Lavoro e remunerazione: nel 2024 in Italia salari cresciuti del 3,8%

Aumenta anche il numero di aziende che introduce sistemi di long term incentive per i ruoli chiave e cresce la diffusione dei sistemi di flexible benefit

Secondo la Total Remuneration Survey 2024 di Mercer i salari in Italia sono cresciuti del 3,8%© Shutterstock

Il settore (e il mercato) del lavoro mutano, cambiano, si trasformano. E talvolta i cambiamenti sono anche positivi: per esempio, nell’arco del 2024 i salari medi in Italia sono cresciuti del 3,8% e quasi il 50% dei lavoratori ha anche beneficiato di aumenti legati alle performance (aumenti di merito).

Questi dati emergono dalla Total Remuneration Survey 2024 condotta da Mercer, leader globale nell’aiutare i clienti a realizzare i loro obiettivi di investimento, ridefinire il mondo del lavoro e promuovere piani di benefit e di regimi pensionistici per i dipendenti. Per redarre l’indagine Mercer, business di Marsh McLennan, ha analizzato le politiche retributive di quasi 700 aziende italiane operanti in diversi settori.

Consultando la Total Remuneration Survey, appare evidente che la crescita salariale è stata guidata non solo da fattori tradizionali come la performance individuale e il posizionamento sul mercato, ma anche dall’inflazione, che si conferma come il terzo parametro più considerato nelle scelte retributive delle imprese. Proprio per questo fattore le previsioni per il 2025 indicano un rallentamento della dinamica di crescita, con un aumento stimato dei salari medi del 3,5%, comunque superiore ai livelli registrati prima del 2023.

La crescita  si accompagna a una trasformazione significativa delle politiche di remunerazione: un numero crescente di aziende, infatti, sta adottando approcci innovativi per attrarre e trattenere talenti in un mercato del lavoro sempre più competitivo. Tra queste strategie spicca l’utilizzo di sistemi di long term incentive, cresciuti del 22% rispetto al 2021, per premiare i ruoli chiave. Parallelamente, le aziende continuano a fare affidamento su incentivi variabili di breve periodo per attrarre e motivare anche figure professionali non dirigenziali.

Un altro elemento di rilievo è la crescente diffusione dei flexible benefit, aumentati del 17% rispetto al 2023: strumenti che consentono ai dipendenti di personalizzare parte del proprio pacchetto retributivo, scegliendo tra opzioni che vanno dai servizi di welfare aziendale ai contributi per la formazione o la previdenza complementare.

Maggiore flessibilità si riflette anche nell’organizzazione del lavoro: molte aziende stanno introducendo modalità più flessibili in termini di orario e luogo, rispondendo alle esigenze di una forza lavoro che valorizza sempre più l’equilibrio tra vita privata e professionale. Ma non è tutto qui: l’indagine di Mercer dimostra anche che la formazione continua e lo sviluppo professionale emergono come pilastri centrali nelle politiche retributive e di gestione del personale.

Quasi il 50% delle aziende, infatti, offre programmi strutturati di formazione e sviluppo, spesso finanziando integralmente i costi senza richiedere obblighi di permanenza ai dipendenti: appare dunque chiaro che c’è una crescente consapevolezza dell’importanza delle competenze come leva strategica per il successo aziendale, in un contesto dove le competenze stesse stanno diventando la nuova “moneta di scambio” sul mercato del lavoro.

«Le organizzazioni stanno ripensando le loro politiche di reward per renderle più personalizzate e flessibili, con un’attenzione crescente all’equità, anche alla luce della direttiva europea su pay equity e transparency», ha dichiarato Marco Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia, sottolineando quanto la trasformazione in questo ambito sia motivata dalla difficoltà di attrarre persone qualificate e non perderle.

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