Biciclette, l’hi tech vince in volata

Alcune vantano oltre un secolo di attività, e sono tutte accomunate da continui investimenti in ricerca e sperimentazione. Le maggiori aziende italiane produttrici di modelli da corsa seguono ancora oggi la strada tracciata dai loro fondatori. Puntando su declinazioni estreme di leghe e metalli, nanotecnologie perle fibre composite, accessori realizzati artigianalmente e personalizzabili in toto

Appassionati delle gare su due ruote, amanti della fatica e del sudore pedalata dopo pedalata. E, soprattutto, capaci di scalare le vette non solo nel ciclismo, ma anche nel business, grazie alle loro invenzioni pionieristiche applicate a modelli e componenti di estrema avanguardia. Oggi Bianchi, Colnago, Pinarello, De Rosa e Olmo – dai nomi dei loro fondatori – sono marchi che continuano a tenere alto il vessillo tricolore in tutto il mondo, conquistando sempre più mercati stranieri con l’eccellenza dei materiali e della lavorazione artigianale made in Italy.

PRIMI IN EUROPA Tanto che, sulla scia dei successi messi a segno dagli storici fondatori, l’Italia artigiana delle due ruote continua a macinare chilometri, in particolare all’estero. Lo scorso anno, infatti, si sono sì prodotte e vendute meno biciclette del 2011 (rispettivamente -9,8% e -8,2%), ma queste sono state più richieste delle automobili (che invece hanno registrato perdite a doppia cifra). A fare da traino i prodotti dedicati ad appassionati e professionisti, come mountain bike (30% sulle vendite nel 2012) e bici da corsa (7%), con un progressivo aumento delle elettriche (3%) e di quelle a pedalata assistita (+9,5% sul 2011). «Nel Vecchio Continente siamo i primi esportatori di bici», afferma Piero Nigrel­li, direttore settore Ciclo Confindustria Ancma (Associazione nazionale ciclo motociclo accessori). «Ne fabbrichiamo tante quante la Germania (quasi 2 milioni e 200 mila unità, ndr), ma – non avendo un mercato pari a quello tedesco – la metà della produzione va all’estero. E poi siamo da sempre leader nella compo­nentistica: ovunque sono richiestissimi i nostri telai, così come le selle e i manubri ». Rispetto al giro d’affari nazionale, l’export vale l’80-85% (oltre 460 milioni di euro). Se ci concentriamo sul top di gamma, «parliamo di circa 24-25 milioni di euro, quasi 30 includendo abbigliamento, scarpe, occhiali e accessori dedicati», specifica Nigrelli, «realizzati da una cinquantina di aziende, a fronte delle 250 che operano nel settore». Le maggiori richieste? Da «Nord Europa, Stati Uniti e Giappone».

BREVETTI RIVOLUZIONARILa storia delle più prestigiose e antiche aziende del settore parte da molto lontano, e in gran parte affonda le sue radici nei centri operosi della Pianura Padana. Vere leggende che, per esempio, hanno avuto origine da quella piccola officina meccanica nel centro storico di Milano dove, nel 1885, Edoardo Bianchi inizia l’attività di riparatore e costruttore di bici. Rinnova completamente il modo di con­cepire e realizzare velocipedi: riducendo il diametro della ruota anteriore e abbas­sando l’altezza dei pedali, crea la prima bicicletta moderna. Nel 1901 propone la trasmissione a cardano – che abbassa i costi di manutenzione – e nel 1913 introduce il freno anteriore. Debutta poi nel mondo del ciclismo professionale, supportando nel tempo campioni del calibro di Coppi, Pinella e Gimondi.Famoso corridore degli anni ’50, Ernesto Colnago, nativo di Cambiago (Mi), nella sua carriera sportiva vince 13 gare. Ma, parallelamente all’attività agonistica, avvia anche una bottega di bici nel 1953. Quattro anni dopo costruisce il modello che fa trionfare Gastone Nencini al Giro d’Italia 1957. Nello stesso anno inventa anche la piegatura dei foderi delle forcelle a freddo. Diventato mecca­nico della Nazionale, nel 1969 introduce le congiunzioni in microfusione, molto più resistenti di quelle fino ad allora utilizzate. Ma a lui si devono anche la prima saldatura in titanio, fatta costruire negli Usa per la bici del record dell’ora di Eddy Merckx nel 1972, e l’introduzio­ne dei telai in carbonio in collaborazione con Ferrari e Politecnico di Milano, per rendere le bici più leggere. Oggi il brand fattura oltre 22 milioni di euro e produce 5 mila telai e modelli da corsa di lusso. Ancora negli anni ‘50, e nel clima fervido del capoluogo lombardo di allora – nel 1948 vede la luce anche Cinelli – nasce De Rosa, che attualmente realizza 7.500 pezzi annui, con l’export che incide per l’80% sul giro d’affari, circa 8 milioni di euro. Innovazione e sperimentazione continuano a essere la parola d’ordine dell’impresa. «Fatto cento il nostro fattu­rato, il 10-15% è destinato alla ricerca, che prosegue a ritmi frenetici. Appartiene a un tipo di formazione che ha imposto mio padre Ugo fin dall’inizio», spiega a Business People Cristiano De Rosa, amministratore delegato dell’omonima azienda di Cusano Milanino (Mi). «Nel­l’ambito dei metalli, grande attenzione è posta sulla declinazione delle leghe: ulti­mamente abbiamo abbinato lo scandium all’alluminio e arricchito il titanio con un grado di purezza maggiore. Per quanto riguarda le fibre composite, come quella in carbonio, ci stiamo concentrando su ulteriori applicazioni di nanotecnologie». Combinazioni sempre più efficienti che assicurano da un lato resistenza, dall’al­tro leggerezza alle bici. Il comune fil rou­ge, a prodotto finito, è uno solo: «il “fatto su misura”, tutto a Cusano Milanino, dove lavorano 15 maestranze interne». L’export incide dell’80% sul fatturato annuo; i mercati più soddisfacenti sono quello asiatico, l’inglese e l’australiano.

