Le tensioni commerciali riaccese dalla nuova amministrazione statunitense, in particolare con l’introduzione di dazi “reciproci”, stanno ridisegnando le strategie di crescita delle aziende italiane. Secondo quanto emerge dall’EY-Parthenon Bulletin, aggiornato ad aprile 2025, il 58% delle realtà del nostro Paese ha deciso di posticipare gli investimenti previsti, preoccupato dagli effetti a catena delle nuove barriere tariffarie.
Le politiche protezionistiche adottate dagli Stati Uniti, sebbene annunciate da tempo, hanno preso pienamente forma nei primi mesi del 2025. Le aziende italiane — come molte altre a livello globale — si trovano a dover affrontare una fase di incertezza senza precedenti, che coinvolge non solo i rapporti commerciali ma anche le scelte strategiche legate agli asset produttivi, alla localizzazione degli stabilimenti e alla struttura delle supply chain. Questo clima ha spinto più della metà delle imprese a fermare o rinviare progetti di investimento, non solo in Italia ma anche in Stati Uniti (56%), Asia (54%) ed Europa (53%).
Come si stanno muovendo le aziende italiane
Nonostante il contesto sfavorevole, secondo l’analisi di EY il tessuto imprenditoriale italiano sta dimostrando una notevole capacità di reazione. Il 54% delle imprese ha già iniziato a riposizionare le proprie risorse su mercati alternativi, superando per dinamismo sia le aziende statunitensi (43%) che quelle europee (39%). Le principali contromisure adottate includono la revisione delle catene di fornitura — con un ritorno alla produzione locale o regionalizzata — e un’accelerazione nei processi di innovazione, soprattutto a livello di design e progettazione, per ridurre la dipendenza da Paesi fortemente impattati dalle politiche tariffarie degli Stati Uniti.
Parallelamente, joint venture e alleanze strategiche stanno diventando leve fondamentali per affrontare la rivoluzione tecnologica in atto, condividendo costi e rischi. Il 68% degli intervistati identifica in queste forme di collaborazione la principale opzione per affrontare il nuovo scenario competitivo.
Il contesto di incertezza ha avuto ripercussioni anche sul mercato delle acquisizioni. Come evidenziato da EY, Nei primi quattro mesi del 2025, in Italia sono state annunciate 390 operazioni, con un calo del 16% rispetto allo stesso periodo del 2024. Ancora più marcata la contrazione in termini di valore, sceso del 70%, soprattutto per l’assenza di megadeal (operazioni sopra il miliardo di euro). Nonostante ciò, la pipeline rimane solida, in particolare nei settori finanziario, fashion & luxury e industriale. I fondi di private equity, seppur in calo nelle operazioni, continuano a giocare un ruolo cruciale nella trasformazione delle imprese italiane, sostenendo strategie di consolidamento e crescita.
Le tensioni commerciali impattano in misura diversa i settori dell’economia italiana. Il comparto consumer — che include beni di largo consumo, retail e moda — è tra i più esposti. Nel fashion & luxury, in particolare, la temporanea sospensione dei dazi da parte dell’amministrazione Trump offre solo un sollievo momentaneo. Il rischio di nuove tariffe fino al 30% potrebbe accentuare la polarizzazione del mercato: i marchi di fascia alta potrebbero trasferire gli aumenti ai consumatori, mentre i brand premium o in rilancio rischiano una contrazione della domanda già dal terzo trimestre. Nel settore grocery, l’impatto diretto dei dazi sarà contenuto, ma si registra una forte attenzione ai prezzi e alla fidelizzazione dei clienti. Per il non-food retail, si prevede una razionalizzazione della rete vendita e una crescita delle vendite online.
Riflessioni sull’Intelligenza Artificiale (AI)
In parallelo alle turbolenze tariffarie, si affaccia anche un ripensamento sull’intelligenza artificiale. Il 40% delle aziende italiane, infatti, dichiara di rivedere l’intensità degli investimenti in tecnologie AI a causa di un ritorno economico inferiore alle attese. Un dato ben superiore alla media globale, che si attesta al 25%. Questo evidenzia come, pur riconoscendone il potenziale trasformativo, molte imprese stiano adottando un approccio più cauto, preferendo investimenti più graduali e orientati al medio-lungo termine.
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