Dazi, anche l’Fmi taglia il Pil: “L’Italia rallenta la crescita a +0,4%”

Dazi, anche l’Fmi taglia il Pil: “L’Italia rallenta la crescita a +0,4%”© Shutterstock

I dazi Usa voluti dal neopresidente Donald Trump stanno causando un rallentamento del Pil globale, che si vede quasi dimezzato: a dirlo è il Fmi che analizza anche la situazione dell’Italia e di tutta l’Eurozona.

Il Fondo avverte che l’economia mondiale vive una “fase critica”. La crescita del Prodotto interno lordo rallenterà, passando da un +3,3% a +2,8%. Le guerre commerciali provocano una certa volatilità dei mercati.

Il nostro Paese, nonostante i tentativi di applicare la responsabilità fiscale, vedrà calare il suo Pil di 0,3 punti percentuali, dal +0,7% di gennaio 2025 al +0,4%. Tuttavia la situazione è più complicata per altri Stati membri. Basti pensare alla Germania, con le stime ridotte a crescita 0. La Spagna, invece, è l’eccezione con  un rialzo dello 0,2%. 

Nonostante tutto parte dagli States, anche il loro Prodotto interno lordo ne risente. Dopo essere cresciuto del 2,8% nel 2024, scenderà all’1,8% nell’anno in corso perdendo 0,9 punti percentuali rispetto al mese di gennaio.

Le ripercussioni dei dazi Usa in Italia

La guerra dei dazi, lo ha confermato il Fmi, provocherà una riduzione del Pil anche in Italia, ma questo che ricadute avrà sulla disoccupazione? Resterà al 6,7% nel 2025 e nel 2026, mentre il debito pubblico quest’anno salirà al 137,3% dal 135,3 del 2024, con un ulteriore aumento al 138,5% nel 2026.

Il Pil dell’area dell’Eurozona aumenterà nel 2025 solo dello 0,8%, prima di riprendersi nel 2026 con un +1,2%. “Non vediamo una recessione”, ha detto il capo economista del Fmi, Pierre-Olivier Gourinchas. Tuttavia le possibilità che si verifichi negli Usa sono aumentate dal 25% a circa il 40%.

Gourinchas ha risposto anche agli attacchi nei confronti di Jerome Powell, il presidente della Fed, la Federal Reserve. “Le banche centrali devono restare credibili, e parte di questa credibilità dipende dalla loro indipendenza. Si trovano ad affrontare un momento delicato – ha detto – I dazi negli Usa aumenteranno le pressioni sui prezzi. Prevediamo che l’inflazione resti al 3% quest’anno”. Dunque, il ruolo delle banche centrali dovrà essere quello di contrastare l’aumento dei prezzi, senza interferenze o condizionamenti da parte dei Governi.

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