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Sostenibilità

Fondazione Italia Sociale: al servizio del non profit

È la mission della onlus nata per aumentare le risorse private da dedicare al Terzo settore. Ecco come

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Sostenere, incentivare, valorizzare il Terzo settore: la mission di Fondazione Italia Sociale (Fis) è chiarissima. Nata per volontà dello Stato, del Comitato di gestione fanno parte dieci membri: tre designati rispettivamente dal presidente del Consiglio, dal Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, dal ministro dell’Economia e delle Finanze; uno nominato dal Consiglio nazionale del Terzo settore; sei in rappresentanza degli enti profit e non profit che costituiscono il Collegio dei partecipanti. Fis vuole essere una fondazione nazionale con lo scopo di aumentare le risorse private da dedicare a iniziative e progetti sociali di dimensioni e impatto per tutto il Paese. Una vera e propria novità nel panorama della filantropia italiana, modellata sull’esempio delle grandi fondazioni di altre nazioni europee come Francia, Belgio e Regno Unito.

Il momento storico in cui nasce Fis risale a pochi anni fa. Tra il 2016 e il 2017 viene portata a termine la riforma del Terzo settore sancendo, di fatto, una forma giuridica per tante associazioni, imprese sociali e cooperative sociali. Se precedentemente all’interno delle norme il Terzo settore non era riconosciuto, da quel momento in poi se ne definisce l’ambito, le caratteristiche e vengono fornite indicazioni precise per alcune linee di sviluppo. In questo quadro si inserisce la Fondazione, che mira a sostenere un’ulteriore crescita del settore. «La legge è arrivata a sancire un fenomeno che in Italia era ormai già presente», afferma Gianluca Salvatori, segretario generale di Fondazione Italia Sociale. «Basta guardare ai numeri: oggi gli addetti diretti sono quasi un milione e le realtà che vi fanno capo sono circa 580 mila. Il giro d’affari generato è superiore ai 75 miliardi di euro, 20 anni fa era inferiore ai 50».

In fondo, la legge del 2017 prende atto che queste realtà, molto diverse tra loro, hanno assolto una funzione sempre più importante nel Paese, perché sono state in grado di intervenire in ambiti dove lo Stato non è risultato efficace. Allo stesso tempo, poi, proprio per la vocazione con cui nascono, sono vicine ai bisogni delle persone. «Bisogni che oggi sono sempre più personalizzati», continua Salvatori. «Non ci sono più problematiche monolitiche, come poteva accadere in passato, ma più articolate e complesse, frutto di una società in continua evoluzione. Qualche esempio? Le nuove forme di povertà, l’invecchiamento della popolazione che richiede nuovi servizi per gli anziani, l’integrazione lavorativa delle persone con disagio, il tema dei migranti… Ci sono decine di casi in cui il Terzo settore ha saputo cogliere i nuovi bisogni e soddisfarli con risposte adeguate». Da queste premesse l’impegno di Fis: portare maggiori risorse, soprattutto provenienti da privati, al Terzo settore. Anche perché, se nel passato il non profit era finanziato in buona parte con risorse pubbliche, oggi non è più così a causa dei tagli e di una domanda sempre più frequente da parte dei cittadini.

Allora l’unica strada percorribile è ricorrere al mondo delle imprese e delle fondazioni. «Riteniamo ci sia ancora margine per aumentare la disponibilità filantropica degli italiani. Consideriamo che l’ammontare delle donazioni è stabile da molti anni e si stima attorno ai 10 miliardi di euro all’anno. Occorre quindi canalizzare più risorse private verso attività non profit aumentando questa cifra».

In che modo? Le iniziative che la Fondazione sta portando avanti sono molteplici. In primo luogo, la Lotteria Filantropica che, diventata legge dello Stato, è pronta a partire nel 2022. Aziende e privati, comprando un biglietto, fanno una donazione, con i vantaggi fiscali che ciò comporta. Il premio consiste in una vincita morale e il vincitore acquisisce il diritto a scegliere, tra i progetti di Lotteria Filantropica, quello a cui destinare il 10% del ricavato di tutta la lotteria. Il resto andrà a finanziare la realizzazione degli altri progetti. È poi stata creata la Fondazione Donor Italia, che offre tutti i servizi e le competenze per realizzare progetti filantropici “personalizzati” attraverso la creazione di un fondo filantropico individuale (Donor Fund), che segue le volontà del donatore stesso, il quale non dovrà quindi dotarsi di una propria struttura di erogazione. Sempre guardando a ciò che accade all’estero, Salvatori sottolinea la virtuosità dell’idea: «C’è una fascia di cittadini che vorrebbe fare donazioni, ma non ha le risorse per costituire una fondazione filantropica ben strutturata. Qui interviene Fis, gestendo per conto terzi singoli fondi che vengono attivati dal donatore, il quale indica anche lo scopo della donazione. In questo modo in Francia hanno raccolto un patrimonio di 900 fondi per un ammontare di 1 miliardo e mezzo di euro. Siamo convinti che anche in Italia si possa seguire questa strada».

Al di là dei due strumenti citati di cui la Fondazione si è già dotata, i progetti non finiscono certo qui. «Nel nostro Paese mancano organismi in grado di intervenire su grandi progetti nazionali che abbiano bisogno di ingenti risorse», evidenzia il segretario generale. «Vogliamo colmare la lacuna presentando pochi, ma ambiziosi, progetti ogni anno. Niente ancora è stato attivato ma sono stati individuati alcuni temi caldi, uno di questi l’inserimento lavorativo dei migranti. Lo scopo ultimo dei progetti dovrà essere creare nuova occupazione, facendo incontrare la domanda e l’offerta». Fondazione Italia Sociale si sta spendendo anche sul tema delle imposte di successione e donazione. In un Paese che invecchia, c’è una percentuale di popolazione importante che non ha eredi diretti che genera una cifra molto consistente, circa 129 miliardi di euro, di cui una parte potrebbe essere indirizzata verso il non profit. La proposta di Fis è di intervenire sull’imposta di successione, che oggi è tra le più basse al mondo, per introdurre aliquote più elevate nei casi di parentela meno diretta (dal quarto al sesto grado). «La disponibilità di risorse aumenterebbe di non poco e si creerebbe anche un meccanismo di responsabilità».

Un ultimo aspetto di interesse riguarda la locazione di risorse pubbliche. «Il Terzo settore riceve risorse pubbliche attraverso vari strumenti, ma le modalità di accesso sono molto frammentate e risulta quindi faticoso intercettare i fondi. C’è un esempio che lo dimostra: il Mise ha creato un fondo da 223 milioni di euro per le cooperative sociali, a distanza di quattro anni ne sono stati usati meno del 10%, perché i meccanismi di accesso sono troppo complicati. Insieme a Invitalia stiamo lavorando alla creazione di un unico fondo nazionale, che possa semplificare al massimo le procedure di accesso e le renda omogenee». Occorre ricordare che anche l’Unione europea sta riconoscendo un peso sempre maggiore al Terzo settore come soggetto in grado di intervenire non solo per risolvere problemi ma, soprattutto, generare sviluppo dando risposte ai bisogni sociali. In questo senso potrebbe rivelarsi uno strumento interessante anche il Pnrr. Forse è ancora prematuro parlarne, ma è certo che «riuscire a collocare la strategia nazionale ed europea sullo stesso piano per noi è molto importante», conclude Salvatori.

Articolo pubblicato su Business People, novembre 2021