Nel mondo del business e degli affari, essere bravi e competenti è fondamentale per una leadership efficace. Tuttavia, un fenomeno psicologico noto come effetto Dunning-Kruger può portare individui con scarse abilità a sopravvalutare le proprie capacità, assumendo ruoli di comando e coordinamento per i quali non sono adeguatamente preparati. Scoprire quali sono le conseguenze che possono scaturire nel contesto aziendale è essenziale, così come è importante determinare le strategie per riconoscerlo e mitigarlo.
Non è raro assistere a dinamiche aziendali poco funzionali, domandarsi perché si verifichino e vivere male il proprio lavoro perché fatto in un contesto poco stimolante, a volte dannoso e decisamente non virtuoso. Conoscere determinati meccanismi che condizionano la mente dei propri superiori, permette di avere una maggiore consapevolezza, di affrontare le criticità con meno frustrazione e magari riuscire a fare qualcosa nell’ottica di un cambiamento e dell’ottimizzazione dei rapporti professionali.
Effetto Dunning-Kruger: come si manifesta
L’effetto Dunning-Kruger prende il nome da David Dunning e Justin Kruger, gli psicologi americani ai quali si deve dare il merito di averlo individuato. Si manifesta in diversi modi, analizzarli aiuta a comprenderlo maggiormente e a neutralizzarlo. Fra gli eventi inspiegabili che si verificano a causa sua ci sono le promozioni inadeguate. Persone con eccessiva fiducia possono essere promossi nonostante la mancanza di competenze necessarie sia soft skill che hard skill – causando frustrazione tra i colleghi più qualificati, che vedono vanificare tutti i propri sforzi sull’altare della mancanza di meritocrazia.
Anche una cultura aziendale tossica può esserne espressione. Una leadership basata sull’arroganza e la mancanza di autocritica può deteriorare l’ambiente di lavoro, riducendo la motivazione e aumentando il turnover del personale. Si lavora in un ambiente poco stimolante, nocivo e che spinge a non avere la giusta motivazione per dare il meglio di sé: non ne può scaturire nulla di buono.
Come si riconosce l’effetto Dunning-Kruger
Si dice che per sconfiggere il proprio nemico lo si deve conoscere, e questo caso non fa certo eccezione. Identificare questo effetto psicologico è il primo passo per affrontarlo e, si spera, neutralizzarlo. Se si nota una stima eccessiva delle proprie abilità da parte di un superiore o di un collega, potrebbe esserci un problema da risolvere. Alcuni individui, infatti, tendono a sottovalutare la complessità dei compiti e a sopravvalutare le proprie capacità.
Anche la resistenza al feedback, al confronto e alla critica costruttiva rappresenta un potenziale campanello d’allarme. Esistono persone che mostrano difficoltà nell’accettare commenti poco lusinghieri, ritenendo di avere sempre ragione e di non potere essere messi in discussione (anche e soprattutto in relazione al ruolo di superiorità che ricoprono). Sono presuntuose, arroganti e poco inclini all’ascolto: un muro di gomma contro il quale si continua a sbattere e sul quale si rimbalza, senza fare nessun passo avanti in termini di soddisfazione e riconoscimento del proprio valore.
L’effetto Dunning-Kruger si può manifestare anche con la mancanza di autoconsapevolezza. Si nota in chi non è in grado di riconoscere le proprie lacune e che, quindi, non cerca nuove, stimolanti opportunità di apprendimento e miglioramento del proprio profilo professionale. Si accontenta della mediocrità perché non ha una visione ampia, che gli permetta di guardare oltre e scorgere un potenziale maggiore.
Come si può ridurre l’effetto nocivo di questo meccanismo insano
Le aziende possono adottare diverse misure per ridurre l’impatto dell’effetto Dunning-Kruger sul personale. In questo modo si può agire sulla soddisfazione del personale e su migliori risultati in termini produttivi, anche con un monte ore settimanale minore. Basti pensare alle ripercussioni positive della settimana corta sul benessere dei dipendenti e, quindi, sulla loro capacità di portare a casa buoni risultati. Ne è un esempio tangibile quello di Lamborghini, un’azienda leader nel settore automobilistico sportivo e di lusso.
Si sono rivelati molto efficaci i feedback regolari. Fornire valutazioni costruttive aiuta i dipendenti a comprendere le proprie aree di miglioramento. Si fanno un’analisi e un’auto-analisi, contemporaneamente, per acquisire e fare acquisire maggiore consapevolezza.
In quest’ottica, anche la formazione continua è un ottimo ‘antidoto’. Promuovere programmi di sviluppo professionale per aggiornare le competenze aiuta ad avere una percezione più realistica di sé, delle proprie capacità e dei propri punti deboli. In questo modo, ci si può concentrare sui secondi per migliorarsi e dare un contributo più significativo agli obiettivi aziendali.
Altri strumenti per combattere l’effetto Dunning-Kruger
Le valutazioni oggettive, che si basano su metriche chiare per misurare le performance e le competenze, possono avere un ruolo determinante nel mitigare l’effetto Dunning-Kruger. Nel momento in cui i parametri sono universali o, perlomeno, riconosciuti come tali all’interno dell’azienda, si dà meno spazio alle libere interpretazioni e a chiavi di lettura soggettive, autoreferenziali e potenzialmente distorte.
Poi è il caso di promuovere la cultura dell’umiltà, incoraggiando lo sviluppo un ambiente in cui l’apprendimento e l’autocritica siano valorizzati. Si tratta di capacità troppo spesso sottovalutate e che, invece, sono estremamente virtuose. In questa maniera si punta a un upgrade costante, sia sul piano pratico che personale e umano. Non soltanto si diventa professionisti più preparati, ma anche meno presuntuosi e arroganti, validi soprattutto umanamente. Una caratteristica essenziale per migliorarsi e senza la quale nessun percorso di studi si può rivelare pienamente valido. Ne gioverebbe tutta l’azienda e si vedrebbero effetti anche sulla produttività.
L’effetto Dunning-Kruger rappresenta una sfida significativa nel contesto aziendale, poiché può portare individui non qualificati a ruoli di leadership, con responsabilità che possono avere ripercussioni anche di una certa entità sugli equilibri del contesto lavorativo. Ci possono essere anche conseguenze negative per l’organizzazione generale e nei rapporti con l’esterno.
Tutti fattori che, a lungo termine, possono portare anche al fallimento del business plan. Ecco allora che saper riconoscere e affrontare questo fenomeno attraverso feedback da parte di tutto il personale e una formazione mirata a migliorare sia l’aspetto professionale che quello umano può fare la differenza e portare conseguenze positive e solide anche a medio e lungo termine. In altri termini, è necessario promuovere una cultura aziendale sana e responsabile, così da poter garantire una leadership competente e un ambiente di lavoro produttivo a 360 gradi e su più livelli: sia ai piani alti che all’interno delle dinamiche che si determinano dal basso.
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