Delfin, pressing per vendere tutti gli asset tranne uno

Alcuni soci chiedono di dismettere le partecipazioni finanziarie 'no core' per concentrare il patrimonio sulla quota di EssilorLuxottica. Sul tavolo anche il futuro della governance

Delfin, pressing per vendere tutti gli asset tranne uno© Shutterstock

Il futuro di Delfin potrebbe passare attraverso una radicale semplificazione del portafoglio: cedere tutte le partecipazioni finanziarie, tranne quella in EssilorLuxottica, e trasformare la holding della famiglia Del Vecchio in un veicolo concentrato su un unico asset strategico. Sarebbe questa la linea promossa avanzata da diversi azionisti, che vedono nella valorizzazione del patrimonio e nella distribuzione dei proventi la via più efficace per sbloccare lo stallo attuale sulla governance e sull’eredità di Leonardo Del Vecchio.

La galassia societaria di Delfin: un patrimonio da 50 miliardi di euro

Il pressing dei soci, come evidenziato da un articolo del Sole 24 Ore di Oggi, si concentra su un patrimonio finanziario oggi valutato oltre 12 miliardi di euro. Le quote in Generali, Mediobanca, UniCredit e Monte dei Paschi hanno registrato negli ultimi anni un’importante rivalutazione, rendendo più attraente l’ipotesi di una cessione ordinata.

Secondo alcune ricostruzioni del quotidiano economico, il piano prevedrebbe una dismissione articolata in due fasi: la prima riguarderebbe la valorizzazione delle partecipazioni in Generali e UniCredit, mentre per Mediobanca l’idea sarebbe di attendere gli sviluppi di un’eventuale integrazione con Mps prima di procedere con una vendita.

Oggi Delfin vale oltre 50 miliardi di euro, grazie soprattutto all’incremento della capitalizzazione di EssilorLuxottica, passata da 64 a 110 miliardi di euro. La sola quota del 32% detenuta nel colosso degli occhiali rappresenta un tesoro da 35,4 miliardi. A questo si sommano le partecipazioni finanziarie, che garantiscono un apporto importante: 4,6 miliardi dalla quota del 10% in Generali, 3,2 miliardi dal 20% di Mediobanca, 2,3 miliardi dal 2,7% in UniCredit, e circa 860 milioni dalla recente partecipazione del 9,8% in Mps.

Governance ferma e dividendi congelati: serve un compromesso

Ma il nodo non è solo patrimoniale. Le divisioni tra gli otto eredi di Leonardo Del Vecchio restano profonde. A tre anni dalla scomparsa del fondatore, non è ancora stato trovato un accordo stabile sulla governance e sullo statuto. Il consiglio di amministrazione attuale, composto da Francesco Milleri, Mario Notari e Romolo Bardin, è stato nominato a tempo indeterminato secondo il volere dell’imprenditore.

Come riportato anche dal quotidiano la Repubblica, una parte della famiglia contesterebbe questa impostazione, chiedendo l’introduzione di mandati a termine per aprire a una maggiore rotazione e controllo interno. Un cambiamento statutario che richiede però l’unanimità, finora mai raggiunta. Anche il tema dei dividendi è diventato centrale. L’assemblea per l’approvazione del bilancio 2024 e dell’eventuale distribuzione degli utili è stata rinviata al 31 luglio, nella speranza che emerga un’intesa tra le parti.

L’anno scorso, nonostante l’approvazione del bilancio, i dividendi non furono distribuiti a causa dell’opposizione di tre eredi – Luca, Clemente e Paola – e di Claudio Del Vecchio. La loro strategia è stata finora quella di bloccare la liquidità per spingere verso una revisione dello statuto.

Nel frattempo, però, le esigenze di cassa si fanno sentire. Alcuni degli eredi devono sostenere i costi legati a ville e barche ereditate, mentre Leonardo Maria Del Vecchio ha costruito un family office attivo, LMDV Capital, che ha già investito in diverse realtà, tra cui Billionaire, Twiga, Fiuggi e Leone Film Group. La pressione per ottenere liquidità e consolidare le proprie posizioni si riflette ora nella crescente volontà di arrivare a una distribuzione dei dividendi, resa possibile da un utile previsto per il 2024 pari a un miliardo di euro. Il confronto tra gli azionisti, tuttavia, resta aperto e complesso.

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