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Arte

Max Ernst: un umanista a Palazzo Reale di Milano

Una mostra, la prima retrospettiva in Italia, racconta il poliedrico artista attraverso oltre 400 opere

L’ange du foyer , 1937 (© SIAE 2022)

Pittore, scultore, poeta e teorico dell’ar­te tedesco poi naturalizzato americano e francese, Max Ernst (1891-1976) è figu­ra straordinariamente poliedrica ma an­cora poco nota nel nostro Paese: ecco per­ché la mostra che ora Milano gli dedica, al piano nobile di Palazzo Reale, è certa­mente significativa (e non solo perché è la sua prima retrospettiva in Italia). Pro­dotta da Palazzo Reale con Electa e cura­ta da Martina Mazzotta e Jürgen Pech, presenta oltre 400 opere tra dipinti, sculture, disegni, collage, fotografie, gioielli e libri illustrati provenienti da musei, fon­dazioni e collezioni private, come la Peg­gy Guggenheim Collection, la Tate Gal­lery di Londra, il Centre Pompidou di Parigi (da questo mese e fino al 26 febbraio).

Tra i lavori in mostra, scanditi in nove sale tematiche che seguono i quattro perio­di della lunga vita dell’artista, un’ottanti­na di dipinti e documenti non vengono esposti al pubblico da parecchi decenni. L’immensa vastità di temi e sperimentazio­ni dell’opera di Ernst si spalma su 70 anni di storia del XX secolo, tra Europa e Sta­ti Uniti, sfuggendo costantemente a una qualsivoglia definizione: visionario, arti­sta-filosofo, alchimista del colore e del­le teorie della percezione, Max Ernst viene presentato in questo contesto (finalmen­te) come un “umanista” nel senso più am­pio del termine, un titolo più che meritato.

Oedipius Rex-Max-Ernst © SIAE 2022

L’opera Oedipius Rex, risalente al 1922, da cui parte il percorso espositivo

Il percorso espositivo, che parte con il ca­polavoro Oedipus Rex, dipinto giusto un secolo fa, comincia dalla formazione in Germania, con lo shock della guerra e l’ap­prodo al Dadaismo per poi passare, nel­le due sale successive, agli anni francesi, ai tanti amori, alle sperimentazioni del Surrealismo. Sotto il nazismo, Ernst deve scap­pare dall’Europa e per convenienza sposerà per breve tempo la ricca collezionista ame­ricana Peggy Guggenheim (prima del gran­de amore con Dorotea Tanning, squisita e originale artista): approda a New York e poi in Arizona dove la natura e le riflessio­ni sulle forme del paesaggio, in perenne bi­lico tra realtà e fantasia, caratterizzano la sua prolifica produzione.

Questo artista ha cento vite e dopo il periodo americano, or­mai da riconosciuto maestro, torna in Eu­ropa a metà degli anni 50: le sue creazio­ni guardano ora all’antico, si concentrano sul tema della memoria, l’arte diventa vei­colo per rileggere il passato e intuire il fu­turo. La conclusione degna di un percorso così denso e affascinante sta nel finale, con lo sguardo di Ernst rivolto alle stelle e a un cosmo tutto da ammirare.

Danseur sous le ciel-Max-Ernst © SIAE 2022

‘Danseur sous le ciel’ (Le noctambule), datata sempre intorno al 1922