Italiani: 2,5 milioni i ragazzi che non studiano e non lavorano

Giovani, carini e disoccupati: l’Italia è il secondo Paese Ocse con il più alto tasso di Neet (26,9%). Tradotto in Pil, implica una mancata crescita del 1,4%

Sono 2,5 milioni i giovani italiani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano: il dato, relativo al 2015, è contenuto nel rapporto dell’Ocse Uno sguardo sulla società – Riflettore sui giovani, che prende in esame 34 paesi industrializzati. Stando all’analisi, il tasso di Neet (questa la sigla per indicare i ragazzi che non studiano, non lavoro e non seguono un corso di formazione professionale) si attesta in Italia al 26,9%, contro il 14,6% della media Ocse. Lo scarto rispetto alla media è tale da far schizzare l’Italia al secondo posto della classifica delle nazioni con il più alto tasso di Neet: prima di noi c’è solo la Turchia, che sfiora il 30% (29,3%). E dire che, prima del 2007, la percentuale italiana era del 20%… Il resto della Top5 vede, al terzo posto, la Grecia (24,7%), seguita da Spagna (22,7%) e Messico (22,2%).

CI COSTANO L’1,4% DEL PIL. I Neet hanno inoltre un chiaro impatto economico: le loro capacità perse si traducano in una mancata crescita del Pil pari al 1,4%. Peggio di noi versano solo la Grecia (-2%) e la Turchia (-3,4%). Da segnalare tra l’altro che di questi 2,5 milioni di Neet, il 32% si trova in questa situazione da oltre un anno. Il tasso di abbandono scolastico resta peraltro alto: se tra i Paesi Ocseil 16,4% dei ragazzi non è arrivato ad avere un titolo di scuola secondaria superiore, da noi la percentuale arriva a toccare il 26%. “Per i giovani poco qualificati diventa sempre più difficile trovare un impiego, ancora più difficile un impiego stabile”, ricorda Stefano Scarpetta, direttore della divisione Ocse per Occupazione, Lavoro e Affari sociali. “Se non verranno compiuti sforzi supplementari per migliorare l’accesso a studi e formazione per tutti crescerà il rischio di una società sempre più spaccata”. Da qui, la necessità di varare politiche attive che contrastino l’abbandono scolastico.

ITALIANI SEMPRE PIÙ MAMMONI. Spicca inoltre l’elevata quota di ragazzi che vivono ancora in casa con i propri genitori: sono il 75% contro il 49% dell’Ocse. E forse questo spiega anche la refrattarietà da parte dei ragazzi di unire lavoro e studio: gli impieghi saltuari, che si sommano al percorso di studi, sono una realtà solo per il 2% dei giovani italiani, contro il 12% dell’Ocse. Ma ci sono Paesi, come la Germania, dove la percentuale arriva a toccare il 20%. Poco diffuso anche l’apprendistato: coinvolge il 3,4% dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni.

SI VIVE A LUNGO. L’unica nota positiva riguarda le aspettative di vita: per gli italiani arriva fino a 83,2 anni, ossia due punti e mezzo in più rispetto alla media. Bassa anche la quota di suicidi: solo 6 ogni 100 mila persone. Rimane invece ancora scarsa la propensione alla fertilità: si conterebbe 1,4 bambini per donna, mentre la media Ocse è di 1,7 bambini.

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