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«Voglio una vita destrutturata»: Giorgio Armani story

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Giorgio Armani, una biografia destrutturata. Perché tutto nella vita del grande stilista piacentino porta verso la moda, lo stile e il rovesciamento dei canoni. Dalla gioventù a Piacenza (classe 1934) all’avventura sfortunata alla facoltà di Medicina della Statale di Milano, fino al primo approdo alla moda, come buyer de La Rinascente. Assistente fotografo, poi impiegato in un ufficio di promozione di un’agenzia di moda. Ed è da qui che il giovane Giorgio Armani inizia a mandare il suo messaggio, aiutando a promuovere i prodotti di qualità che provenivano dall’India, dal Giappone o dagli Stati Uniti.

Giorgio Armani, una biografia destrutturata

La biografia di Giorgio Armani prende la sua svolta definitiva, quando nel 1964 senza avere una vera e propria formazione nel campo disegna la collezione uomo di Nino Cerruti. Incoraggiato dall’amico Sergio Galeotti, lo stilista si mette in proprio e apre la propria casa di produzione – con il suo nome – il 24 luglio 1975 e lancia una linea di “prêt-à-porter” maschile e femminile.

La moda si risveglia con Armani

Un anno dopo, nella prestigiosa Sala Bianca di Firenze, ecco la sua prima collezione che presenta la rivoluzione delle giacche “destrutturate” e per l’uso del cuoio nell’abbigliamento casual. La moda uomo si risveglia dal torpore con Giorgio Armani. La giacca non è più un indumento severo e squadrato, ma approda a forme libere. L’uomo Armani è libero e disinibito, quasi attirato dal mondo hippie. Passano tre mesi e la rivoluzione avviene anche nel mondo femminile con il tailleur, che lascia la sera per abbinarsi a scarpe con il tacco basso o perfino a scarpe da ginnastica.

Che cos’è il genio? Colui che usa i materiali in contesti inaspettati e per combinazioni insolite. Il suo stile è riconoscibile e diventa subito inconfondibile, elegante ma adatto alla vita quotidiana. I suoi capi sono semplici, nati dalle comuni filiere produttive eppure segnati dal tocco dei grandi sarti. Paul Schrader’s ne immortala la rivoluzione nel film American Gigolò (1980), con la famosa scena in cui il Richard Gere prova giacche e camicie con una serie di stravaganti magliette o cravatte al ritmo di musica.

La consacrazione

Nel 1982 per Giorgio Armani arriva la consacrazione del suo stile, quando Time gli concede la copertina come aveva fatto 40 anni prima solo con Cristian Dior. Da lì l’elenco dei premi è sterminato: viene più volte premiato con il Cutty Sark Award come migliore stilista internazionale di abbigliamento maschile. Nel 1983 il Council of Fashion Designers of America lo “elegge” Stilista internazionale dell’anno”. Diventa commendatore della Repubblica nel 1985, ma nel 1987 è già Gran Cavaliere. Nel 1991 il Royal College of Art di Londra gli conferisce la laurea honoris causa.

In una intervista del 2003, interrogato su cosa fosse lo stile, Giorgio Armani ha risposto: «È una questione di eleganza, non solo di estetica. Lo stile è avere coraggio delle proprie scelte, e anche il coraggio di dire di no. È trovare la novità e l’invenzione senza ricorrere alla stravaganza. È gusto e cultura».

Lo sport e il museo

Nel 2008 Giorgio Armani, già main sponsor, rileva la proprietà dell’Olimpia Milano di basket. Non mancano gli alti e bassi nella sua avventura sportiva, ma pochi giorni prima di festeggiare i suoi 80 anni, nel 2014 Giorgio Armani festeggia lo scudetto.

L’anno dopo, in occasione dei 40 anni della casa di moda, Armani ha voluto l’inaugurazione del suo nuovo museo milanese, con sede nell’ex area Nestlé di via Bergognone, la stessa via in cui si trova la sede della maison. Per ampliare e riqualificare lo spazio che è stato uno dei punti di attrazione di Expo 2015, ha annunciato lo stesso stilista, Armani ha investito ben 50 milioni di euro.

La Fondazione Giorgio Armani

Pensando al futuro della sua azienda, Giorgio Armani nel 2016 ha avviato una Fondazione a suo nome. «La Fondazione», spiegò lo stilista, «assicurerà nel tempo che gli assetti di governo di Armani si mantengano stabili, rispettosi e coerenti con alcuni principi che mi stanno particolarmente a cuore e che da sempre ispirano la mia attività di designer e imprenditore. «Con questa scelta all’insegna della continuità, garantita dalla Fondazione e dai miei eredi, voglio innanzitutto rassicurare tutte le persone del Gruppo Armani che lavorano con lealtà e passione confidando sempre nella mia persona e al contempo tutti coloro che hanno contribuito al pluriennale successo dell’azienda e per i quali avrò sempre una sincera gratitudine».

Credits Images:

Giorgio Armani in passerella a Parigi ©  Vittorio Zunino Celotto/Getty Images