Investimenti e cervelli in fuga: l’Italia è un Paese da cui fuggire

Colpa delle condizioni fiscali sfavorevoli e della “concorrenza sleale” di altri Stati, in cui il costo del lavoro è molto basso

Un Paese da cui fuggire: ecco come appare l’Italia oggi agli occhi sia degli investitori sia dei lavoratori. A dirlo un’indagine Censis, presentata ieri in occasione della celebrazione del Centenario di Confcooperative, da cui emerge che il nostro Paese è fra gli ultimi in Europa per la capacità di attirare investimenti, e fra i primi invece per la fuga di cervelli. Solo Romania e Polonia ci superano per l’emigrazione di capitale umano. Le ragioni? Innanzitutto, le condizioni fiscali sfavorevoli per chi vuole investire. Ricordiamo che ogni Stato europeo ha un proprio sistema fiscale: ebbene, fra i 28 dell’Unione Europea, quattro sono decisamente convenienti. Si tratta di quelli di Lussemburgo, Lituania, Irlanda e Romania, che hanno un’aliquota fiscale implicita sul reddito delle società che si colloca al di sotto dell’11%. Altri cinque restano, comunque, sotto il 15%. Ovviamente sono questi nove ad attrarre le attività economiche. Il risultato? Se la quota di investimenti esteri sul Pil per la Francia, per esempio, arriva al 31,8%, per l’Italia si ferma al 20,3%.

Se gli investimenti faticano ad arrivare, le risorse umane scappano: l’Italia, con una quota dell’8% di cervelli in fuga, è al terzo posto nella classifica dei Paesi dai quali nel 2017 sono “fuggite” 17 milioni di persone. Sede privilegiata di questa delocalizzazione continuano a essere i Paesi dell’est, dove il costo del lavoro è molto più basso. Basti pensare che in Bulgaria i salari minimi sono pari a meno di due euro, contro gli oltre dieci di Francia e Lussemburgo. Tuttavia, è sempre più gettonata anche la Cina, soprattutto per i Paesi dell’area Ue-15.

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