AI, motore del lavoro del futuro: più produttività e nuove sfide per i Ceo

Due studi globali, firmati Pwc e Ibm, mostrano come l’intelligenza artificiale stia trasformando il mondo del lavoro: aumentano salari e produttività, ma servono competenze, visione strategica e investimenti mirati

AI, motore del lavoro del futuro: più produttività e nuove sfide per i Ceo© Shutterstock

L’intelligenza artificiale non sta rubando il lavoro, lo sta riscrivendo. E mentre il mercato si trasforma, emergono due verità fondamentali: l’AI premia chi sa usarla e sfida chi la guida. A confermarlo sono due recenti studi internazionali condotti da Pwc e Ibm, che offrono uno spaccato complementare della rivoluzione in corso.

Secondo il PwC Global AI Job Barometer 2025, i lavoratori con competenze in intelligenza artificiale sono oggi più produttivi, meglio retribuiti e sempre più richiesti. I numeri parlano chiaro: nel 2024 i “premi di produzione” per questi profili hanno raggiunto in media il 56%, più del doppio rispetto all’anno precedente. Allo stesso tempo, i settori maggiormente esposti all’AI – come finanza e software – hanno visto una crescita della produttività del 27%, quasi quattro volte superiore a quella dei comparti meno impattati.

L’occupazione non è in calo, anzi. I ruoli legati all’AI sono aumentati del 38% negli ultimi cinque anni, compresi quelli automatizzabili, grazie a un progressivo passaggio da mansioni sostituibili a mansioni potenziate dalla tecnologia. In parallelo, la domanda di competenze sta cambiando più rapidamente che mai: +66% nei ruoli esposti all’AI rispetto agli altri ambiti lavorativi.

AI: nello studio Ibm le nuove sfide per i Ceo

Se per i lavoratori l’AI rappresenta un’opportunità, per i Ceo è una sfida strategica. Lo evidenzia l’Ibm Ceo Study 2025, che ha coinvolto 2 mila leader aziendali in 33 Paesi. Il 61% di loro dichiara di adottare già agenti AI e prevede che il tasso di crescita degli investimenti in questo ambito raddoppierà entro due anni. Tuttavia, solo un Ceo su quattro afferma che le iniziative in AI hanno restituito finora il Roi atteso. Solo il 16% ha avuto un impatto su scala aziendale. La causa? Un’infrastruttura tecnologica spesso disomogenea e una carenza diffusa di competenze. Il 64% ammette di investire in nuove tecnologie prima ancora di comprenderne pienamente il valore.

In questo scenario, leadership e talento diventano le vere leve del cambiamento. Il 69% dei Ceo individua nella presenza di leader preparati e abilitati alla decisione un fattore critico per il successo, mentre il 67% afferma che la differenziazione passa dalle competenze giuste, nel ruolo giusto, con gli incentivi giusti.

E proprio il talento è il punto di contatto tra i due studi. Mentre Pwc registra un calo nella richiesta di lauree nei ruoli AI (sintomo di una ricerca più orientata alle competenze pratiche), Ibm evidenzia che il 31% della forza lavoro avrà bisogno di riqualificazione entro tre anni e che il 54% dei Ceo sta assumendo per ruoli che un anno fa non esistevano.

Se da un lato l’intelligenza artificiale sta già generando valore reale per imprese e lavoratori, dall’altro richiede una governance consapevole, una cultura aziendale agile e una strategia di investimento chiara. In ballo non c’è solo il futuro del lavoro, ma la capacità delle aziende di competere nel nuovo contesto economico globale.

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