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Hi-Tech

Cinque ragioni per cui il futuro sarà fintech

La pandemia ha messo in evidenza la necessità per le banche di innovare sempre di più ma anche il potere inclusivo della digitalizzazione

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Una delle evidenze emerse nel corso dell’emergenza sanitaria è che l’era del fintech è ormai iniziata e che in futuro il settore non potrà che crescere. Perché? l’ufficio studid di BorsadelCredito.it ha elaborato cinque ragioni a sostegno di questa previsione.

1. Il boom della digitalizzazione (anche dei pagamenti) nell’epoca del distanziamento sociale

Il Covid-19 è stato un disastro a livello umano ed economico, ma un trend che ne ha beneficiato è senza dubbio quello della digitalizzazione. E in Italia ha preso forza anche una dinamica su cui siamo tradizionalmente indietro: quella dei pagamenti digitali. Secondo l’Osservatorio Innovative Payment del Polimi, nel 2019 i pagamenti innovativi valevano oltre 3,1 miliardi di euro (+109% rispetto al 2018) dei 270 miliardi complessivi dei pagamenti non cash in Italia (+11% anno su anno). Ma, l’effetto Covid, stimato da Netcomm, è esponenziale: nei primi 4 mesi del 2020 ci sono stati 2 milioni di nuovi compratori online, contro i 700mila dello scorso anno. PayPal nel primo trimestre ha rilevato cambiamenti straordinari delle abitudini di consumo degli italiani: 10 milioni di nuovi utenti attivi (+135% rispetto al 2019), +22% del volume totale dei pagamenti. Numeri che impressionano in un Paese in cui circa l’85% dei pagamenti che avviene ancora in contanti. L’Europa d’altronde, come rileva la stessa BCE, vede avvenire in contanti “il 76% circa di tutte le transazioni, pari a oltre la metà del volume totale di tutti i pagamenti”. Il vento sta cambiando e soffia verso Oriente: in Cina i pagamenti digitali sono già la norma. L’evoluzione accelerata dalla pandemia, ci condurrà, più o meno speditamente, nella stessa direzione.

2. La pandemia ha reso evidente che sia necessario rafforzare la collaborazione tra banche e FinTech

World FinTech Report 2020 di Capgemini ed Efma rileva che il divario tra le aspettative dei clienti e l’attuale offerta degli istituti tradizionali non è mai stato così ampio. La ragione è che gli investimenti delle banche si sono concentrati sul front end, ovvero sulle interfacce grafiche, e non sul miglioramento delle logiche di funzionamento sottostanti, quel back-end che è ciò che migliora la customer experience: esperienze altamente personalizzate, in tempo reale e basate sui dati, che sono il core business di BigTech e FinTech. Ed è chiaro che una maggior collaborazione può accelerare la transizione delle banche tradizionali, che in alternativa dovrebbero creare in house risorse e strumenti per digitalizzarsi affrontando investimenti pesanti anche per modificare le tecnologie legacy. Gli strumenti FinTech invece sono pronti all’uso e modulari, spesso direttamente integrabili con gli hardware e i software bancari e abilitano immediatamente direttamente esperienze d’uso più soddisfacenti per il cliente finale. Perché hanno un contenuto tecnologico potente: per esempio, la blockchain applicata alla finanza commerciale, alla gestione dei sinistri assicurativi e alla registrazione della proprietà dei beni rende quelle attività molto più efficienti. I servizi di robo-advisory consentono di raggiungere clienti nuovi e diversi e diventano commodity per chi si occupa di risparmio gestito, soprattutto nel post Covid.

3. Nel mondo post Covid la cybersecurity sarà una priorità

Con la digitalizzazione resa necessaria dalle misure di distanziamento sociale, la spesa in sicurezza informatica delle aziende è una delle poche voci che ha segnato un incremento nei tre mesi di lockdown. I punti di attacco più usati dagli hacker sono i cellulari: secondo il Security Report 2019 del colosso della sicurezza informatica Check Point, il 27% delle aziende in tutto il mondo ha subito attacchi informatici che hanno compromesso la sicurezza dei dispositivi mobile. Nel futuro si investirà sempre di più per proteggere furti di dati. Per farlo è necessario segmentare l’accesso alle informazioni in modo che sia consentito selettivamente ai dipendenti solo per i dati necessari per svolgere determinate funzioni. Ma si dovrà anche investire in formazione: la crisi legata alla pandemia di Covid-19 ha messo in luce l’impreparazione di molte aziende, mentre aumentavano gli attacchi hacker. Ne beneficeranno tutte le startup che hanno come core business i sistemi di protezione e il fintech diventerà un ambiente sempre più sicuro.

4. Il fintech abilita l’inclusione finanziaria della popolazione non bancarizzata

Secondo la Banca mondiale, nel mondo il 69% degli adulti (3,8 miliardi di persone) aveva un conto bancario nel 2018, rispetto al 51% nel 2011. La percentuale di coloro in questo universo che ha inviato o ricevuto un pagamento digitale, secondo lo stesso studio, è aumentata dal 67% nel 2014 al 76% nel 2017. Ma, allo stesso tempo, ci sono 1,7 miliardi di adulti non bancarizzati, nonostante possiedano un telefono mobile. E non è un problema che riguarda solo il mondo emerging. Anche nei Paesi sviluppati ci sono clienti sottobancarizzati, che hanno cioè un conto ma che non ottengono un livello di servizio sufficiente: un quarto dei cittadini Usa per esempio soffre di questa debolezza. Che il fintech sia la via per rendere i servizi bancari più accessibili lo dimostra l’esempio del Sud Est asiatico dove la quota di persone titolari di un conto è passata dal 23% al 70% dal 2014 a oggi grazie alla diffusione della telefonia mobile: l’avanzamento è stato guidato dall’India dove con l’identificazione biometrica la quota di titolari di conto è stata portata all’80%. Oltre 350 milioni di indiani hanno ottenuto un conto bancario negli ultimi cinque anni grazie alla combinazione di software (il sistema Aadhaar, una sorta di registro pubblico delle persone, che consente l’identificazione digitale) e hardware (impronte digitali e scanner iridei).

5. Cina e India: i poli fintech a cui guardare

Per quanto detto, i luoghi a cui guardare in futuro e immaginare la parabola di sviluppo del fintech non sono vicino a noi ma sono nell’estremo Oriente, segnatamente in Cina e in India. La prima è la culla del digitale e delle conglomerate big tech che stanno trasformando il concetto tradizionale del retail spostando tutte le operazioni (comprese quelle finanziarie) online: Tencent e Alibaba fanno da arieti con due colossi dei pagamenti come WeChat e Ant Financial che si spartiscono il mercato dei pagamenti. La Cina ha quasi 900 milioni di utenti nei servizi di pagamento che effettuano circa 80 miliardi di transazioni l’anno. Nel 2011 i pagamenti mobili rappresentavano solo il 3,5% del totale e nel 2019 siamo all’85%.L’India è il Paese dove il banking nasce di fatto digitale e si arriva al fintech senza passare da filiali e banche fisiche. E dove il fintech, grazie al sistema di identificazione biometrico che garantisce la sicurezza, consente di raggiungere aree rurali dove altrimenti con ogni probabilità i servizi bancari non sarebbero mai arrivati. Con questo sistema i piccoli commercianti possono a basso costo identificare le persone e accettare pagamenti digitali in sicurezza. Modelli, che ancora di più oggi, risultano vincenti.

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Photo by Jonas Leupe on Unsplash