APPROFONDIMENTI

COMPONENTI ECCELLENTI

IL MEGLIO SUL MERCATO

GIOIELLI DEL VENETO Spostandoci nel vicino Veneto, alla fine degli anni ’40 a Catena di Villorba (Tv) Giovanni Pinarello avvia una piccola produzione artigianale, da subito dedica­ta a una fascia elevata. E, nel periodo del boom economico, entra nel mondo delle sponsorizzazioni sportive, che diventano il veicolo promozionale più importante per la casa trevigiana. Il primo successo internazionale arriva nel 1966 al Tour de l’Avenir in Francia, per opera di Guido de Rosso. Altra importante tappa la vittoria del Giro d’Italia del 1975 con Fausto Bertoglio. Gli anni ’80 vedono l’impor­tante partnership con la Inoxpran, leader nel settore dell’acciaio, per poi arrivare agli anni ‘90 con l’ulteriore affermazione nel ciclismo professionale a fianco dello spagnolo Miguel Indurain. Con la Dòg­ma del 2002, la Cicli Pinarello è la prima azienda a proporre sul mercato mondiale una bici realizzata interamente in lega di magnesio: la svela al pubblico l’atleta Ivan Basso al Salone Internazionale del Ciclo a Milano. Nel 2004 è già la volta del modello Leonardo, top di gamma in fibra di carbonio. E ancora. Di poco precedente a Bianchi è la padovana Cicli Olympia, fondata in realtà nel capoluogo lombardo nel 1893 da Carlo Borghi, che diventa famoso sponsorizzando fuoriclasse quali Enrico Mollo e Gaetano Belloni, storico rivale di Girardengo. Agli inizi del 1960, però, la sua impresa passa nelle mani della famiglia Fontana che la trasferisce, ap­punto, in Veneto, dove ancora oggi è tra i primi produttori regionali. Progettazione, design e assemblaggio avvengono tutti all’interno dello stabilimento di Piove di Sacco (Pd) e in forma rigorosamente ma­nuale; il gruppo conta una forza lavoro interna di 25 dipendenti e un indotto di oltre 200 persone. Fiore all’occhiello, le sponsorship sportive di calibro internazionale, come il sostegno al campione marathon Marzio Deho. L’innovazione hi tech fa parte del Dna del brand fin dagli albori. L’azienda è stata una delle prime a introdurre l’Hydroforming, la formazione dei metalli mediante altissima pressione idrica, e a puntare su materiali compositi e Nano Carbon tecnology per aumentar­ne la robustezza strutturale dei modelli. All’Expobici di Padova (21-23 settembre) sarà presentata Leader, in monoscocca di carbonio dedicata alla competizione su strada, dotata di freni a disco.

OLMO SI RINNOVA Altra realtà storica è Olmo Cicli, con sede a Celle Ligure (Sv) dal 1939. Il fondatore è Giuseppe Olmo, detto “Gepin”, che nel 1935 batte il record mondiale dell’ora e, al termine della sua carriera ciclistica quattro anni dopo, lancia una propria produzione di bici. «Fin dagli inizi il marchio ha avuto una forte connotazione legata alla bici da corsa, per cui siamo riconosciuti in tutto il mondo», spiega Andrea Farmakakis, direttore marketing e commerciale del brand. «Al momento, però, l’export rappresenta solo il 10% del nostro business: siamo presenti a macchia di leopardo in tutti i continenti tramite i nostri distributori, ma puntiamo a incrementare la quota, tornando a supportare lo sport professionistico come facevamo in passato entro il prossimo triennio». Una delle maggiori innovazio­ni, in tempi recenti, è stata la tecnologia del Biocyclo che rileva, tramite un sistema computerizzato, i dati fisiologici e morfologici perché un corridore ottenga una corretta postura in sella. In base ai risultati del test, lo staff Olmo realizza un prodotto deluxe personalizzato, progetta­to al 100% su misura del cliente.

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