche costosa tedesca. Diciamo di più, a nostro avviso, questa moto potrebbe far avvicinare al mondo delle due ruote persone che altrimenti non l’avrebbero forse fatto. Evoca anni gloriosi, ha un design che risponde bene ai gusti contemporanei, è facilissima da guidare e non ha un prezzo inarrivabile. La Casa di Borgo Panigale ha centrato davvero la giusta entry level per la sua gamma.
In linea con le esigenze del pubblico odierno, lo Scrambler è totalmente personalizzabile. Le soluzioni “base” da cui partire sono quattro: la Icon, disponibile in giallo o rosso è la versione più classica, c’è poi la Urban Enduro proposta in colorazione “Wild Green” con telaio nero, sella marrone, cerchi a raggi in alluminio, paracoppa, parafango anteriore alto e griglia di protezione del faro anteriore. La Full Throttle, in colorazione “Deep Black” con telaio nero e sella nera, vanta uno scarico Termignoni basso sdoppiato e guarda a un pubblico cittadino. La Scrambler Classic è la più nostalgica e s’ispira agli anni ’70, con cerchi a raggi, parafanghi in lamiera, logo ad hoc e sella personalizzata.
Motore: bicilindrico Desmodromico da 803 cc Potenza massima: 75 CV a 8.250 giri Coppia massima: 68 Nm a 5.750 giri Peso: 186 kg in ordine di marcia Lunghezza: 2.100 mm Larghezza: 845 mm Capacità serbatoio: 13,5 litri Prezzo: 8.240 euro f.c.
Qualunque versione scegliate vi accorgerete che la Ducati Scrambler è fatta con cura. Non c’è troppa plastica (come non amare il serbatoio in metallo?) e i designer sono riusciti a giocare al meglio nel dialogo tra elementi vintage ed elementi tecnici.
Salendo in sella si può godere di un’ergonomia studiata nel dettaglio perché lo Scrambler sa accogliere i piloti medi ma anche i più alti senza problemi. Il sellone lungo e basso richiama esteticamente i mitici ‘70 e vi farà sorridere di gioia grazie alla generosa imbottitura che apprezzerete nei lunghi spostamenti. Anche il passeggero ha ricevuto le dovute attenzioni e, benché il piano di seduta avrebbe potuto essere più lungo, può assicurarsi grazie a due comode maniglie integrate nella parte bassa della sella.
Il pilota, oltre a una seduta che gli consente di poggiare bene i piedi a terra, godrà, soprattutto nelle manovre più strette, del manubrio alto e largo e della posizione di guida eretta. Questo ovviamente ha i suoi contro e, infatti, sopra i 120 km orari l’impatto con l’aria inizia ad essere davvero fastidioso. C’è da dire però che il comfort di marcia è davvero buono e che le vibrazioni sono quasi assenti.
Agile nello stretto e confortevole in marcia, questo Scrambler ha nel motore il suo asso nella manica. Il bicilindrico desmo – derivato da quello del Monster 796 e dell’Hypermotard 796 – è uno dei migliori motori due valvole ad aria della Ducati in quanto a erogazione ai bassi regimi. Già attorno ai 2 mila giri si può spalancare il gas senza temere singulti di sorta e sentire il motore, che con la giusta impazienza, sale sino a 6 mila giri dove inizia il vero piacere. Il sound dagli scarichi poteva regalare emozioni ben diverse ma il rispetto delle normative europee ha, ovviamente, la precedenza. Nella guida di tutti i giorni il peso ridotto (170 kg), la frizione morbida con sistema di antisaltellamento e il cambio abbastanza preciso si riveleranno preziosi alleati.
Lo Scrambler è una moto essenziale e così deve essere anche il modo di guidarla. Niente pretese, sguardo lontano e assaporare ogni metro d’asfalto… e perché no, anche qualche metro di sterrato. Eh sì perché, senza esagerare, questa moto potrà accompagnarvi a divertirvi sulle mulattiere più facili.
Su strada, dove è certo più a suo agio, questa Ducati fa valere delle buone prestazioni e una grande intuitività alla guida. I neofiti saranno i primi a beneficiare del carattere docile di questo Scrambler, ma gli esperti, anche dopo aver spinto un po’, non resteranno delusi. L’elettronica non è, infatti, troppo invadente e lascia al pilota la gestione della moto.
© Riproduzione riservata