Pubblicato dal New York Times, il grafico è chiaro quanto impietoso: nei primi sei mesi del 2025, il dollaro statunitense ha perso il 10,7% del suo valore rispetto a un paniere di valute estere. Un crollo che non si vedeva da oltre 50 anni, precisamente dal 1973.
In quell’anno, l’intero sistema valutario mondiale fu stravolto dalla decisione degli Stati Uniti di sganciare il dollaro dall’oro. Oggi, invece, le ragioni del crollo sono da cercare altrove: nel caos geopolitico, nella confusione della politica fiscale americana e nella crescente sfiducia degli investitori globali.

Fonte: The New York Times
Dollaro Usa: le ragioni del crollo
A pesare sul biglietto verde sono soprattutto le scelte del presidente Donald Trump, tornato alla Casa Bianca a gennaio. L’avvio del suo secondo mandato è coinciso con l’imposizione – spesso improvvisa e contraddittoria – di dazi verso numerosi Paesi. Queste mosse hanno alimentato incertezza nei mercati finanziari e nei commerci globali, contribuendo a frenare gli scambi e a raffreddare la fiducia degli investitori.
Non solo. Alla base della debolezza del dollaro ci sono anche i timori per la tenuta dei conti pubblici americani. L’annunciata One Big, Beautiful Bill Act, che prevede tagli alle tasse per i più ricchi e un aumento della spesa militare, dovrebbe infatti aumentare il debito pubblico di oltre 3.000 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. Una prospettiva che ha spinto molti investitori a ridurre l’esposizione sul dollaro e sui titoli di Stato americani.
Il quadro è aggravato da uno scenario internazionale segnato da forti tensioni: dal conflitto Israele-Iran al piano fiscale tedesco, fino al Liberation Day europeo del 2 aprile. Questi eventi hanno alimentato una corsa verso asset considerati più sicuri, come l’oro, che ha messo a segno un impressionante +25% da inizio anno. In parallelo, l’euro ha guadagnato il 13% rispetto al dollaro: una dinamica che rende oggi più vantaggioso per gli europei viaggiare e acquistare negli Stati Uniti, ma penalizza i cittadini americani che si muovono nella direzione opposta.
Per gli analisti, quella del 2025 potrebbe non essere una semplice fase transitoria. Secondo Goldman Sachs, infatti, la tendenza strutturale all’indebolimento del dollaro è destinata a proseguire, anche a causa della difficoltà crescente per gli Stati Uniti di attrarre capitali esteri sufficienti a finanziare il loro disavanzo delle partite correnti. Il grafico in pagina riassume il momento in modo impeccabile: una linea rossa che scende, inesorabile, più di tutte le altre degli ultimi cinquant’anni.
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