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Lavoro

Come attrarre talenti digitali e tenerli in azienda

Dagli sviluppatori IT ai sempre più richiesti data scientist, fino agli esperti di marketing digitale: i principali driver di scelta dei professionisti del tech secondo Oliver James

Costa stimola un talento del mercato digitale a restare o meno in un’azienda? La priorità è la flessibilità o le possibilità di carriera? Una fotografia delle aspettative dei professionisti digitali è stata scattata dall’osservatorio di Oliver James, recruiting firm che ha analizzato approfonditamente le principali priorità dei professonisti del settore. “Abbiamo raccolto oltre 20 mila informazioni rilevanti grazie a oltre 320 interviste one to one, che ci hanno permesso di mappare alcune delle esigenze più importanti per i data scientist, digital marketer e sviluppatori IT”, racconta Pietro Novelli, Country Manager per l’Italia di Oliver James. “Tutti questi dati sono fondamentali per il nostro modello di supporto alla selezione del personale, che da un lato si rivolge alle aziende per aiutarle ad attrarre i talenti migliori e dall’altro verso i talenti per accompagnarli nelle scelte più adatte per il loro futuro professionale e la soddisfazione personale”.

La ricerca dimostra infatti come i desideri, i bisogni e le aspettative verso il lavoro ideale siano diversi da talento a talento, seppur restando all’interno dell’ambito tech. Quali sono quindi le specifiche esigenze dei singoli professionisti nel valutare se cambiare o meno azienda?

Per gli sviluppatori IT, oltre al percorso di carriera (30%), i maggiori driver di soddisfazione sul posto di lavoro sono la flessibilità lavorativa (26%) e la formazione, lo sviluppo e l’aggiornamento costante delle proprie competenze (26%); fondamentale, in sostanza, lasciare tempo e spazio per sperimentare nuove tecnologie e dedicarsi, magari, a piccoli progetti di ricerca. Di minore interesse, invece, l’autonomia, intesa come la possibilità di gestire individualmente i progetti essendo direttamente responsabili (7%), la presenza di un programma di welfare aziendale (7%) e la possibilità di ricevere premi economici in base alla performance lavorativa e al raggiungimento degli obiettivi.

Preferenze diametralmente opposte, invece, per i data scientist, che scelgono come primo motivo di cambiamento i premi economici in base alle performance (26%) seguito dalla flessibilità oraria (22%), dal percorso di carriera (19%) e da una formazione costante, con dei programmi strutturati di miglioramento delle proprie competenze (15%), mentre restano più indietro l’autonomia (11%) e il welfare aziendale (7%).

Per quanto riguarda i professionisti del digital marketing, le scelte sembrano essere molto chiare. La maggiore flessibilità oraria (37%) è l’elemento decisamente più rilevante per una categoria che prima, in effetti, si è aperta a nuovi trend come lavoro agile e nomadismo digitale. Segue, ancora per distacco rispetto alle altre alternative, l’avere a disposizione un programma di miglioramento delle competenze (26%). Molto meno rilevanti tutti gli altri parametri disponibili, dal percorso di carriera (15%), all’autonomia (11%), fino ai bonus economici per le performance (7%) e il welfare aziendale (4%) che chiudono la classifica.

“Da quanto emerge dai dati ci sono elementi che più di altri potrebbero avere impatto sulla decisione di restare o di cambiare”, ammette Novelli. “Se la flessibilità oraria è infatti considerata un must have per tutte le categorie di professionisti coinvolti (che, per il 45%, l’hanno reputata un elemento ormai fondamentale per il lavoro), la possibilità di poter migliorare le proprie competenze è ciò che più di altro determinerebbe la scelta al cambiamento (tasso di risposta oltre 50%), confermando che la formazione continua è un elemento importante per attrarre e (o trattenere) talenti. Importante per scegliere di non lasciare la propria azienda, infine, un buon piano di welfare aziendale e un definito percorso di avanzamento carriera, giudicati gli elementi fondamentali per “non guardarsi intorno” dal 40% del panel. Inoltre, per tutte e tre le tipologie di lavoratori si evidenzia l’importanza di disporre di almeno tre giorni alla settimana di smart working”.

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