La bocciatura è stata corale: il 76,3% dei votanti svizzeri ha votato “no” alla proposta di fissare per legge uno stipendio minimo di 22 franchi l’ora, pari a 4 mila franchi mensili (circa 3.200 euro). Nessun cantone si è mostrato favorevole e, addirittura, in alcuni di questi si è raggiunto l’87% di voti negativi. E dire che nella Confederazione la maggior parte dei dipendenti vanterebbe già una busta paga superiore ai 4 mila franchi, diversamente da quanto invece percepiscono i lavoratori frontalieri, italiani in primis. La proposta di legge nasceva dunque proprio per tutelare quest’ultimi, su proposta dei sindacati e del Partito Socialista. Forti però le resistenze da parte di governo e imprenditori, tanto che agli occhi di molti la proposta di referendum appariva di carattere puramente simbolico. “Il sì avrebbe danneggiato i frontalieri italiani”, sostiene invece Stefano Modenini, direttore di Aiti, Associazione delle Industrie Ticinesi. “Se la misura fosse passata qui in Svizzera sarebbero saltati i posti di lavoro, soprattutto degli italiani frontalieri, e qualche imprenditore avrebbe potuto anche decidere di delocalizzare in Italia”.
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